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 2013  marzo 30 Sabato calendario

LA SLOVENIA IN CRISI FA FATICA A FINANZIARSI SUI MERCATI ESTERI

LUBIANA. Dal nostro inviato
«La Slovenia non avrà bisogno di un piano di salvataggio», assicura al Sole 24 ore il vice governatore della Banca di Slovenia Stanislava Zadravec, nonostante pressanti voci di mercato che Lubiana potrebbe fare la fine di Cipro a causa dei prestiti in sofferenza del suo settore bancario, pari a 7 miliardi, cioè al 20% del suo Pil che arriva ad appena 36 miliardi. Il governatore rassicura che una Cipro tra le nevi slovene non ci sarà e a camminare tra le strade fiorite e ordinate della capitale slovena, con la gente tranquilla intenta a fare shopping, ci sarebbe da crederle.
Ma i mercati la pensano diversamente, a causa dei rendimenti del bond a due anni che è balzato ieri al 7%. Il vice governatore non ci sta e chiarisce che non ci sono movimenti inusuali o ritiri di depositi dalle banche slovene, conferma una stima precedente dell’Fmi: che alle tre maggiori banche slovene serve capitale fresco di 1 miliardo di euro quest’anno per soddisfare i requisiti patrimoniali Ue. Poca cosa, anche se il Paese non va sul mercato dei capitali dall’ottobre 2012, ha in cassa un solo miliardo di euro e il 6 giugno deve ripagare 907 milioni di un T-bill a 18 mesi.
«Cosa farà la Ue? - si chiede angosciata la gente a Lubiana - se dovessimo chiedere aiuto alla troika?». «Ci hanno già tagliato gli stipendi pubblici, alzato l’età pensionabile a 68 anni per uomini e donne, riformato il mercato del lavoro e ora cosa potrebbero chiedere ancora?» si domanda Gregor, uno statale che ha già subito la tosatura del 5% dello stipendio ed è andato in piazza a protestare quando volevano far passare la bad bank per salvare il sistema bancario. Su questa storia della "banca cattiva" la sinistra e i sindacati sono scesi in piazza e l’hanno bloccata, sebbene fosse stata varata dal Parlamento. Basta fare una domanda su questo argomento e l’atmosfera al mercato dei fiori, in centro a Lubiana, subito si surriscalda. Ma senza la ricapitalizzazione del sistema bancario, dove sono presenti UniCredit, BancaIntesa e SocGen, che però non hanno sofferenze come le banche locali, la crisi rischia di avvitarsi davvero.
Secondo Christoph Weil, economista di Commerzbank, la Slovenia che non ha più accesso al mercato dei capitali, dovrà ricorrere al sostegno della comunità internazionale entro l’anno. Weil stima il rifinanziamento necessario dal 2013 al 2015 4,5 miliardi, più 1 miliardo di disavanzo pubblico, più 1,5 miliardi di ricapitalizzazione bancaria: totale 7 miliardi di aiuti.
Quindi per salvare Lubiana basterebbe poco, ma se la Ue tira tardi come al solito allora i problemi potrebbero esplodere anche se tutti sono concordi che il paragone con Cipro sia eccessivo, dato che il sistema bancario del Paese non è sovradimensionato, l’economia, nonostante le difficoltà, è basata sulla produzione industriale e l’export, mentre il debito pubblico è al 54% del Pil.
La Banca centrale ha sottolineato l’entità dei risparmi totali nelle banche cipriote, pari a tre volte il Pil, mentre in Slovenia i depositi sono meno del 40% del Pil.
Un discorso che non convince tutti. «Qui sta la debolezza slovena – dice Janez Tomazic, giornalista del quotidiano economico Finance -. Su 46 miliardi di euro di asset totali bancari, che in pochi mesi si sono ridotti di 2 miliardi - ci sono solo 16 miliardi di depositi delle famiglie (esclusi quelli delle società e non residenti), troppo pochi per fronteggiare le necessità dell’economia in frenata». Insomma chi ha troppi depositi (Cipro) e chi ne ha troppo pochi (Slovenia). Gli altri 30 miliardi degli asset sono, secondo Tomazic, «in buona parte prestiti sui mercati stranieri, presi da ogni parte del globo, spesso a breve termine». Chi ha prestato ora vuole i suoi soldi indietro e se non li hai sono dolori. Ma la Banca centrale smentisce questa ricostruzione e parla di 38,7 miliardi di depositi totali (15,7 delle famiglie, 14,9 delle società, 8,6 dei non residenti) su 46 totali degli asset. In ogni caso il paragone con Cipro non regge anche perché qui a Lubiana non ci sono i soldi degli oligarchi russi né titoli tossici; i soldi sono stati immessi nell’economia reale, che però ora va male, crea debiti inesigibili (nelle prime maggiori banche locali le sofferenze sono pari al 20,5% di tutti i prestiti) e non consente alle banche, quasi tutte pubbliche (tre sulle prime quattro sono statali), di restituire i prestiti ai creditori internazionali. Così è lo Stato a ballare con i rendimenti sui titoli biennali che viaggiano al 7 per cento. Fino a quando l’economia tirava tutto bene, ora che il Pil frena le banche soffrono.
A guardare bene, questa ennesima crisi è diversa dalle precedenti, spiega un analista locale: è un mix di fattori: prestiti eccessivi di banche statali, oggi tutte in perdita, fatti ai dirigenti delle ex aziende pubbliche privatizzate, diventati imprenditori con il Management o il Levareged Buy Out, che ora però non riescono a restituire i troppi soldi presi in prestito; l’immancabile bolla immobiliare che ha fatto fallire le maggiori aziende del settore; prestiti (che hanno toccato il 137% dei depositi) concessi ad aziende slovene che hanno tentato la conquista nei Balcani, dove invece hanno subito, come in Serbia, un bagno di sangue; settori in crisi come l’automotive e grandi nomi del commercio al dettaglio che pagano solo gli interessi sul debito.
La Banca centrale ha esortato il nuovo governo di centrosinistra del primo ministro Alenka Bratusek, insediatosi il 20 marzo, a riprendere il progetto di una bad bank per un esborso di 4 miliardi, di cui uno per ricapitalizzare le banche, consolidare le finanze pubbliche, privatizzare le banche statali e le imprese.
Bratusek, diventata premier dopo le dimissioni del governo conservatore di Janez Jansa che aveva perso la maggioranza in Parlamento a gennaio per uno scandalo di corruzione, ha detto che la Slovenia non avrà bisogno di aiuti internazionali.
Un’opinione non condivisa dal capo-economista Ocse, Pier Carlo Padoan: «La Slovenia è un Paese piccolo con un sistema bancario da rimettere in piedi, serve un aggiustamento decisivo e tempestivo».