Massimo Inguscio, la Lettura (Corriere della Sera) 31/03/2013, 31 marzo 2013
IL GRAFENE, PIU’ SOTTILE DELL’ARIA
Il mondo degli oggetti che ci circondano è a tre dimensioni e nemmeno tanto tempo fa le previsioni teoriche escludevano che alle temperature dell’ambiente in cui viviamo potessero esistere materiali stabili in due dimensioni. Ma le sorprese, si sa, sono spesso ingrediente cruciale per le rivoluzioni scientifiche e tecnologiche: nel grafene, materiale con proprietà tali da stimolare ricerca e investimenti in tutto il mondo, atomi di carbonio si dispongono in un solo strato bidimensionale, secondo esagoni regolari con una struttura a nido d’ape: un foglio spesso quanto un solo atomo! L’Unione Europea ha deciso di investire un miliardo di euro in un programma di ricerca decennale volto a indirizzare le politiche degli Stati membri verso lo studio di questo «materiale che non doveva esistere» per lo sviluppo di nuove tecnologie nell’ambito dell’informazione, della comunicazione e dell’energia. Ma cosa ha di speciale questa nuova forma di carbonio?
Le simmetrie e la disposizione degli atomi nello spazio sono la chiave per comprendere le proprietà della materia: nel diamante, trasparente e duro, atomi di carbonio sono disposti in un reticolo cristallino a forma di ottaedro. Nella grafite delle matite — opaca, grigia ed estremamente duttile — gli atomi di carbonio si legano, invece, secondo tanti piani paralleli. Uno solo di questi strati costituisce il grafene e la sua struttura a nido d’ape era stata studiata sin dagli anni Quaranta, ma quasi per curiosità intellettuale o come punto di partenza per meglio comprendere l’intera grafite. D’altra parte le proprietà potenziali di un ipotetico singolo strato si annunciavano talmente strabilianti da stimolare l’uso di tecnologie sofisticate per la sua produzione in laboratorio, con insuccessi che portavano a dubitare che il «nuovo» materiale potesse davvero esistere stabilmente.
La soluzione del problema sarebbe venuta, sorprendente per la sua efficace semplicità, nel 2004 quando a Manchester Andre Geim e Kostantin Novosëlov strapparono strati di grafene da un blocchetto di grafite con un normale nastro adesivo. I due scienziati russi, premiati con il Nobel per la fisica nel 2010, misurarono nel nuovo materiale a disposizione in laboratorio un’incredibile facilità di far passare corrente elettrica.
In un cristallo il comportamento elettrico può risentire in modo drammatico del fatto che gli elettroni, non più particelle libere, per muoversi devono «saltare» da un atomo all’altro e la loro energia è variamente confinata in bande che, di nuovo, dipendono dalla simmetria. Per rimanere al carbonio, se il diamante è un isolante elettrico, la grafite è invece un buon conduttore di elettricità anche se comunque il moto degli elettroni è come appesantito dalla presenza del fondo cristallino. Non è così per il grafene: la struttura esagonale fa sì che gli elettroni abbiano una mobilità molto alta, comportandosi addirittura come se non avessero massa e l’equazione che ne descrive il moto è simile a quella che Einstein usa per descrivere il moto di particelle con velocità prossime a quelle della luce. Il grafene è il materiale esistente con la più alta conducibilità elettrica a temperatura ambiente, quindi con un «consumo» di energia enormemente ridotto.
Grande può essere l’impatto per l’industria di circuiti e sensori microelettronici, tant’è che anche in laboratori Cnr presso STMicroelectronics a Catania si studia come produrre grafene di alta qualità su larga scala con una nuova tecnica che, partendo dai singoli mattoncini, consente di «crescere» il nuovo materiale con controllo a livello di singolo atomo. Se da un lato si pensa a una nuova generazione di dispositivi a bassissimo consumo energetico, è facile immaginare che una nuova architettura dei materiali, con controllo a livello di un milionesimo di millimetro, possa portare a importanti applicazioni dal campo del fotovoltaico a quello delle comunicazioni.
Ma per la tecnologia il grafene può essere molto di più: è leggerissimo, trasparente e flessibile, ma al tempo stesso molto più resistente dell’acciaio. Touchscreen flessibili vengono subito in mente, ma un nuovo fertilissimo terreno è a disposizione per la fantasia di fisici, chimici, ingegneri e non solo. Costruito con atomi di carbonio, il grafene è compatibile col mondo biologico e anche scenari per la biomedicina fanno parte dei dibattiti che lo riguardano, come quello al convegno internazionale tenutosi lo scorso 18 marzo all’Accademia dei Lincei.
È questo un mondo dove è necessario il confronto senza steccati di saperi diversi e complementari: non a caso in Italia un ruolo importante per la Flagship europea «Grafene», insieme ad altri enti e università, viene svolto dal Cnr, che dall’inizio ha creduto in un’avventura che si è rivelata vincente anche grazie alla spinta creativa di due giovani ricercatori, un chimico e un fisico, Vincenzo Palermo e Vittorio Pellegrini.
Nel libro La chiave a stella del 1978, Primo Levi, chimico e scrittore, scriveva che noi scienziati della materia siamo come «dei ciechi, perché appunto, le cose che noi manipoliamo sono troppo piccole per essere viste, anche coi microscopi più potenti; e allora abbiamo inventato diversi trucchi per riconoscerle senza vederle. Tante volte, poi, noi abbiamo l’impressione di essere non solo dei ciechi, ma degli elefanti ciechi davanti al banchetto di un orologiaio, perché le nostre dita sono grossolane di fronte a quei cosetti che dobbiamo attaccare o staccare. Non abbiamo quelle pinzette che sovente ci capita di sognare di notte e che ci permetterebbero di prendere un segmento, di tenerlo ben stretto e dritto, e di incollarlo nel verso giusto sul segmento che è già montato. Se quelle pinzette le avessimo (e non è detto che un giorno non le avremo) saremmo già riusciti a fare delle cose graziose che fin adesso le ha fatte solo il Padreterno».
Adesso abbiamo le «pinzette» sognate da Levi. Si produce grafene, si vede ogni singolo atomo di carbonio come in alcune recenti immagini prese con uno speciale microscopio elettronico sviluppato per una infrastruttura sui nuovi materiali realizzata dal Cnr tra Catania, Cosenza, Lecce e Napoli. Si sostituiscono qua e là atomi di carbonio con atomi di silicio, per creare quella rottura di simmetria che sempre è alla base di nuovi fenomeni nel mondo della natura e di nuove proprietà della materia. Si indaga su come meglio modificare la struttura con molecole di interesse biologico per lo sviluppo di nuove terapie mediche. A guardare lontano si può immaginare una nuova elettronica mille volte più veloce o dispositivi medici rivoluzionari (come per esempio retine artificiali).
Penso, però, che le prospettive più rivoluzionarie potrebbero ancora una volta non essere frutto di programmazione. Un singolo foglio di grafene può essere usato come un nanolaboratorio dove osservare fenomeni fondamentali e complessi che a volte sfuggono anche agli apparati più grandi e costosi e che non si riesce a calcolare nemmeno con i computer più potenti: tra l’altro, l’equazione che spiega il comportamento degli elettroni «relativistici» nel grafene prevede anche l’esistenza di un mondo speculare fatto di antimateria. Quella di simulare la natura con sistemi quantistici in laboratorio è un’idea che, introdotta da Feynman negli anni Ottanta, inizia ora la sua stagione più fertile.
Massimo Inguscio