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 2013  marzo 31 Domenica calendario

OCCIDENTE MIOPE SUL RISVEGLIO AFGHANO

Ci sono parecchi afghani seccati con l’Occidente. Altri, stupefatti. Dodici anni dopo l’intervento militare guidato dagli Stati Uniti contro il regime dei Talebani, l’idea che corre nelle opinioni pubbliche in America e in Europa è che il Paese sia un caso disperato, che non ci sia niente da fare: con una certa dose di razzismo, si pensa che l’Afghanistan non sia riformabile, che non cambierà mai. I cinesi la pensano diversamente e hanno annunciato che a breve inizieranno a estrarre petrolio afghano a un ritmo che dovrebbe arrivare a 25 mila barili al giorno entro fine anno e a 40 mila nel 2014. Qualche giorno fa, un imprenditore del Paese, Saad Mohseni, ha denunciato sul Wall Street Journal l’autolesionismo occidentale che da una parte ha trasformato il Paese ma dall’altra non riconosce il risultato.
Per dimensioni, l’economia afghana non è gran che: 20 miliardi di dollari l’anno scorso, più o meno come quella di Cipro. Ma nel 2001, anno dell’arrivo dei soldati occidentali, era dieci volte più piccola, di due miliardi. E, grazie a un buon raccolto, nel 2012 è cresciuta dell’11-12%, dicono Banca mondiale e Fondo monetario internazionale. Ma c’è molto di più. Nel 2003, nel Paese c’erano in tutto 450 posti medici: qualche vecchio ospedale e per lo più ambulatori. Oggi ce ne sono almeno 1.800. Il risultato è che la mortalità infantile è stata dimezzata a 97 morti su mille nati vivi: ancora troppo alta, ma una differenza enorme. E le aspettative di vita alla nascita sono oggi superiori ai 60 anni, 20 anni in più che nei decenni passati. L’Afghanistan non è diventato la Svizzera, ma la credenza metropolitana che non abbia futuro è smentita dagli oltre otto milioni di ragazzi che vanno a scuola, il 25% dei quali sono femmine: il governo calcola che l’analfabetismo dovrebbe ridursi dal 66% di oggi al 40% in un decennio e rimpicciolirsi al 10% entro il 2040.
Nel 2002, il Paese aveva 32 miglia di strade asfaltate: oggi le miglia sono 7.450, ha calcolato Mohseni. Nel 2001, l’Afghanistan aveva diecimila linee telefoniche fisse in tutto: oggi, 20 milioni di persone usano telefoni mobili, con quello che ciò comporta in termini di miglioramento delle condizioni sociali, della sicurezza, del commercio. Il 60% dei 35 milioni di afghani guarda la televisione con una certa regolarità. Quasi il 20% delle case ha l’elettricità, il triplo rispetto a dieci anni fa. Gran parte di questo balzo (sconosciuto ai più) è stato ottenuto grazie alla mobilitazione di fondi di aiuto internazionali. Ma gli afghani hanno, ovviamente, capito la differenza tra regime semifeudale e avanzamento sociale e culturale: tutti i sondaggi indicano che il consenso ai Talebani non supera il 10% a livello nazionale. L’anno prossimo si terranno elezioni presidenziali che potrebbero decidere per decenni il futuro del Paese. Abbandonare oggi l’Afghanistan sarebbe peggio che criminale: sarebbe stupido.
Danilo Taino