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 2013  marzo 29 Venerdì calendario

LE FEMEN «MADE IN ITALY» A SCUOLA DI CORPO A CORPO

A guardare le foto delle esordienti Femen italia­ne, più che Femen, sem­brano - con rispetto parlando ­un po’«Scemen». Immagini d’autore e scatti posati in studio, come si fa per le top model. I primi clic pseudo-rivoluziona­ri delle nostre ragazze sono ap­parsi ieri sul Corriere.it e l’effet­to non è stato dei più convincen­ti.
Non basta­no un paio di tette (tricolo­ri) per convin­cere tutti. Se­ni bianco ros­so e verde e frasi «ideolo­giche» (?!) scritte sulla panza (le Fe­men «made in Italy» appaiono piuttosto so­vrappeso): fashion is fascism; donna, non manichino; patriar­cato e femminicidio; io sono fe­men libera; queste non sono tet­te, sono messaggi politici... E so­lo Dio sa, di questi tempi, quanto ci sia bisogno di «messaggi politici», che vadano al sodo. Ma le nostre Femen alla vacci­nara durante quale blitz pubbli­co sono state immortalate? In piazza San Pietro contro il Pa­pa? Davanti a Villa Arcore con­tro Berlusconi? Sotto il Quirina­le contro Napolitano? Macché. Loro inveiscono, in playback, nello studio di un bravo fotogra­fo che sa come ritrarle al meglio per valorizzarne il lato miglio­re. Lato che è ancora un miste­ro, considerato come lo zoccolo duro delle Femen italiane conti appena una trentina di adepte e an­cora nessuna vera azione di­mostrativa all’attivo. Tutta­via «France­sca, Mary, Chiara e Beatrice» - le pro­to Femen alla pizzaiola - assicurano che il gruppo è in piena espansione grazie all’ incessante tam tam via web. Sulla loro pagina Facebook la «piattaforma program­matica» è tutta ispirata agli inse­gnamenti di tale «Anna Gucol»: una specie di Beppe Grillo in versione iper femminista che «nel 2008 a Kiev dette vita alla battaglia anti-machismo». Boh. Intanto - nel rispetto forse della loro «battaglia anti-ma­chismo» - Francesca, Mary, Chiara e Beatrice hanno deciso di rilasciare la loro prima inter­vista a una cronista donna. Ri­servandole dichiarazioni choc come: «Bisogna essere preparate quando si viene bloccate dal­la polizia. Tante volte siamo sbattute a terra. Magari capita che qualcuno ci picchi». E poi: «Qui in Italia rischiamo una condanna dai 2 ai 7 anni per ma­nifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale, oltre al reato di atti osceni in luo­go pubblico». E ancora: «Un consiglio per le aspiranti Femen italiane? Cominciare a mettere una foto in topless su Facebook, in modo da captare la reazione degli amici: le tue immagini durante una prote­sta saranno infatti pubbliche e così almeno ti renderai subito conto di quello che ti aspetta». Ma, esattamente, cosa le «aspet­ta»? Tanto per cominciare gli in­segnamenti di una Femen «esperta», pronta a piombare in Italia dalla sede madre di Kiev per una sessione «workshop» di aggiornamento professionale. Come? Per mo­strare le tette in piazza, sbrac­ciarsi un po’ e lanciare due urli, è necessario il «workshop»? Mary, referente della filiale Ita­lian-Femen, non se la sente di cedere al dilettantismo: «Può sembrare facile spogliarsi in mezzo a una strada. Non è così, ognuna di noi deve avere davan­ti a sé una preparazione sia fisica sia psicologica. Fondamen­tali i corsi di teoria e pratica sul­l’uso della parola e del corpo». Un percorso iniziato a settem­bre 2012 e ancora in divenire. Non è uno scherzo, in ballo c’è roba grossa (tra cui anche un bello stipendio, si parla di circa mille euro a manifestazione. Sputaci sopra...): «Vogliamo riappropriarci della libertà del nostro corpo, utilizzando lo stesso linguaggio televisivo, machista, per creare un grande cortocircuito». Roba da restare tutti fulminati.