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 2013  aprile 02 Martedì calendario

LA STRADA COSTRUITA VENT’ANNI DOPO ORMAI NON SERVE PIU’

Tempi della società, tempi della politica: nulla dimostra le lentezze del Palazzo quanto il paradosso di una bretella stradale in Friuli. Decisero di farla per il boom del «triangolo della sedia», ora che finalmente la fanno è tardi: il distretto è in crisi nera. E i costi sono diventati stratosferici.
Ripartiamo dall’inizio, dalla metà degli anni Novanta. In un pugno di paesi tra Manzano, San Giovanni al Natisone e Corno di Rosazzo vengono prodotte quattro su cinque delle sedie italiane e una su tre di quelle europee. La provincia di Udine, la più colpita dalla grande emigrazione e reduce dal terremoto del 1976, si scopre di colpo ricca. Gli operai più bravi vengono strappati ai concorrenti per tre milioni di lire al mese. Il settore è in perenne, frenetica, spasmodica corsa verso nuovi record: più efficienza, più produttività, più velocità...
È in questo contesto che si levano le prime lamentele sul traffico crescente della «Palmarina», la provinciale che da Manzano porta al casello di Palmanova. Sempre la stessa accusa: «Investiamo montagne di soldi su macchinari per guadagnare secondi preziosi su ogni componente di una sedia e appena i camion escono dal cancello s’impantanano negli ingorghi per raggiungere l’A4!». Anni di proteste, richieste, confronti, dibattiti... Finché nel 2004, quando già molti hanno delocalizzato e s’avverte la concorrenza di altri Paesi, la giunta regionale di centrosinistra guidata da Riccardo Illy insediata da pochi mesi vara il progetto per una nuova bretella che colleghi Manzano all’agognata A4. Costo: una quarantina di milioni di euro.
Da allora, però, è passato quasi un decennio. E solo da poche settimane (erano in arrivo le «Politiche») è stato approvato il progetto definitivo e successivamente (sono in arrivo le «Regionali») è stata avviata la gara d’appalto. Con il risultato che, se proprio tutto andrà liscio (per accelerare l’assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi è oggi commissario), i cantieri potrebbero partire in autunno o l’anno prossimo. Vent’anni dopo il boom. Ma quella bretella ha ancora un senso? Lo ha chiesto in una lettera dove invocava un incontro col presidente regionale Renzo Tondo (nessuna risposta), il sindaco di Palmanova Francesco Martines. Il quale ricorda che «nell’ultimo decennio (...) le imprese attive che nel 2000 erano 1.011, nel 2011 si sono ridotte a 720 (fra queste 74 sono in procedure concorsuali e 84 in scioglimento e liquidazione), con un accentuato fenomeno di delocalizzazione per le grandi aziende e una percentuale molto alta di cessazione di attività fra le aziende artigiane (riduzione del 45%) e quelle di piccola dimensione (riduzione del 26,1%)». Col risultato che, parallelamente al crollo della produzione, dell’export e dell’occupazione fra i 40 e 50% anche «i flussi veicolari, soprattutto di quelli di mezzi pesanti, hanno subito una drastica riduzione».
Un quadro fosco. Confermato dai dati della Camera di Commercio e da un reportage del Sole24Ore che un mese fa, sotto il titolo «La crisi azzoppa la sedia di Manzano», scriveva che il distretto «negli ultimi sette anni ha visto volatilizzarsi almeno 6 mila posti di lavoro». Meno lavoro, meno produzione, meno camion. Dice uno studio fatto fare da Martines che sulla «Palmarina» verso Palmanova tra le 11 e mezzogiorno le «punte di traffico» si attestano sui 148 veicoli totali (dei quali 129 leggeri) e che nell’ora peggiore, tra le 17 e le 18, si contano 348 veicoli dei quali solo 20 (venti) pesanti. Uno ogni tre minuti.
Vale davvero la pena, in questa situazione così cambiata rispetto al passato, chiede la giunta di Palmanova, di insistere sulla nuova bretella che sarebbe di 3 chilometri più corta (13 contro 16) rispetto alla strada attuale? Con due carreggiate più ampie di 25 centimetri (venticinque!) in confronto a quelle di oggi larghe tre metri e mezzo? Con 10 rotatorie e un nuovo ponte da costruire? Non bastasse, i costi inizialmente previsti sono raddoppiati. L’ultimo calcolo è di 89.734.717 euro: sette milioni a chilometro. Da brividi.
«Non sarà questa nuova viabilità a risolvere i problemi del "triangolo della sedia"», sostiene il sindaco di Palmanova. E dunque è sbagliato oggi con «risorse sempre più scarse» buttar soldi in un’opera che servirebbe solo ad «annientare, in maniera ingiustificata, una grande porzione del territorio agricolo rimasto ancora intatto». Anche il suo collega di Moimacco, Manolo Sicco, è perplesso. Dice che «è un investimento tardivo» e che «vent’anni fa l’opera aveva un senso» ma «oggi sono soldi sprecati».
Lo stesso primo cittadino di Trivignano, Roberto Fedele, favorevole all’opera, ha riconosciuto sul Messaggero Veneto che «è scontato dire che l’opera è tardiva» ma secondo lui «non fare nulla non crea ricchezza». Quello di San Giovanni al Natisone, Franco Costantini, concorda: «A chi dice che l’opera non serve più rispondo: proprio nei momenti di crisi si investe in infrastrutture e si cerca di stimolare anche insediamenti alternativi». Traduzione: parte per parte della nuova arteria potrebbero sorgere, vedi mai, nuovi insediamenti industriali.
Sarebbe un peccato se questa spaccatura fra sindaci fosse liquidata come una bega locale. Perché c’è dentro tutto: i ritardi pazzeschi della politica, il peso mostruoso della burocrazia, l’ineluttabilità di progetti che a un certo punto vanno avanti per inerzia anche se sono vecchi, l’idea che lo sviluppo si inneschi solo col cemento... Per capirci: con un quinto dei soldi previsti per la bretella (ammesso che bastino...) potrebbe essere completamente restaurata la stupenda cittadella militare di Palmanova le cui mura devastate da decenni di degrado solo recentemente hanno conosciuto i primi interventi solo grazie alla Protezione civile e a migliaia di volontari. Se è vero che l’area è di enorme interesse culturale, turistico ed enogastronomico e che secondo lo stesso Sole24Ore perfino «progetti come il ponte sullo Stretto presentano moltiplicatori di reddito inferiori a quelli evidenziati dai progetti culturali: due volte contro 4-5 volte» vale o no la pena di rifletterci?
E in ogni caso si torna alla domanda posta da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi: le «infrastrutture» da rifare con più urgenza sono le autostrade o i processi burocratici? A che serve che i camion guadagnino cinque minuti su una bretella nuova e costosissima se le aziende perdono mesi in scartoffie?
Gian Antonio Stella