Claudio Gallo, La Stampa 2/4/2013, 2 aprile 2013
AL VIA I TAGLI DI CAMERON LONDRA STRINGE LA CINGHIA
Il coltello dell’austerity di Cameron ha cominciato da ieri ad affondare nella carne viva della società. Il mitico welfare inglese non ha più nulla di mitico, è un vecchio aristocratico che per scaldarsi brucia i mobili di casa. Nel frattempo il modello di Big Society (i privati dove lo stato si è ritirato), presentato dal primo ministro come la magica soluzione per assicurare i servizi decimati, non sembra decollare.
Da oggi le famiglie assistite con un letto in più rispetto alle necessità perderanno il 14% dei contributi per la casa, con un costo medio per famiglia di 14 sterline a settimana. E’ la controversa “Bedroom Tax”. Tagli al sistema degli affitti, ai fondi per i disabili e aumenti delle tasse comunali incideranno fino a 25 sterline la settimana. Entra in vigore anche il tetto di 500 sterline al mese per i sussidi famigliari. Il “Child Poverty Action Group” ha calcolato che la stangata costerà alle famiglie 93 sterline la settimana.
Per avere l’assistenza legale gratuita, d’ora in poi bisognerà avere un reddito famigliare non superiore alle 32 mila sterline l’anno. Chi guadagna tra 14 e 32 mila dovrà sottoporsi a un test di idoneità. I benefici sulle tasse locali saranno trasferiti ai consigli comunali, con una riduzione nei finanziamenti del 10%. Brutta storia per i 5,6 milioni di britannici a basso reddito che li chiedono: gli enti locali stanno agonizzando, non potranno che tagliare ancora.
Rivoluzione anche per l’invalidità che sarà calcolata in modo diverso: non più una valutazione delle condizione, ma la percezione soggettiva delle condizioni. Ora sarà richiesto un esame diretto e non più una domanda scritta. Il nuovo metodo inevitabilmente restringerà la porta d’ingresso. Dal prossimo lunedì per la prima volta benefici assistenziali e crediti fiscali non seguiranno l’inflazione, ma aumenteranno per i prossimi tre anni solo dell’1%. I redditi più alti (da 150 mila sterline l’anno) avranno invece ridotta a 45p la tassa dei 50p, 50 centesimi ogni sterlina oltre il tetto. Il mancato gettito dovrà essere recuperato da un aumento della tassa sugli immobili di lusso.
Da metà aprile entrerà progressivamente in vigore la riforma più acclamata, il “Welfare benefit cap”, un tetto all’assistenza ai disoccupati, affinché l’indennità non superi il guadagno medio annuo di una famiglia al netto di tasse e contributi. Una cifra intorno alle 26 mila sterline. Da aprile, ma più lentamente, partirà un sistema di crediti per incentivare al lavoro i disoccupati.
Hanno scritto ieri sul Daily Telegraph il titolare dell’Economia Osborne e quello del Lavoro Smith: “Il welfare va urgentemente riformato per il bene della società”. Per i due ministri di Cameron si tratta di un ritorno alle origini: aiutare chi è veramente in difficoltà, gli altri hanno il dovere di cavarsela. Il governo conta di tagliare la spesa pubblica di 50 miliardi di sterline entro il 2015, nello sforzo di ridurre il crescente deficit e favorire la ripresa economica.
In tempi di penosi sacrifici, la figura del disoccupato che non fa nulla per cambiare il suo stato, perché con l’assistenza guadagna più di un manovale, è diventata un bersaglio polemico molto popolare, e come tutti i cliché contiene una parte di verità. Così come lo stereotipo della famiglia assistita che vive in un casone a spese del contribuente. Ma la realtà non è quasi mai così topica. Le famiglie con figli handicappati, ad esempio, spesso hanno bisogno di una stanza in più per gestire la loro vita complicata.
Londra spera che i 660 mila colpiti dalla misura si spostino in case più piccole, liberando abitazioni con un risparmio per il contribuente di 500 milioni. La “Bedroom Tax” è ovviamente razionale, ma una razionalità astratta rischia di diventare disumana, dicono i critici. Un’inchiesta tra 37 autorità locali nel Regno Unito ha messo in luce come 96 mila famiglie potrebbero perdere la casa “troppo spaziosa”, di fronte alla disponibilità di 3688 abitazioni più piccole. “Famiglie che stanno già lottano per sopravvivere subiranno un altro duro colpo. Il governo sta lasciandosi alle spalle il peggior record di povertà infantile di qualsiasi altro governo nel corso di una generazione”, ha detto Alison Garnham della Ong Child Poverty Action Group. Quasi le stesse parole usate nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, accusato ieri da alcuni esponenti “tories” di “retorica della povertà”.
Cameron non ha mai fatto mistero di voler smontare il welfare, secondo lui pachiderma novecentesco inadatto nella società globale. Ma la sua ricetta per sostituirlo è per ora soltanto uno slogan fortunato, la Big Society: la solidarietà privata al posto di quella pubblica. La scure del Cancelliere Osborne si infatti è indirettamente abbattuta anche sulle società caritatevoli private che dipendevano dai fondi comunali, tagliati di un terzo. Un recente studio della Charity Aid Foundation prevede che quest’anno chiuderà una sigla ogni sei. Metà delle associazioni consultate sta vivendo con i fondi di emergenza. Nonostante l’Ufficio del premier, basandosi su una ricerca privata, sostenga che le cifre del volontariato siano in aumento, Sir Stephen Bubb, direttore dell’Associazione dei direttori delle organizzazioni volontarie, ha da poco scritto al primo ministro per avvertirlo che l’etichetta Grande Società “è di fatto morta”.
Nonostante i 600 milioni della banca pubblica per la Big Society, gli obiettivi sono lontani perché i privati non hanno sufficienti risorse. Dice Jane Kavana di Redcar, che ha perso il lavoro all’inizio di marzo, quando la sua Ong Nightstop ha chiuso: “La Big Society la facevamo ben prima che Cameron ci saltasse sopra. Ora sembra che il governo chieda soltanto che si faccia lo stesso lavoro a un costo più basso”.