Chiara Beria di Argentine, La Stampa 30/3/013, 2 aprile 2013
CATIA BASTIOLI, CON LEI LA PLASTICA DIVENTA BIO
E’ appena rientrata dalla Sardegna Catia Bastioli, la geniale scienziata alla guida di Novamont, una società di Novara che con i suoi rivoluzionari brevetti è leader in Europa nella produzione di bioplastiche da materie prime vegetali rinnovabili. Nerovestita, per autodefinizione «spartana» Bastioli ammette d’essersi assai emozionata il 18 marzo, a Porto Torres. «Festeggiavamo la seconda Giornata del cardo. Il sindaco mi ha detto che finalmente non vede più persone senza lavoro in piazza. E, un agricoltore: “Noi sardi abbiamo preso tante fregature. Ora l’unica cosa in cui crediamo sono le vostre facce”. Mi sono innamorata della Sardegna, terra bellissima dove non c’è più niente ma potrebbe esserci tanto».
La chiamano «Regina della chimica verde"; lei detesta. «Sono slogan di quel marketing all’americana che ci ha piallato i cervelli!». Ma, per non tenere la testa sprofondata nella crisi, è bene conoscere questa signora di Foligno, laureata in chimica a Perugia, cresciuta all’Istituto Donegani di Novara e nel centro di ricerca Montedison voluto da Raul Gardini. «La mia vita porta il segno della sua lungimiranza. Aveva creato il più grande gruppo agroindustriale europeo intuendo l’importanza di collegare due mondi fino ad allora distanti».
Scandalo Enimont, catastrofe della chimica italiana. Arrendersi? «Dalle difficoltà nascono le opportunità: è nel Dna del nostro gruppo di ricercatori. Sono i signori delle scuole di management che, davanti alla crisi, tagliano tutto ciò che non rende a breve. Trattasi di “sviluppo dissipativo”: brucia uomini, prodotti, idee». Dalla ricerca all’impresa, Bastioli con altri ricercatori ex Montedison punta sulle materie plastiche biodegradabili; nel 1996, con il sostegno di Comit e Investitori Associati nasce Novamont. Obiettivo: sviluppare non solo un business di prodotti ma trovare soluzioni utili. Studiando il drammatico tema del superinquinante rifiuto organico, Catia Bastioli scopre il Mater-Bi (plastica d’origine vegetale biodegradabile come una buccia di banana) per il quale, nel 2007, vince il premio «Inventoreeuropeo dell’anno». A Novara è così nato non solo il rivoluzionario materiale per i sacchetti ma l’intero sistema per la raccolta dell’umido ora usato in migliaia di ComuniinEuropa.«L’ Italia in questi anni è andata benissimo, siamo secondi solo alla Germania per la raccolta dell’umido; abbiamo un compost meraviglioso per l’agricoltura. Ed è andata benissimo anche nello sviluppo delle bioplastiche», dice Castioli che il 6 marzo a Bruxelles come presidente del Kyoto Club ha presentato il libro di Walter Ganapini sui successi della nostra bioeconomia. Altro che certe immagini di Napoli!
Il segreto della visionaria Bastioli? «Avere una mente globale e radici sul territorio». Tradotto: gran innovazione e rispetto per le persone e il loro ambiente. Intanto, Novamont ha già rilevato impianti - da Adria a Caserta - salvando posti di lavoro. «L’Italia è ricca di siti abbandonati e competenze da non disperdere. Dopo anni di ricerca possediamo molte tecnologie. Basta utilizzarle». E’ la sfida di Porto Torres. Nel 2010 è nata Matrica, joint venture Eni-Versalis e Novamont. Riconvertirà il petrolchimico (ex Sir scaricato al gruppo Eni con maxi perdite) in una «bioraffineria di terza generazione» che produrrà biolubrificanti e additivi per pneumatici. Materia prima? Una pianta autoctona, il cardo. «L’Eni ha creduto nel nostro progetto; investirà 450 milioni di euro per i 7 impianti», riconosce Bastioli. Entusiasta parla d’aridi terreni ora coltivati a cardo e di come ogni scarto sarà utile: dall’olio per alimentare gli impianti al pannello d’alto contenuto proteico (potrà far risparmiare gli allevatori sardi che importano 130 mila tonnellate di soia l’anno per i loro 3 milioni di capi). Prodotti della terra che tornano alla terra&seminare occupazione. «A regime in bioraffineria lavoreranno 680 persone; tra indotto e filiera agricola arriveremo a 1.500. L’importante è rispettare la biodiversità dei territori. In Sardegna c’è il cardo, in Sicilia», già progetta Bastioli, «potremmo usare le bucce d’arancia».