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 2013  marzo 31 Domenica calendario

ARRIVEDERCI SILICON GERMANIO O GRAFENE IL PC SARÀ FATTO DI UN’ALTRA PASTA

Il computer del futuro è un oggetto lungo, pesante, pieno di cavi. Difficile da programmare e altrettanto da interpretare. Lo chiamano quantistico e lavora solo a temperature basse, prossime allo zero assoluto. Viene configurato volta per volta in maniera diversa per dare risposta a un solo quesito. Ma la sua capacità di calcolo è inimmaginabile. Ci stanno lavorando in tanti, dalla University of New South Wales di Sidney alla Ibm, dalla Microsoft fino alla canadese D-Wave, che il 21 marzo ha annunciato di esser vicina alla realizzazione del primo modello completo. E questo proprio mentre il fondatore della BlackBerry, Mike Lazaridis, appena due giorni prima aveva fatto sapere di aver stanziato cento milioni di dollari nella nuova Quantum Valley canadese, a Waterloo, in Ontario. Si è convertito alla causa dopo aver visto cosa c’era in ballo e aver assistito a una dimostrazione delle potenzialità del computer quantistico. «Nulla ti può preparare a ciò che vedremo a breve», è stato il suo commento a caldo.

A differenza dei nostri computer, che ragionano attraverso i transistor usando il sistema binario fatto di zero e di uno (bit), acceso o spento, quello quantistico adopera un approccio diverso. L’elemento base, il qubit,è multilivello: può esser formato da un numero elevato di componenti, l’equivalente del transistor, e ognuno può possedere non due ma molteplici stati. Risolve problemi di una complessità incredibile perché la sua struttura interna è di incredibile complessità. «Con appena 300 qubit», sostiene Scientific American, «un computer simile può elaborare più calcoli in un istante del numero di atomi presenti nell’universo».

Nella comunità scientifica c’è chi tira il freno e mette le mani avanti. «Considerando che il risultato più interessante è quello della Unsw di Sidney, una singola cella di calcolo quantistica compatibile con gli attuali processi di fabbricazione dei microchip, non aspettiamoci forti cambiamenti a breve», spiega Giovanni Capellini, docente di fisica della materia all’Università Roma Tre e visiting professor nell’ateneo australiano.

«Dietro però si nasconde un sogno molto reale: superare Silicon Valley. E le sperimentazioni sul computer quantistico sono solo una delle strade possibili».

La legge di Gordon Moore, uno dei "padri" della Intel che nel 1965 scrisse un articolo in cui prevedeva che le prestazioni dei microprocessori sarebbero raddoppiate ogni dodici mesi, potrebbe venire archiviata. E con lei l’era dei processori fatti solo di silicio. Fino a oggi è su questo materiale che sono stati inseriti i transistor, scolpiti grazie alla nano litografia in maniera sempre più minuta. Dai 180 manometri di un Pentium 4 di tredici anni fa, si è passati agli 80 e poi giù per arrivare ai 32 e ai 22 di oggi, fino ai 16 di domani e agli 11 di dopodomani. Una corsa alla miniaturizzazione grazie alla quale i 2300 transistor di una cpu (acronimo di central processing unit, ovvero il processore) del 1971 sono aumentati arrivando agli oltre sette miliardi nel processore grafico della nVidia Gk110 del 2012.

Ma c’è un limite a tutto e c’è anche in questo caso.

Limite fisico, perché ormai siamo vicini al numero massimo di transistor che si possono inserire nel silicio, e limite strutturale. O meglio: economico. Una fabbrica di microchip costa tanto, almeno cinque miliardi di dollari, e sono sempre meno le multinazionali che hanno le spalle abbastanza larghe per produrli. Nel campo di quelli per pc, ad esempio, sono rimaste solo Intel e Amd, entrambe americane. Di qui l’idea, anzi la necessità, di un salto.

Un passaggio tecnologico che permetta di mischiare le carte in tavola e rendere questo mondo accessibile ad altri. Come è accaduto nel settore dei televisori, quando l’avvento dei pannelli lcd ha consentito alle aziende coreane il sorpasso su quelle giapponesi.O comeè successo con l’iPhone, che ha cambiato gli equilibri portando al declino di Nokia e Motorola e al predominio di Apple e Google. Ma stavolta in gioco c’è molto di più: da un lato un mercato, quello dei microprocessori, che secondo Idc varrà a fine 2013 poco più di quaranta miliardi di dollari; dall’altro la base stessa di ogni forma di calcolo artificiale del futuro.

La nuova Silicon Valley, o forse dovremmo dire le nuove Silicon Valley, nasceranno partendo da una legge appena scritta: more than Moore, oltre Moore.

È il motto di una generazione diversa di computer, molto piùa portata di quello quantistico, che usa materiali come il germanio, i semiconduttori compositi o il grafene, diecimila volte più veloce del silicio.

Sfruttando però, ed è questo l’aspetto più importante, le infrastrutture produttive attuali. «A Berlino, presso l’Innovation for High Performance Microelectronics per esempio», racconta Capellini, «unendo al silicio elementi in purezza di carbonio e germanio sono arrivati a un processore che lavora alla frequenza record di 500Ghz». Una enormità, basti pensare che le cpu in commercio arrivano a 3 o a 4Ghz.

Quindi quello tedesco è cento volte più veloce. Ma il bello è che a Berlino hanno usato u n a t e c n o l o g i a "vecchia" di anni e molto economica, quella a 130 nanometri. In pratica, invece di puntare direttamente a un veicolo che monta un nuovo tipo di motore, rivoluzionario ma difficile e costoso da costruire, hanno preferito realizzare un propulsore ibrido. Offre miglioramenti sostanziali, grazie all’impiego di materiali nuovi, uniti a soluzioni e componenti tutt’altro che all’avanguardia e di facile reperibilità.

Poi certo, all’orizzonte c’è anche il computer quantistico e con lui gli altri che adoperano logiche completamente diverse da quella binaria. Si stanno sperimentando gli acidi nucleici del Dna come una sorta di transistor evoluto o ancora elementi della chimica. Ma qui siamo più in una puntata di Star Trek che nel nostro futuro prossimo. Ci vorranno infatti decine di anni prima di vedere qualche applicazione concreta. Ed è probabile invece che la Silicon Valley verrà superata molto, molto prima.