Stefano Zurlo, il Giornale 2/4/2013, 2 aprile 2013
TUTTE LE VOLTE CHE RE GIORGIO HA CALPESTATO LA COSTITUZIONE
La battuta più bella l’ha scritta un ricercatore, Rosario Napoli, sul web: l’agonia della Seconda repubblica somiglia sempre più a quella, interminabile, del maresciallo Tito. Solo che nella Jugoslavia pre-esplosione, erano i medici a gestire quella drammatica fase. A Roma, invece, è il presidente Giorgio Napolitano a dettare i ritmi e a scegliere le modalità con cui provare a dribblare la paralisi di queste settimane. E le successive mosse del capo dello Stato cominciano a suscitare i dubbi e i distinguo dei costituzionalisti. Siamo dentro una crisi gravissima e, come si dice, a mali estremi rimedi: ma c’è chi nota come ormai si stia entrando in una terra sconosciuta e i giornali, un po’ a spanne, battezzano una sorta di presidenzialismo strisciante per marcare le differenze con un passato che appare sempre più lontano.
L’ultima mossa o meglio, l’ultimo tratto di navigazione a vista si presta a riflessioni e critiche: Napolitano, in pieno stallo post-elettorale, ha di fatto reinsediato Monti, ha nominato un esploratore, Bersani, che s’è impantanato ma non è stato revocato, ora gli ha affiancato dieci saggi che cominceranno a lavorare proprio oggi. Sono tutti passaggi controversi. Dalle parti del centrodestra gridano al golpe, ma certo non ci vuole un cattedratico per capire che qualcosa non quadra. C’è la crisi, c’è lo spread e la fibrillazione dei mercati, ma in un certo senso è come se gli italiani non fossero andati alle urne. Questo governo arriva dalla precedente legislatura, non ha l’investitura popolare e neppure la benedizione delle Camere. Intanto, va avanti, a oltre un mese dalle elezioni, e affronta, forte delle parole di Napolitano, questioni delicatissime che a fatica possono essere catalogate alla voce affari correnti: l’eventuale rinvio della Tares, la nuova tassa sui rifiuti, è ordinaria amministrazione? E il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione è un tema urgente. Ma lo era anche prima e invece sarà proprio Monti a mettere mano al portafoglio. E perché prorogare, come si è fatto, il comandante dell’Arma e non sostituire invece il defunto capo della polizia?
Gli esperti fanno notare, forse con un filo d’imbarazzo, che la discrezionalità del Quirinale è amplissima. Insomma, si può tirare la coperta da una parte e dall’altra, Napolitano sarebbe pur sempre dentro i confini della sacra Carta. Però la situazione di commissariamento della democrazia inizia a preoccupare: ci governa sempre Monti, sopravvissuto a se stesso, e a sua volta catapultato prima a Palazzo Madama, come senatore a vita e, subito dopo, a Palazzo Chigi con una doppia accelerazione che non ha precedenti nella nostra storia. Per carità, anche Dini e Ciampi, messi a capo del governo negli anni Novanta, erano tecnici, ma qui c’è di più: il presidente ha combinato i poteri di cui dispone per costruire il profilo di una figura credibile, poi l’ha collocata sul piedistallo e da lì non l’ha più mossa. Solo che sul piedistallo è salito pure Bersani e Bersani è ancora lì, congelato ma scongelabile. Insieme ai saggi, strani centauri, che serviranno certamente per svelenire un clima irrespirabile, ma non si capisce bene cosa siano. Di domanda in domanda si può andare molto lontano: di sicuro si sarebbe gridato al colpo di Stato se solo il centrodestra avesse osato abbozzare quel che Napolitano ha stabilito. Ad ogni stormir di Berlusconi si gridava all’attentato, ora tutto sembra componibile.
Del resto, anche sul fronte della decretazione il presidente sembra aver ragionato con un metro non sempre uguale. Esageriamo? Se si torna all’ultima fase del governo Berlusconi si vedrà che anche il Cavaliere spingeva sul pedale dei decreti, necessari e urgenti, a suo dire, per tenere in piedi l’economia del Paese. Napolitano lo stoppò e gli ricordò che gli abusi non vanno bene. Perfetto. Poi è atterrato Monti, la musica è cambiata, l’Italia era o pensava di essere sul ciglio del burrone, e l’eresia è diventata la norma. Decreti su decreti, un po’ di tutto. L’arbitro, l’arbitro che aveva fatto entrare in campo Monti e gli aveva dato una maglia da supertitolare, non ha fischiato. E non ha fischiato nemmeno in questi giorni, ben oltre il novantesimo della legislatura. Certo, tutte le alternative erano fragili, ma non c’è dubbio che Napolitano stia cambiando la fisionomia del nostro sistema. E chissà dove ci porterà.