Geoffrey Macnab, il Fatto Quotidiano 30/3/2013, 30 marzo 2013
KIM JONG-UN
& C: HOLLYWOOD SCOPRE I “NUOVI NEMICI” -
Negli anni 50, subito dopo la Seconda guerra mondiale, i cattivi dei film americani erano quasi sempre tedeschi o giapponesi. Dove apparivano i giapponesi era tutto un fiorire di “sporchi musi gialli” e altri epiteti del genere. I tedeschi, poi, erano i cattivi per antonomasia. Le platee di tutto il mondo tremavano e inorridivano alla sola vista di una divisa da nazista o di una svastica. Il ricordo doloroso della Seconda guerra mondiale era ancora fresco e individuare il cattivo nel “nemico” contro il quale i soldati stelle e strisce avevano combattuto fino a pochi anni prima era sin troppo facile. Tramontati gli ultimi echi della guerra, Hollywood si è data regole diverse e queste regole per scegliere i cattivi stranieri non sono mai più cambiate. Le grandi case di produzione hanno sempre scelto cattivi provenienti da Paesi nei quali non avevano interessi economici... o – stranamente – dalla Gran Bretagna. Gli sceneggiatori degli studios hanno sempre fatto il possibile e l’impossibile per non danneggiare le prospettive commerciali dei film offendendo il pubblico di Paesi nei quali il film avrebbe potuto essere distribuito. Una sensibilità d’animo che ha sempre avuto una sola eccezione: i cittadini di Sua Maestà britannica. Non è improbabile che gli americani abbiano sempre contato sul fatto che i britannici sarebbero andati a vedere i film prodotti a Hollywood anche se a interpretare la parte del cattivo senza scrupoli, del malvagio sanguinario, del demonio in persona apparivano sul grande schermo Alan Rickman o Basil Rathbone o Claude Rains o George Sanders o Jeremy Irons. I britannici sono la costante nella hit parade di torturatori, bombaroli, rapitori, stupratori e serial killer mentre è in continuo mutamento la nazionalità degli altri duri e senza cuore. E il mutamento è in diretto rapporto con l’evolversi delle relazioni politiche ed economiche. Dopo il momento di celebrità di tedeschi e giapponesi è stata la volta dei russi che, durante gli anni della guerra fredda, sono stati gli antagonisti e i nemici preferiti degli eroi americani. Quanto ai francesi il discorso di fa più complesso. Agli americani i francesi non sono mai andati a genio, ma il rapporto è stato sempre di odio-amore. Detestati, da un lato, venerati come maestri del buon gusto nel mangiare e nel vestire, dall’altro. Certo in alcuni film prodotti durante gli anni bui di George W. Bush, gli sceneggiatori hanno calcato un po’ la mano definendoli “vigliacchi cacasotto mangiatori di formaggio”. I giapponesi, dopo i fasti del primo dopoguerra, hanno avuto un momento di rinnovata popolarità – come cattivi, si intende – negli anni 80 e 90 quando le loro industrie elettroniche e automobilistiche facevano paura ai concorrenti americani. Come si fa presto a diventare “cattivi”!
China mon amour, la protezione del mercato e il fattore Bond, James Bond
Alle regole hollywoodiane ha sempre fatto eccezione James Bond che, non a caso è inglese dalla testa ai piedi, e il cui nemico mortale è sempre stato – con qualche rara eccezione – la Spectre, organizzazione sovranazionale del terrore non riconducibile ad alcun Paese, una autentica multinazionale della malvagità. E oggi? Oggi Hollywood deve risolvere un problema piuttosto complicato. I candidati naturali al ruolo di “cattivo” dovrebbero essere i cinesi e gli arabi. E in qualche film abbiamo visto in azione il cattivo con gli occhi a mandorla o l’estremista islamico. Ma la realtà è che gli studios non possono inimicarsi un mercato come quello cinese composto da un numero spaventoso di potenziali frequentatori di sale cinematografiche. E allora al bando gli eroi che debbono vedersela con i soldati dell’Armata Rossa o con i trafficanti di oppio o con gli hacker. Lo stesso discorso vale per il mercato mediorientale e per quello del Nord Africa. Sono mercati dove il cinema va forte e ai ragazzi arabi non piace il cattivo con il Corano in una mano e il mitra nell’altra. Quanto all’India, tramite il Reliance Group, sta già contribuendo a finanziare grosse produzioni hollywoodiane.
Eliminati cinesi e arabi, agli sceneggiatori americani sono rimasti solamente i nordcoreani. Un esempio valga per tutti: l’anno passato è uscito Red Dawn, remake di Alba rossa del 1984 con Patrick Swayze e Charlie Sheen. Al di là del fatto che il remake è di una mediocrità sconcertante e l’intera operazione è discutibile, resta la trama: gli abitanti di una tipica cittadina americana nello stato di Washington si svegliano un mattino e vedono scendere dal cielo centinaia e centinaia di paracadutisti nordcoreani. Chris Hemsworth e diversi altri patrioti dal mascellone quadrato e dallo sguardo fiero combattono con coraggio e respingono gli invasori alieni.
Qualcuno che si meriti le pallottole, fosse anche un marziano o uno zombie
Gli spettatori ovviamente non si sono accorti del fatto che i paracadutisti nordcoreani erano capitati in quel film quasi per caso.Quei diabolici paracadutisti – almeno nella prima stesura della sceneggiatura e nella prima copia pilota - dovevano essere cinesi, ma il film è stato rimontato in fretta e furia con tecniche digitali quando a Hollywood si sono resi conto della gaffe. Era vantaggioso offendere la sensibilità di un popolo il cui mercato sta rapidamente diventando il principale sbocco commerciale dei prodotti cinematografici di Hollywood? Lavelocità con cui a Hollywood si cambia la nazionalità dei cattivi è quanto mai deprimente. Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha usato di recente parole durissime contro gli Stati Uniti e minaccia di colpire con i suoi missili obiettivi americani. Non di meno i film di azione americani non sono interessati alle sottigliezze della geopolitica e non tentano di comprendere la psicologia o i problemi del “nemico”. Il tessuto narrativo di questi film non subirebbe alcun mutamento se al posto del cattivo di turno ci fossero gli zombie o i marziani. Alla fin fine i produttori di Hollywood vogliono solo che i loro eroi abbiano qualcuno su cui scaricare una raffica di pallottole. Qualcuno che se le meriti, naturalmente.