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 2013  aprile 02 Martedì calendario

QUANDO IL CALIFFO SEDUCEVA. SENZA RIMPIANTI —

Il Califfo, se la prescelta meritava, sapeva anche aspettare. «Veniva a trovarmi a casa mia, a Genova, con un mazzo di rose per la mamma. Poi ci mettevamo in macchina, sotto il portone, con lei che ci sorvegliava dal balcone», racconta Marina Occhiena, l’ex bionda dei Ricchi e Poveri, con cui Franco si cimentò in un lungo e (a lungo) inconcludente corteggiamento. «E certo, visto che io avevo 17 anni e lui 29 ed era l’estate del 1967».
Si erano conosciuti ad un’audizione milanese. «Ci presentammo alla Carosello, eravamo quattro squattrinati, con i panini, il coltello e il salame nel portabagagli di uno scassone». Il direttore artistico era Califano, li trovò niente male, gli scelse anche il nome d’arte, li caricò sulla Oldsmobile decappottabile, se li portò al Cantagiro e Marina anche altrove. «L’ho fatto aspettare un bel po’, anche se era davvero bello, bello che pure le pietre si giravano a guardarlo. Gelosa no, non gli chiedevo mai dov’era stato quando non era con me». Non solo fiori. «Una notte, saranno state le tre, tornavamo da un locale, una banda di ragazzotti ubriachi ci infastidì. Lasciala perdere, nonno, questa è troppo bella per te». Capirai. «Franco si tolse la giacca. Quante botte che gli ha dato, ma tante».
Me innamoro de te, sennò che vita è. Dopo di che avanti un’altra, era la dura legge del Califfo. «Sa perché l’ho lasciato? Perché fumava a letto come un pazzo e non ne potevo più di essere affumicata, io che non toccavo una sigaretta, ma proprio non riusciva a resistere» racconta la pirotecnica Patrizia De Blanck, che comincia dalla fine. «Ci conoscemmo allo Scacco Matto di piazza del Popolo, avevo trent’anni, lui mi chiamava Contessa mia, era bellissimo e dannato, però gli piaceva poco la mondanità e i posti che frequentavo io, tipo Montecarlo». Impresentabile? «No, non erano per lui. Parlava romanesco, ma era un signore». A farla capitolare furono due fette di cocomero. «Era notte fonda, mi venne voglia di anguria, ci fermammo ad un baracchino per strada, Franco ne prese due fette. Il tizio dormiva sodo, avrebbe potuto andarsene senza pagare. E invece no. Non ci si approfitta di chi lavora, mi disse, e gli lasciò i soldi sul banco». Un anno o giù di lì. «Andammo a Parigi. Quando era con me, era con me, quando era via, non mi ponevo il problema se fosse solo o no. Prima che me lo chieda: sì, a letto ci sapeva fare, parecchio».
L’amore che non scordi è sempre l’ultimo, ti resta dentro finché non volti pagina. «Ogni mattina trovavo sul cuscino un biglietto o una lettera, potevano essere fogli di tre pagine pieni di parole d’amore o anche biglietti con su scritto svegliami domani» ricorda Vanessa Heffer («Per me scrisse Bimba mia») che gli fu accanto per quattro anni, lei 18, lui 50. «Le donne impazzivano, le attirava come una calamita» giura Rino Barillari, storico paparazzo romano. «Non ci provava mai, gli si buttavano addosso loro. Milleccinque? Ma de che, ne ha colpite molte di più».
Senza sforzamme già te vojo bene, spero che duri ’n pò de settimane.
Giovanna Cavalli