VARIE, 29/3/2013, 29 marzo 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - LA GIORNATA DI NAPOLITANO
ROMA - Le consultazioni-lampo del presidente Napolitano non sembrano aver prodotto l’auspicato mutamento delle posizioni in grado di realizzare una convergenza. Il leader del centrosinistra Pier Luigi Bersani ieri sera aveva evidenziato nelle "preclusioni" del Movimento 5 Stelle e nelle "condizioni non accettabili" poste dal Pdl il maggior ostacolo. Il giorno dopo, le parti restano lontane. Il Pd si rimette alle decisioni del capo dello Stato dopo aver respinto l’idea di un "governissimo" composto dalle forze tradizionali, esattamente la proposta rilanciata durante le consultazioni dalla delegazione Pdl-Lega guidata da Berlusconi. Il M5S, intanto, smentisce di aver mai pensato al sostegno di un governo guidato da personalità esterne ai partiti e reclama l’incarico. Al termine dei colloqui, il Quirinale annuncia: "Napolitano si prende un momento di riflessione".
Pd: "No a governissimo, fiducia in Napolitano". "Abbiamo cercato il coinvolgimento di tutti, per fare una riforma della politica sulla base del clamoroso risultato elettorale. Il coinvolgimento di tutti dentro un percorso di riforme. Quello era il nuovo e per noi la convenzione costituente resta il nuovo. Oltretutto, le riforme costituzionali vanno fatte a maggioranza larga, diversamente dagli errori del passato. Abbiamo proposto un governo centrato su obiettivi, per avviare la legislatura, sapendo che le ampie contrapposizioni, sottolineate dal presidente Napolitano, rendono non idoneo un governissimo tra le forze tradizionali. Non si risponderebbe così alla istanza di cambiamento che il Paese chiede. I troppi no espressi qui a un governo istituzionale, a un governo del presidente, oltre ai no ascoltati durante le consultazioni, rischiano di negare che il cambiamento possa effettivamente avvenire, nelle istituzioni come nell’economia e nelle società. Allora abbiamo espresso fiducia e profonda gratitudine al presidente, a cui non mancherà il nostro sostegno alle decisioni che prenderà". Così Enrico Letta, dopo aver incontrato il presidente Napolitano.
Berlusconi: "Disponibili a governo di coalizione". Nessun cambio di rotta: Silvio Berlusconi, al termine dell’incontro con Napolitano ha ribadito la posizione del Pdl: "Siamo disponibili a governo con Pd, Lega e Monti", ha detto il Cavaliere. In caso di accordo per un goverissimo al Pdl "va bene la candidatura di Bersani come ci vanno bene anche altre candidature del Pd". ’’Un governo politico’’, ha scandito Silvio Berlusconi rispondendo ai giornalisti dopo il colloquio con il Capo dello Stato, ribadendo il no del Pdl a un governo tecnico. ’’Basta con i tecnici - ha insistito -. La nostra posizione rimane quella, solo quella che esce dalle urne: un governo di larghe intese tra forze disponibili, deve essere un governo politico, vista l’esperienza tragica del governo tecnico". Poi ha precisato che non c’è stata alcuna proposta per quanto riguarda il Quirinale. ’’La coalizione di centrodestra, guidata dal leader Silvio Berlusconi, ha per l’ennesima volta dimostrato il suo senso di responsabilità in un momento particolarmente difficile per Paese’’, ha commentato il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta.
Alfano: "Responsabilità ricade sul Pd". E in serata, dopo la fine degli incontri di Napolitano, il segretario del Pdl è tornato a parlare: "Mai e in nessun caso il capo dello Stato, nei colloqui con noi, ha preso in considerazione e quindi neppure avanzato ipotesi di cosiddetti ’governi del presidente’ o ’istituzionali’ o ’tecnici’, che avrebbero visto comunque la contrarietà non solo nostra, ma della enorme maggioranza degli italiani, dopo la fallimentare esperienza del governo monti. A questo punto, la responsabilità ricade unicamente e storicamente sul Pd, che raccoglie ciò che ha seminato. Ci rimettiamo con fiducia alle valutazioni del presidente Napolitano".
Maroni: "Governo politico o elezioni". "Siamo disponibili a sostenere un governo di coalizione, politico e che dia risposte, ma non un governo tecnico", ha confermato il segretario della Lega Nord, Roberto Maroni. Il leader del Carroccio ha ribadito: "Noi eravamo contrari al governo Monti, figuratevi se ne viene formato un altro di questo tipo. Meglio le elezioni. Vogliamo un governo che dia risposte - ha concluso Maroni -, ma deve essere un governo politico".
M5S: "Pronti a nostro esecutivo". "Siamo disponibili a un governo 5 Stelle che possa avviare iniziative legislative": così Vito Crimi ha parlato (VIDEO) al termine dell’incontro con Napolitano. "Non accordiamo la fiducia - ha aggiunto - a un governo politico o pseudo-tecnico. Abbiamo preso atto che alla conclusione delle consultazioni del primo mandato esplorativo di Bersani non ci sono le condizioni per una maggioranza politica. Noi abbiamo ribadito quanto già detto nella precedente consultazione. Siamo disponibili a formare un governo a 5 Stelle. Abbiamo rilanciato al presidente Napolitano questa opportunità. Nel momento in cui il presidente Napolitano dovesse dare l’incario al Movimento 5 stelle noi forniremmo nell’arco di pochissimo tempo il nome del presidente e la squadra di governo, il programmo già l’abbiamo".
Stamani era circolata la notizia che nel Movimento 5 Stelle si fosse discusso se aprire a un esecutivo guidato da una figura "fuori dai partiti", un esecutivo "pseudo-tecnico". Più tardi, però, Crimi ha smentito che questa ipotesi fosse stata mai presa in esame. E anche Beppe Grillo ha smentito a Sky Tg 24 ha detto di non aver "mai parlato di governo pseudo tecnico". Il leader del Movimento ha avuto questa mattina un colloquio al telefono con Napolitano, e della telefonata ha riferito anche Crimi durante la riunione. Ma alcuni esponenti del Movimento smentiscono la proposta di nomi e ribadiscono che la linea non cambia: "Non è una questione di società civile, di tecnici o ’pseudotecnici’: noi vogliamo un Governo 5 Stelle. Se il presidente Napolitano ci darà la possibilità di crearlo ci riuniremo e anche grazie alla rete sceglieremo i nomi", ha detto Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera del M5S.
Scelta Civica: "Grande coalizione per governo stabile". "Abbiamo proposto al capo dello Stato di avviare al più presto delle esplorazioni, fatte nelle forme che il presidente indicherà, per verificare le compatibilità programmatiche" tra i partiti, "per vedere la possibilità concreta di una convergenza che dia origine a un governo che possa affrontare i problemi del Paese. Serve governabilità, serve buona governabilità. Non ci interessano modi e formule per arrivare a questo, ma ci interessano i programmi". Così Andrea Olivero, coordinatore di Scelta Civica, dopo le consultazioni al Quirinale. "La chiusura delle diverse forze politiche, per interessi di parte e divisioni ideologiche, impedisce che si formi un governo stabile, mentre noi riteniamo che sia una necessità un governo stabile in tempi certi. Ancora una volta - ha aggiunto Olivero - abbiamo espresso la piena disponibilià a costruire una grande coalizione tra le tre grandi forze disponibili, a patto che con diventi una grande contraddizione che nasconda i problemi che i partiti hanno al proprio interno".
Zanda: "Difficile governo Pd-Pdl". Non crede sia ipotizzabile la soluzione proposta da Berlusconi Luigi Zanda, presidente dei senatori del Pd: "Ho ascoltato le dichiarazioni di Berlusconi: è vero che le riforme costituzionali devono essere fatte a larga maggioranza, ma mi sembra molto difficile ipotizzare un governo politico sostenuto da Pd e Pdl. Su troppe questioni rilevanti- ha sottolineato parlando a Palazzo Madama- la politica del Pdl è distante anni luce da quella del Partito democratico".
Vendola: "No larghe intese, incarico a Bersani". "La soluzione più idonea a traghettare l’Italia fuori dall’avvitamento e dal pantano è nel conferimento dell’incarico a Bersani, a chi ha incarnato con coraggio la necessità di un dialogo con la domanda di cambiamento, che è così prorompente nel Paese e si è espressa nelle urne. Riteniamo interdetta qualunque possibilità di immaginare un governo di larghe intese. Il Pdl non è un alleato possibile". Lo ha detto il leader di Sel, Nichi Vendola, parlando al Quirinale dopo l’incontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "C’è la necessità di compiere fino in fondo il percorso intrapreso e di portare davanti alle Camere una proposta di cambiamento e una squadra di governo" guidata da Bersani, ha aggiunto il leader di Sel, che ha poi concluso con un invito: "In queste ore vale la pena di dire che tutti, Grillo come tutti gli altri leader politici italiani, hanno sulle proprie spalle il destino del Paese. E bisogna evitare di togliersi il Paese da sopra le spalle e metterselo sotto i piedi. Chi fa prevalere un calcolo elettoralistico commetterebbe un delitto nei confronti del Paese, sciuperebbe una storica occasione di cambiamento e ne risponderebbe agli italiani".
Grasso: "Governo subito o Parlamento fermo". Il presidente del Senato spera in una soluzione rapida: "Io mi aspetto che finalmente questo Paese abbia un governo perché nonostante tutti gli sforzi da presidente del Senato di far partire l’attività legisltiva mi sono trovato bloccato dalle regole anche per l’istituzione delle stesse commissioni" ha detto, aggiungendo: ’’Non credo sarò convocato dal presidente Napolitano. Mi avrebbe incontrato altrimenti stamane. Si tratta di consultazioni di altro tipo. Ma se dovesse convocarmi, andrei subito’’.
(29 marzo 2013)
EDITORIALE DI LEFT WING
Si dice che occorra sempre mettere l’interesse del paese prima dell’interesse di partito. Come se in questa lunga stagione di leadership carismatiche, narcisistiche e irresponsabili, piene soltanto di sé, avessero abbondato i dirigenti capaci di preoccuparsi del proprio partito, al di là del proprio destino individuale. Ma che interesse ha l’Italia a ritrovarsi con un Partito democratico sotto la soglia dell’irrilevanza? È nell’interesse del paese che siano Silvio Berlusconi e Gianroberto Casaleggio a contendersi da domani il governo della Repubblica? Quale idea di interesse nazionale può essere conciliabile con uno scenario in cui le istituzioni democratiche siano ostaggio di due contrapposti populismi?
In questo caso, ci pare che l’interesse del Partito democratico venga prima dell’interesse del paese, ma solo in senso cronologico: perché dopo la disintegrazione del Pd sarebbe arduo ipotizzare la rinascita economica e civile di un’Italia divisa tra grillini e berlusconiani. E che questo sarebbe l’esito di una nuova unità nazionale tra Pd e Pdl non è difficile da dimostrare, visti i precedenti. Quello che ancora andrebbe dimostrato è semmai quale sia l’utilità di una terapia che ha già dato simili frutti, senza peraltro offrirne di migliori sul fronte della concreta azione di governo: dallo scandalo sociale degli esodati con cui ha esordito al disastro diplomatico dei marò con cui ha ingloriosamente chiuso la sua esperienza.
Gli argomenti utilizzati nel novembre 2011 per indurre il centrosinistra ad accettare una maggioranza di unità nazionale con il Pdl ormai non sono più ricevibili. La situazione di oggi differisce infatti da quella di allora per un significativo, ancorché molto trascurato, dettaglio: ci sono state le elezioni. Elezioni in cui la maggioranza che ha sostenuto il governo Monti è passata dal 75 al 55 per cento: pochino, per parlare di unità nazionale. Nel frattempo, dal novembre 2011 a oggi, il Movimento 5 stelle è passato però dal 5 al 25 per cento: parecchio, per essere messi al bando come forza antisistema.
È possibile immaginare di ripetere in qualsiasi forma una maggioranza di unità nazionale tra i partiti che alle ultime elezioni hanno perso rispettivamente tre e sei milioni di voti, tenendo fuori proprio coloro che contestando il loro governo i voti li hanno quintuplicati? Perché si possa parlare ragionevolmente di unità nazionale occorre che almeno i tre principali partiti votati dagli elettori, che hanno raccolto quasi gli stessi consensi, ne riconoscano l’esigenza: un’alleanza tra due di essi contro il terzo non sarebbe una maggioranza di unità nazionale, ma semplicemente un’alleanza politica.
I risultati delle ultime elezioni, però, parlano chiaro. Silvio Berlusconi ha fatto appena in tempo a sfilarsi, per condurre una campagna elettorale da oppositore del governo Monti: tanto gli è bastato per ottenere un recupero prodigioso, dopo avere abbandonato Palazzo Chigi nell’ignominia, e l’Italia sull’orlo della bancarotta, appena un anno prima. Con simili premesse, tanto incoraggianti per il Pd da non consentire dubbi, allora, sulla sua imminente vittoria elettorale, la coalizione di centrosinistra ha toccato il suo minimo storico. Perché questo è quello che è successo: dopo il conclamato fallimento del governo Berlusconi, al termine del più lungo ciclo di governo della destra, otto anni su dieci dal 2001 al 2011, il centrosinistra ha raggiunto alle elezioni il suo minimo storico. Come è stato possibile?
Non c’è bisogno di chiamare Sherlock Holmes per scoprire la soluzione di un simile enigma. Evidentemente la risposta deve trovarsi nel lasso di tempo intercorso tra il crollo del governo Berlusconi e le successive elezioni. Ma che cosa ha fatto il Pd in quel momento decisivo, tra novembre 2011 e febbraio 2013, lo sappiamo già: lo stesso esperimento che in tanti oggi lo invitano a ripetere, con gli stessi argomenti di allora. Non può esserci dubbio, pertanto, su quale sarebbe l’esito di una simile scelta, comunque si tentasse di camuffarla.
Il Partito democratico ha già dimostrato il suo senso di responsabilità, tentando tutte le strade possibili per la formazione di un nuovo governo. L’unica formula che finora non ha voluto tentare è la riedizione di quella stessa “strana maggioranza” che ha sostenuto il governo Monti. Per due ragioni elementari: perché ha dimostrato di non funzionare e perché si tratta esattamente della formula che gli italiani hanno bocciato con il voto. Prima di tornare su quella strada, pertanto, non si vede come si possa evitare di tornare davanti agli elettori, chiedendo loro di giudicare sulle scelte compiute e sulle scelte da compiere in questa fase delicatissima.
Se il secondo partito del paese, il Movimento 5 stelle, non vuole appoggiare nessun governo, è giusto che siano gli italiani ad avere l’ultima parola. E a dire se per questo il non-partito di Beppe Grillo merita la maggioranza assoluta cui dice di aspirare o se deve piuttosto essere rapidamente allontanato dalla stanza dei bottoni e delle responsabilità, per manifesta incapacità di esercitarle.