Sara Nicoli, il Fatto Quotidiano 2/4/2013, 2 aprile 2013
DAI MARO’ AGLI ESODATI: SCIVOLONI TECNICI
Lo scandalo delle dimissioni del ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata e la scellerata gestione dell’affare Marò sono senza dubbio la fotografia più netta del fallimento complessivo del governo Monti. Il Professore resterà a Palazzo Chigi ancora per diverso tempo, almeno finché non sarà nominato il prossimo presidente della Repubblica. Ma intanto pesa anche questo suo restare in carica per gli affari correnti. L’elenco dei suoi fallimenti è lungo e spietato. Un dato per tutti: la pressione fiscale, nei 18 mesi di governo Monti ha toccato la vetta più alta di sempre, il 44,4%.
I GUAI, per gli italiani che vedevano in Monti un salvatore della Patria, sono cominciati proprio quando il governo del Professore ha varato il famoso decreto “Salva Italia”. Dentro, due elementi destinati a destabilizzare ancora di più un sistema sull’orlo del tracollo economico: la riforma delle pensioni, firmata da Elsa Fornero, che avrebbe prodotto di lì a breve gli esodati, e poi l’Imu. Ovviamente dopo aver approvato anche la revisione degli estimi catastali, per rendere completo il salasso delle famiglie. I comuni e la loro libertà di modificare l’aliquota dopo la prima tranche hanno fatto il resto.
Con Monti, l’Italia è diventata più povera. Negli ultimi due anni il Pil si è abbassato del 2%, il tasso di disoccupazione è aumentato dell’1,5% (il peggior risultato di sempre), il debito pubblico e l’inflazione sono saliti rispettivamente del 0,2% e dello 0,5% e la produzione industriale si è abbattuta del 5,3%, il dato più pesante degli ultimi 15 anni. Il governo Monti, consapevole della crisi mordente, ha attuato le misure di rigore chieste da Bruxelles senza tuttavia far correre su un binario parallelo l’atteso decreto Sviluppo che il ministro Passera doveva varare dopo mesi di attesa. E che è rimasto nei cassetti della sua scrivania; i provvedimenti attuativi di molte misure promesse sono ancora lettera morta. È atteso il decreto per la restituzione alle imprese di parte dei debiti contratti dalla Pubblica amministrazione mentre scontiamo l’assolutamente fallimentare spending rewiev, sbandierata per mesi come la panacea di tutti i mali sugli sprechi dello Stato e rimasta – anche quella – una legge irrisolta con Enrico Bondi che non è riuscito a recuperare dai tagli gli attesi 4,2 miliardi di euro che mancavano all’appello del gettito dell’Iva.
È abbastanza? No. Mancano ancora due nuove tasse, la Tares (che partirà a luglio, ma forse sarà rinviata) e l’aumento di un punto dell’Iva, considerato quanto di peggio per deprimere ulteriormente i consumi e, di conseguenza, la ripresa. Eppure, il governo lo ha già messo a bilancio per oltre due miliardi di euro nei soli ultimi sei mesi del 2013, a fronte di consumi che sono già scesi del 2,9% nel 2012; la pietra tombale del rilancio del sistema.
Fosse solo questo, ancora. Il governo Monti si è distinto anche per altri disastri su fronti diversi. Il primo è senz’altro la riforma del lavoro (con annessa, inutile, modifica dell’articolo 18) targata Fornero che ha prodotto veri e propri guazzabugli normativi che hanno creato solo nuova disoccupazione, non certo un rilancio del lavoro. In ultimo, la mirabolante legge anti-corruzione firmata dalla ministra Severino, orba di due capisaldi fondamentali per fare una reale lotta alla corruzione, come l’anti-riciclaggio e il falso in bilancio. E nonostante tutto questo, un Monti bocciato clamorosamente anche dalle urne resterà al suo posto ancora per molto per “affari correnti”. Che potrebbero non essere affatto tali, purtroppo.