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 2013  aprile 02 Martedì calendario

TUTTE LE VOLTE CHE RE GIORGIO HA CALPESTATO LA COSTITUZIONE

La battuta più bella l’ha scrit­ta un ricercatore, Rosario Napo­li, sul web: l’agonia della Secon­da repubblica somiglia sempre più a quella, interminabile, del maresciallo Tito. Solo che nella Jugoslavia pre-esplosione, era­no i medici a gestire quella drammatica fase. A Roma, inve­ce, è il presidente Giorgio Napo­li­tano a dettare i ritmi e a sceglie­re le modalità con cui provare a dribblare la paralisi di queste settimane. E le successive mos­se del capo dello Stato comin­ciano a suscitare i dubbi e i distinguo dei costituzionalisti. Siamo dentro una crisi gravissi­ma e, come si dice, a mali estre­mi rimedi: ma c’è chi nota co­me ormai si stia entrando in una terra sconosciuta e i giorna­li, un po’ a spanne, battezzano una sorta di presidenzialismo strisciante per marcare le diffe­renze con un passato che appa­re sempre più lontano.
L’ultima mossa o meglio, l’ul­timo tratto di navigazione a vi­sta si presta a riflessioni e criti­che: Napolitano, in pieno stallo post-elettorale, ha di fatto rein­sediato Monti, ha nominato un esploratore, Bersani, che s’è impantanato ma non è stato revo­cato, ora gli ha affiancato dieci saggi che cominceranno a lavo­rare proprio oggi. Sono tutti pas­saggi controversi. Dalle parti del centrodestra gridano al gol­pe, ma certo non ci vuole un cat­tedrat­ico per capire che qualco­sa non quadra. C’è la crisi, c’è lo spread e la fibrillazione dei mer­cati, ma in un certo senso è co­me se gli italiani non fossero an­dati alle urne. Questo governo arriva dalla precedente legislatura, non ha l’investitura popolare e neppure la benedizione delle Camere. Intanto, va avan­ti, a oltre un mese dalle elezio­ni, e affronta, forte delle parole di Napolitano, questioni delica­tissime che a fatica possono es­sere catalogate alla voce affari correnti: l’eventuale rinvio del­la Tares, la nuova tassa sui rifiu­ti, è ordinaria amministrazio­ne? E il pagamento dei debiti della pubblica amministrazio­ne è un tema urgente. Ma lo era anche prima e invece sarà pro­prio Monti a mettere mano al portafoglio. E perché prorogare, come si è fatto, il comandan­te ­dell’Arma e non sostituire in­vece il defunto capo della poli­zia?
Gli esperti fanno notare, for­se con un filo d’imbarazzo, che la discrezionalità del Quirinale è amplissima. Insomma, si può tirare la coperta da una parte e dall’altra, Napolitano sarebbe pur sempre dentro i confini del­la sacra Carta. Però la situazio­ne di commissariamento della democrazia inizia a preoccupare: ci go­verna sempre Monti, soprav­vissuto a se stesso, e a sua volta catapul­tato prima a Palazzo Madama, come senatore a vi­ta e, subito dopo, a Palazzo Chigi con una doppia accelerazio­ne che non ha precedenti nella nostra storia. Per carità, anche Dini e Ciampi, messi a capo del governo negli anni Novanta, erano tecnici, ma qui c’è di più: il presidente ha combinato i po­teri di cui dispone per costruire il profilo di una figura credibile, poi l’ha collocata sul piedistal­lo e da lì non l’ha più mossa. So­lo che sul piedistallo è salito pu­re Bersani e Bersani è ancora lì, congelato ma scongelabile. In­sieme ai saggi, strani centauri, che serviranno certamente per svelenire un clima irrespirabile, ma non si capisce bene cosa siano. Di domanda in doman­da si può andare molto lonta­no: di sicuro si sarebbe gridato al colpo di Stato se solo il centro­destra avesse osato abbozzare quel che Napolitano ha stabilito. Ad ogni stormir di Berlusco­ni si gridava all’attentato, ora tutto sembra componibile.
Del resto, anche sul fronte della decretazione il presiden­te sembra aver ragionato con un metro non sempre uguale. Esageriamo? Se si torna all’ulti­ma fase del governo Berlusconi si vedrà che anche il Cavaliere spingeva sul pedale dei decreti, necessari e urgenti, a suo dire, per tenere in piedi l’econo­mia del Pae­se. Napolita­no lo stoppò e gli ricordò che gli abusi non vanno be­ne. Perfetto. Poi è atterrato Monti, la mu­sica è cambia­ta, l’Italia era o pensava di esse­re sul ciglio del burrone, e l’ere­sia è diventata la norma. Decre­ti su decreti, un po’ di tutto. L’ar­bitro, l’arbitro che aveva fatto entrare in campo Monti e gli aveva dato una maglia da super­titolare, non ha fischiato. E non ha fischiato nemmeno in que­sti giorni, ben oltre il novantesi­mo della legislatura. Certo, tut­te le alternative erano fragili, ma non c’è dubbio che Napoli­tano stia cambiando la fisiono­mia del nostro sistema. E chissà dove ci porterà.