Nadia Ferrigo, La Stampa 2/4/2013, 2 aprile 2013
GIUDICI SOLO SULLA CARTA STOP A 325 NUOVE TOGHE
Magistrati a spasso, senza lavoro né stipendio. Ecco l’ultimo guaio della giustizia italiana. Tutto inizia nel giugno del 2011. In più di 5mila si presentano all’esame scritto, un piccolo esercito di aspiranti giudici e pubblici ministeri. Per correggere i compiti ci vuol tempo, così i risultati escono a gennaio del 2012. A superare la prova, solo 350 candidati. Gli orali iniziano a marzo e finiscono ai primi di settembre: un esame tosto, le materie sono 17 e la tensione è alle stelle. Tra di loro, solo 325 saranno promossi e togati.
A settembre la graduatoria è pronta, ma il tempo passa e non se ne sa più nulla. Il gruppo dei 325 neo giudici da sei mesi è in attesa di una lettera di nomina che sembra non arrivare mai. Anche questa volta, come era già successo nel concorso precedente, mancano i soldi. Un bel problema: la magistratura è in carenza cronica di magistrati, con circa 1290 posti vacanti su 8909, e ha disperato bisogno di giovani leve.
Dal ministero della Giustizia nessuna comunicazione ufficiale, così i magistrati «in panchina» si arrangiano come possono. È nato un gruppo su Facebook, dove, tra voci di corridoio e indiscrezioni di palazzo, i togati tentano di capire cosa è andato storto. Il primo stop arriva già a settembre, con l’approvazione della graduatoria finale. Secondo il bando del concorso dovrebbero bastare appena venti giorni per la sua pubblicazione, ma non se ne sa più nulla fino al 31 gennaio, quando la graduatoria esce sulla Gazzetta ufficiale. Pare sia un escamotage per far rientrare i costi delle assunzioni - in teoria coperti dall’aumento del contributo unificato per le pratiche legali nell’anno nuovo. A febbraio si scopre un nuovo inghippo, i soldi in cassa ancora non ci sono e, forse per un errore di calcolo, la palla rimbalza al ministero dell’Economia. I tribunali intanto arrancano tra carenza cronica di risorse, scarsa informatizzazione, un tasso di litigiosità tra i più alti d’Europa e una zavorra di cinque milioni pratiche civili arretrate che rallenta l’intero sistema. E i magistrati freschi di concorso? Aspettano. Chi si è iscritto subito dopo la laurea in una delle scuole di specializzazione legale, non può far altro che continuare a vivere a casa di mamma e papà. Molti prima di diventare magistrati, erano già avvocati. Chi può continua a esercitare, altri non più: in tanti, fiduciosi in una rapida soluzione della vicenda, hanno deciso di cancellarsi dall’albo dell’Ordine degli avvocati già a dicembre, evitando così di pagare centinaia di euro di tassa d’iscrizione.
C’è anche chi non ne può più di stare a casa, così nascono bizzarre figure professionali come i «magistrati volontari»: lavorano in tribunale, ma solo grazie a un accordo informale con i giudici e senza guadagnare nulla. Qualcuno però, prima di superare il temutissimo esame, un lavoro ce l’aveva. «Lavoravo per una banca, un paio di mesi dopo aver superato il concorso mi sono licenziata racconta una ragazza di Torino che non vuole essere citata -. Non avrei mai immaginato di dover aspettare così tanto». Altri, il lavoro se lo sono tenuto ben stretto e non sanno che fare. «Ora ho un buon posto, ma non mi posso permettere di restare senza stipendio – racconta un giovane magistrato di Catania -. Per dare le dimissioni serve un preavviso di due mesi, ma quando la nomina arriverà dovrò entrare in servizio entro 20 giorni. Se sapessi qualcosa in più…».
Il ministero della Giustizia intanto ha già bandito un nuovo concorso, i risultati degli scritti arriveranno a maggio. C’è disperato bisogno di personale. Su Facebook continua il toto scommesse sull’attesissima nomina. Una ragazza, vantando parentele al ministero, rassicura tutti: manca solo la convalida della Corte dei Conti. Nel giro di una settimana si risolve tutto. Altri invece sperano in maggio. C’è anche chi si chiede se bisognerà aspettare un nuovo governo. Le toghe per ora restano negli armadi, a prendere ancora un po’ di polvere. Così come molte pratiche.