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 2013  aprile 02 Martedì calendario

CHIUSURA E TRIONFO: IL DESTINO DELLE DUE FABBRICHE GEMELLE

Stessa città, esito diverso per due stabilimenti industriali di Amiens. Chiude quello a nord, resta operativo quello a sud. È lo specchio della presi­denza Hollande, in una regio­ne dove la crisi morde ed erode anzitutto il consenso attorno al­la presidenza socialista. In im­barazzo sulle promesse non mantenute, François Hollande fa i conti con una Francia cagio­nevole, col suo Pil a rallentato­re, e assiste alla diversa sorte dei due «gemelli» produttivi di Amiens separatisi nel 2008.
Qui il governo non è stato ca­pace di ottenere quel Rilancio produttivo a cui i socialisti ave­vano assegnato addirittura un ministero. Colpa e responsabi­li­tà se la dividono i sindacati del­l’uno e dell’altro stabilimento, che hanno gestito i rapporti con l’azionista, portando a ca­sa risultati opposti. Ad Amiens Nord, base della Goodyear, si chiude: 1.200 operai a casa e pneumatici incendiati per pro­testa. Nel casermone della Dunlop, Amiens Sud, si lavora. Il rilancio è cominciato e si produce più di prima con salari e orari rimodellati.
Il gigante americano di pneu­matici, Titan, se la ride dopo aver messo per iscritto le dina­miche di lavoro rivendicate due mesi fa dal sindacato nello stabilimento Goodyear. Il 31 gennaio era infatti intervenuto il ministro francese delle Attivi­tà produttive, Arnaud Monte­bourg. Chiedeva di salvare la fabbrica «nord» dal collasso. Chiedeva al presidente se fosse interessato a rilevare lo stabili­mento; fin allora, trattative tut­te fallite a causa dell’intransi­genza dei sindacati su orari e produzione. Dopo il «no» pittoresco del presidente di Titan, Maurice Taylor, i lavoratori fan­no i conti con la decisione azien­dale di chiudere una fabbrica che esiste da 50 anni e non è riu­scita ad attrarre investitori dal­l’estero.
L’affresco di un fallimento. Operai esasperati dalla presen­za di corpi di polizia e unità spe­ciali, resisi necessari dalle pro­teste degli ultimi mesi. Fiducia pressoché azzerata, in quel pre­sidente che l’ottobre del 2011, da candidato, si era impegnato a sostenere gli operai e, se elet­to, a far votare una legge contro i licenziamenti. Il ministro del Rilancio, ad Amiens, si è limita­to a una missiva a cui Taylor, do­po aver visitato lo stabilimento a inizio anno, ha risposto: «Ci credete stupidi? Lavorano solo tre ore al giorno. No, grazie».
Sul salario e sul tempo di lavo­ro, in cambio dell’occupazio­ne, hanno invece discusso gli operai e i sindacati della fabbri­ca Dunlop, a sud di Amiens. «Sì», alle nuove condizioni e via libera al piano di rilancio. Meri­to dell’accordo tra proprietà, la­voratori e sindacati. La Francia ha pre­cedenti come la B­o­sch nel 2004 e Con­tinental nel 2007, il gruppo tede­sco simbolo del­le lotte contro i li­cenziamenti e della campagna presidenziale di Sarkozy: «Lavorare di più per guadagnare di più», disse il neogolli­sta, e vinse. La vicenda Goo­dyear mostra invece quanto la strategia di governo dei sociali­sti scricchioli di fronte alla real­tà del mercato. E, scrivono an­che giornali non ostili come Libé e Le Monde, di quanto Hollan­de non sia stato in grado di far fronte all’ondata dei licenzia­menti. I siti produttivi restano, i posti di lavoro non del tutto, è invece la sintesi dell’accordo rag­giunto poche settimane fa tra Renault e i sindacati. Hanno ac­cettato 7.500 tra prepensiona­menti e licenziamenti fino a fi­ne 2016 in cambio dell’impe­gno del costruttore a non chiu­dere nessuna delle 6 fabbriche presenti in Francia. Grazie al via libera dell’Unione europea, è stata pure evitata la chiusura di Psa Citroen, a Parigi, un po’ come se da noi chiudessero Mira­fiori. Ma l’immagine di una pre­sidenza senza polso, che gioca al rimando, più che alla soluzio­ne dei problemi, sembra sem­pre più difficile da smacchiare.