Franco Cordero, la Repubblica 30/3/2013, 30 marzo 2013
IL SUICIDIO DELLE LARGHE INTESE
LE BATTAGLIE sperimentali, simulate al tavolo, erano importanti nella guerra scientificamente intesa (stile Karl von Clausewitz). Combiniamone una nella congiuntura postelettorale italiana 2013. Il grosso dei voti se lo spartiscono Pd (10.047.808: parliamo della Camera), Pdl (9.922.850), M5S (8.689.456). La formazione d’un governo richiede passi trasversali. Stando a vaghe affinità, parrebbe fisiologico l’accordo Pd-M5S, e pende un’offerta al secondo ma le Cinque Stelle designano un movimento fluido, a struttura atipica, nato dalla protesta, ancora convulsionario, e veti decretati dal vertice carismatico sprangano le porte, nella pretesa d’essere soli al governo, sebbene nessuno sappia ancora cosa vogliono. Siamo al punto morto, salvo che cospicue componenti vada no per conto loro. Chi invece non sta nella pelle, tanto gli preme una partnership, è il terzo concorrente, al quale P. B., investito d’un avaro incarico esplorativo, risponde picche, avendo tante buone ragioni. L’impresentabile grava sulla scena da 19 anni: tre volte presidente del Consiglio aveva portato l’Italia a due dita dalla bancarotta; 16 mesi fa persino il “Corriere della Sera”, organicamente governativo, gli sferrava tardive condanne. Era ed è assurdo che un uomo simile metta becco nella cosa pubblica: ognuno sa chi sia, pirata senza scrupoli, mago della frode, corruttore d’istinto, falsario, sopraffattore; e come abbia fondato l’impero delle lanterne magiche con le quali da trent’anni droga e istupidisce l’audience; lì s’era allevati gli elettori spacciandosi impresario d’opere virtuose. Va detto: P. B. sconta delle gaffe, né gli giovava il passato post Pci, tanto meno avendo come sponsor l’onnipresente alchimista M. D’Alema; ma rendiamogli il dovuto: stavolta cammina sul filo, bene, tale essendo l’acrobatica, unica via aperta, se vogliamo salvare qualcosa. Siccome la natura non mente, l’egotista ex bolscevico, presidente del Consiglio 1998-2000, gli lancia siluri: aveva macchinato i fasti bicamerali in odio al leader della coalizione; prima o poi doveva convolare nelle «larghe intese» auspicate dal Quirinale, sul cui soglio Re Lanterna lo vedrebbe volentieri, tanto spirito amichevole corre tra i due, e Dio sa quanto cospiri l’ambiente: la parola d’ordine è «eiréne» (in greco, pace). Siamo al disgelo: Raffaele Bonanni, patron Cisl, venuto a consulto, chiede un governo subito, a qualunque costo, mandando al diavolo ogni distinguo; domenica 24 tre commentatori scampanellanti cantano Irene dal “Corriere” concedendo un sogghigno all’»antiberlusconismo militante», nemmeno fosse roba maniacale. Lo ierofante d’una «Italia futura», invisibile nel consuntivo elettorale, esige dal Centro intese «trasparenti» con divus Berlusco. Il quale sorride a piene ganasce: basta mandare la persona giusta al Quirinale (con quanto décor pontificherebbe Gianni Letta): e come vicepresidente del Consiglio indica lo spirituale Angelino Alfano. «Siamo seri», commenta laconicamente P. B., risposta perfetta e ci vuole coraggio nel ribadire l’insuperabile no alle «empie intese», perché il Bicamerista ha sèguito nel Pd.
Il Kriegsspiel (gioco guerresco) è calcolo ipotetico. Dati
x, y, z, cos’avverrebbe? L’ipotesi è governo d’union sacrée dove siedano famigli del ventriloquo d’Arcore. L’evento sarebbe un trionfo berlusconiano, così percepito dal pubblico. Nell’autunno 2011 era ludibrio d’Europa, ridicolmente famoso nelle cinque parti del mondo. Lo prendevano sotto gamba persino i suoi masnadieri. Ora, lui resta qual era, ricchissimo ma cadente, ridotto alle
astuzie d’alligatore torpido: lo salvano avversari vacui, molli, misoneisti, vanitosi, rampanti, equivocamente manovrieri, convinti d’avere vinto senza battaglia. Le urne non lasciano dubbi: sono perdita secca i 2.045.190 voti negati al Pd da chi lo votava cinque anni fa; e l’Olonese ne perde 3.706.015, ma ripartendo dalle macerie, ne riacquisiva 9.922.850 con una campagna da vecchio comico in disarmo, sfiorando la vittoria (sarebbe bastata qualche gag scurrile in più): gigantesca performance, prendiamone malinconicamente atto; tanti italiani lo vogliono così; e siccome il successo ha effetto propulsivo, guadagnerebbe senza fatica il resto divorando gl’incauti o stupidi partner. Sono equazioni d’una fisica sociale. I sondatori d’opinione calcolano che, coinvolto nelle «larghe intese», il Pd perda almeno un voto su due. Bel suicidio e il conto lo paghiamo tutti. I cantori del disgelo non dicono cosa significhi Re Lanterna al potere: è il patrono della corruzione che succhia sessanta o più miliardi l’anno; dissesta lo Stato;
storpia la giustizia (gela le midolla il modo in cui schiva processi e condanne mirando al salvacondotto); sceglie le schiume; tutela un malaffarismo anarcoide; abbassa i livelli intellettuali. Insomma, il demiurgo fabbrica un’Italia gaglioffa. Sia detto in due parole, regimi simili portano diritto alla catastrofe. Al massimo, i partner meglio ispirati la ritardano, sperando che una Parca gli tagli presto il filo, e sarebbe eredità fallimentare.
Che lo scioglimento delle Camere sia da evitare a ogni costo, è formula eufemistica d’un governo sotto insegna berlusconiana, con tutto quanto ciò implica, e sbarra l’unica seria via d’uscita, se a P. B. manca il sostegno nella Camera alta: la prospettiva elettorale sarebbe alquanto diversa, rispetto al 25 febbraio 2013, essendo presumibile un’implosione nelle Cinque Stelle; chi vuole riforme autentiche non ammette scelte obiettivamente utili al Caimano. Domenica 24 marzo uno degli eligibili al Quirinale, ben visto hinc inde, denunciava l’alto rischio d’un contesto simile all’agonia della repubblica tedesca 1933: d’accordo, in quadri diversi; e chi è l’Adolf Hitler in chiave d’affarismo planetario, sotto maschera ilare? In versione da farsa vale l’adunata delle squadre d’assalto (S. A. ossia Sturmabteilungen) quel sabba biancoceleste in Piazza del Popolo con visi, gesti, paramenti, scritte da film espressionista anacronisticamente sonoro.