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 2013  aprile 02 Martedì calendario

SOTTO IL SAHARA L’AFRICA CORRE CON TEMPI CINESI

Tutti guardano alla Cina, ma for­se è l’Africa la vera rivelazione di questo inizio millennio. Pur con qualche distinguo, i dati economici rac­contano la storia di una sorprendente ri­nascita: secondo la Banca Mondiale, dal 2000 in poi il Pil pro capite nell’area sub­sahariana è cresciuto costantemente o­gni anno, per un aumento complessivo di oltre un terzo.
Una cifra totalmente i­nattesa. Il cambio di rotta, nota anche il Fi­nancial Times, è arri­vato all’improvviso: tra il 1980 e il 2000 il Con­tinente aveva speri­mentato un ventennio di crescita negativa, e la diffusione della pan­demia di Aids sembra­va dovesse dare il col­po di grazia. Non è sta­to così; e dopo dodici anni di progressi continui, che nemmeno lo choc eco­nomico globale del 2008 ha frenato, i dubbi sulla solidità di questa crescita sono caduti.
Ad esempio, molti analisti ritenevano che lo sviluppo fosse legato alla scoperta di grandi giacimenti di petrolio; ma se­condo un recente rapporto del Fmi, nel­l’ultimo quinquennio i Paesi sub saha­riani sono cresciuti in media del 5,4% all’anno anche senza considerare il fat­tore petrolio. «Simili avanzamenti si re­gistreranno anche nel biennio 2012-2013», nota il Fmi. E se le performance più brillanti le registrano gli esportato­ri di greggio (come l’Angola, la Nigeria e il Ciad) e quelle meno positive riguar­dano i Paesi più instabili politicamente (come Repubblica democratica del Congo, Eritrea, Burundi), una nazione come il Mozambico, che non possiede oro nero, ma dai primi anni Novanta si è lasciata alle spalle la guerra, ha regi­strato un aumento del Pil pro capite tra la forza lavoro pari al 4,8% annuo, dal 1995 al 2010.
Secondo il Fmi, l’e­spansione nei prossi­mi anni riguarderà in particolare i Paesi a minor reddito medio, mentre è prevista una lieve frenata per gli Stati maggiormente legati all’Europa, più esposti al contagio della crisi globale. Altro che nostalgie postcoloniali: l’Oc­cidente in difficoltà rischia di diventare una zavorra per l’Africa in piena corsa. Il boom, secondo molti osservatori, po­trebbe essere addirittura sottostimato dai dati ufficiali. Ad esempio, due anni fa il Ghana ha corretto un errore nelle statistiche sul prodotto interno lordo: l’anno base a cui si faceva riferimento era il 1993, troppo indietro nel tempo per considerare i mutamenti nell’eco­nomia, come la diffusione sempre mag­giore delle nuove tecnologie. Dopo la correzione, il Pil ghanese è risultato au­mentato del 60%. Anche la Nigeria po­trebbe a breve rivedere le sue stime: e questo significherebbe un balzo in a­vanti del 15% per l’intera area subsaha­riana.
Altre indicazioni arrivano dall’analisi dei consumi domestici, che secondo le sti­me della London School of Economics sarebbero cresciuti del 3,5% medio an­nuo negli ultimi vent’anni, tre volte più di quanto riportano i dati ufficiali. Non solo: la mortalità dei bambini sotto i cin­que anni, rivela uno studio della Banca Mondiale, in 18 Paesi su 20 nell’area è calata di oltre il 4,4% annuo, il limite fis­sato dagli Obiettivi del Millennio del­l’Onu. Maglia rosa al Kenya, con un ca­lo annuale del 7,6%. Secondo Edward Miguel, docente alla University of Ca­lifornia - Berkeley, lo sviluppo dell’area è stato trainato dai progressi nella si­tuazione politica di molti Paesi e dalle relazioni economiche con la Cina, men­tre gli aiuti internazionali si sono rive­lati utili solo per il finanziamento di pro­grammi per salute ed educazione. Le principali minacce per la ripresa resta­no il rischio di conflitti armati e le con­seguenze negative del cambiamento cli­matico, oltre alla crescita della popola­zione. Tuttavia, chiosa Miguel, «adesso c’è una concreta possibilità che l’Africa abbia imboccato la strada del vero pro­gresso politico ed economico, e che rie­sca a raggiungere il resto del mondo».