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 2013  marzo 29 Venerdì calendario

MPS, BANKITALIA E COOP ROSSE: I MISTERI DELLA POPOLARE DI SPOLETO

Mps, Bankitalia e Coop ros­se: la guerra segreta per la scala­ta all’ambitissima Banca, la Po­polare di Spoleto. Nella marea di carte dell’inchiesta di Siena esce marginalmente una storia curiosa, che merita qualche ap­profondimento anche perché finisce per incrociarsi con un’al­tra inchiesta sul mondo banca­rio aperta in Umbria. L’inedita storia che alimenta interrogati­vi sul ruolo di Mps e di Bankita­lia viene definitivamente alla lu­ce a gennaio di quest’anno quando, in pieno scandalo Mps, a Spoleto si fa avanti una cordata composta da investito­ri­ privati e istituzionali denominata Clitumnus che comunica l’intenzione di acquistare il pac­chetto di maggio­ranza che con­trolla la Banca popolare di Spo­leto, fiore all’occhiello del credi­to umbro, 110 sportelli in tutta Italia, guidata da oltre un decen­nio dall’assicuratore spoletino Giovanni Antonini, un tipo al­l’apparenza burbero, con enor­me seguito cittadino, una mo­sca bianca nella rossa cittadina del Festival essendo da sempre di area Pdl. A quest’Opa (Offer­ta pubblica di acquisto) parteci­pano le cooperative rosse con la «Coop Centro Italia» e un pool di imprenditori e istituti um­bri. Per capire cosa ci azzecchi­no nella guerra per la Bps il Mps (già partner di Bps) e Bankitalia occorre fare un passo indietro. Nel lontano 2010 Bankitalia di­spone a sorpresa un’ispezione alla Popolare di Spoleto. Stan­do ai risultati finali l’istituto um­bro pur avendo una «capacità di reddito» pari a un «+10,6%», ottima dunque, viene invitata a cambiare strategia aziendale svecchiando i vertici perché sa­re­bbero stati riscontrate caren­ze nelle strategie, nella traspa­renza, un rischio creditizio lega­to alla redditività, anomalie nel­la governance e via discorren­do. Di lì a poco la procura di Spo­leto, nel 2011, apre un’inchie­sta e ­iscrive sul registro degli indagati 17 persone, tra cui Anto­nini, che nel frattempo si era dimesso dalla carica di presidente per assume­re, con voto plebiscitario, quella di presi­dente della Fondazione della Scs, la co­operativa Società credito e ser­vizi che detiene il 51 per cento della Bps. Il Cda dà subito segui­to alle indicazioni di Bankitalia e «svecchia» la governance. Ma, evidentemente, non basta per­ché dopo una nuova ispezione nel 2012, Antonini sarà «costret­to» a lasciare anche il vertice della Fondazione che finirà commissariata al pari della Ban­ca. Ma perché tanto accanimen­to da parte di Bankitalia su una banca radicata nel territorio, che in dieci anni ha decuplica­to gli sportelli, assunto circa 500 persone, e che ha «solo» cir­ca 30 milioni di euro di rosso? La domanda sorge spontanea visto che tanta e continua atten­zione non è stata riservata ad al­tri istituti in difficoltà come il ben noto Monte dei Paschi, op­pure la Banca delle Marche (529 milioni di sofferenze) Banca Etruria (186 milioni) Banco Popola­re (900) e via di­scorrendo. Lo scopriremo a breve. Torniamo a quella secon­da ispezione di Bankitalia del 2012. In una so­la settimana di luglio accade di tutto, e di più: partono gli avvisi di garanzia, scattano perquisizioni e sequestri, gli 007 di Bankitalia si ripresentano, Mps annuncia disdette importanti. Poi passano sei mesi e gli ispet­tori della Vigilanza il 10 dicem­bre del 2012 lasciano gli uffici della Popolare di Spoleto conte­stu­almente alla ratifica della de­cisione di Monte dei Paschi di Siena (che ha il 26 per cento del­la Bps e il 30 della Fondazione) di rescindere i patti parasociali e rientrare in possesso del capi­tale immesso nella Popolare di Spoleto per un valore no­minale di circa 30 milioni. Il nuovo ad di Montepaschi Viola scrive ad Antonini a fi­ne luglio 2012 per comunica­re il prezzo della cessione di 8 milioni di azioni ordinarie per un importo ben più alto, pari cioè a oltre 73 milioni di euro (a fronte di un valore a bilancio 2011 di 49 milioni). Una cifra spropositata perché, come ve­dremo fra poco, quando si trat­terà di lanciare un’Opa sulla Popolare, il valore crollerà incredi­bilmente di ben 57 milioni di eu­ro, fermandosi a 16 milioni. Un affarone per chi compra.
Trascorre poco più di un me­se e la cordata di imprenditori e coop denominata Clitumnus ufficializza la proposta pubbli­ca di acqui­sto. A guidare l’Opa è il pro­fess­or France­sco Carbonet­ti, avvocato e finanziere ro­mano, già consulente le­gale di Bankitalia, capo area degli stu­di giuridici della Consob, noto per aver «gestito» il crac Feder­consorzi, e secondo i veleni cit­tadini, imparentato col procu­ratore capo di Spoleto, Gian­franco Riggio, che sta indagan­do su Bps. Vero? Falso? Contat­tato dal Giornale, Carbonetti, dice: «Delle cose mie personali non parlo». Dai documenti presentati alla Consob dalla Clitu­mnus emerge quel che accen­navamo sopra, e cioè la disponi­bilità di Mps a vendere ai nuovi proprietari le proprie azioni non per 73 milioni (come da ri­chiesta alla Popolare) ma bensì a euro 16.247.730. Tant’è. L’8 febbraio, a distanza di 10 gior­ni, arriva il commissariamen­to.
In alcuni carteggi ad uso inter­no di Bankitalia visionati dal Giornale, datati 12 luglio 2010 (tre anni prima del commissa­riamento) già si preannuncia l’Opa «rossa» ufficializzata a gennaio 2013. Si legge infatti: «Adeguata la dotazione patri­moniale, irrobustita da un re­cente aumento di capitale; in prospettiva tuttavia, stante la paventata indisponibilità da parte della controllante a ulte­riori apporti, è allo studio l’intervento di un nuovo socio esterno (Coop Centro Italia)». E ancora: «In prospettiva, appa­re peraltro ineludibile il ricorso a ulteriori mezzi patrimoniali per accompagnare il processo di crescita, che né l’autofinan­ziamento né il socio di maggio­ranza sono in grado di fornire. Da qui l’ingresso nel capitale di Coop Centro Italia e l’ipotesi di costituzione di una holding da parte degli attuali azionisti». Nella relazione tecnica fiducia­ria ci si dilunga persino in com­menti «politici» sul dominus della Popolare, Antonini, trop­po presente in banca e a stretto contatto con personale e clien­tela, un «personaggio assai no­to presso la comunità spoletina, capace di coagulare vaste aree di consenso». Gli ispettori ricordano che all’interno della Popolare di Spoleto ci sono uo­mini affidabili provenienti «dal nostro Istituto» e «da Mps». Si fa presente che la Banca fatica ad uscire da logiche provinciali senza dire, però, che 110 spor­telli in ogni angolo del Paese rappresentano tutt’altro che un «accentuato localismo». In­somma, per rilanciare la banca occorre togliere Antonini che ad oggi, con un ricorso penden­te al Tar, si ritrova effettivamen­te fuori dai giochi con un avviso di garanzia e una defenestrazio­ne commissariale in Banca e Fondazione. Il risultato ipotiz­zato nel 2010 è dunque raggiun­to nel 2013. Con una postilla che, in tempo di crisi, merita di essere rivelata: tra le accuse mosse alla Bps dagli ispettori di Bankitalia, quella di aver eroga­to troppo credito ad aziende, piccoli imprenditori, famiglie. Una politica che Bankitalia, evidentemente, non gradisce.