Giacomo Galeazzi, La Stampa 31/3/2013, 31 marzo 2013
QUELL’ ENIGMA MAI RISOLTO CHE ANCORA DIVIDE LA CHIESA
Icona o reliquia? La Chiesa non si è pronunciata ufficialmente sull’autenticità della Sindone lasciando alla scienza la facoltà di verificarla. Tuttavia ha permesso ai fedeli il culto come reliquia o icona, ossia raffigurazione artistica, della Passione di Gesù. Fu Giulio II nel 1506 a dare l’autorizzazione. Giovanni Paolo II dichiarò di credere all’autenticità della Sindone: lo aveva fatto in precedenza anche Pio XI(«cosa sacra come forse nessun’altra»,disse nel 1936). «Sappiamo quanti studi si concentrano intorno a codesta celebre reliquia e non ignoriamo quanta pietà fervida e commossa circondi un così singolare cimelio», evidenziò Paolo VI nel ’73. «Insigne reliquia legata al mistero della nostra Redenzione»: così Wojtyla la definì il 13 Aprile 1980, nella sua visita a Torino. «Città - ripeté in un successivo discorso - che custodisce una reliquia insolita e misteriosa come la Sacra Sindone, singolarissimo testimone, se accettiamo gli argomenti di tanti scienziati, della passione, della morte e della Risurrezione: testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente». Una «straordinaria icona del Sabato Santo» la chiamò invece Benedetto XVI il 2 maggio 2010 in occasione dell’ostensione. Ma come ieri Francesco l’uso del termine icona non negava (nella riflessione di Ratzinger) la possibile origine non umana dell’immagine. «La Sindone - spiegò infatti Benedetto XVI - è un’icona scritta col sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro». Del resto, come ammise, prima di morire, l’allora arcivescovo di Torino e custode della Sindone, Anastasio Ballestrero, fu costellata di errori, forse non involontari, l’intera complessa vicenda della datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita nel 1988 dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, che ha dato come risultato, con un’asserita attendibilità del 95%, l’intervallo di tempo compreso tra il 1295 e il 1360 per l’età della Sindone. In un’intervista pubblicata il 5 settembre 1997 dal quotidiano tedesco «Die Welt», Ballestrero affermò: «A mio avviso, la Santa Sindone di Torino è autentica. Le analisi al radiocarbonio, che la facevano risalire al Medioevo, sembra siano state realizzate senza le cure dovute».
Il riferimento del cardinale carmelitano era ad una serie di inadempienze (emerse successivamente) rispetto ai protocolli scientifici fissati dai quattro laboratori scientifici insieme alla Pontificia Accademia delle Scienze (guidata all’epoca dal professor Chagas e da monsignor Dardozzi) e al British Museum di Londra. Si scoprì una rilevante contaminazione chimica e biologica della piccola porzione di tessuto prelevata da un punto particolarmente segnato dall’incendio del 4 dicembre 1532 che aveva bruciato in più punti il lenzuolo poi donato da Casa Savoia alla Santa Sede. Altro episodio inquietante fu, il 4 giugno 1989, il suicidio, in circostanze misteriose di Timothy W. Linick, studioso del metodo dello spettrometro di massa. Dall’inizio del Novecento, calcolando anche quella di ieri in mondovisione tv, sono nove le ostensioni del sudario. Nei secoli precedenti, da quando nel 1578 il Telo arrivò a Torino, se ne contano oltre quaranta.