La Stampa, 29/3/2013, 29 marzo 2013
FRATELLI SACERDOTI, LASCIATE SEMPRE LA PORTA APERTA"
Salvi dal naufragio
E’ una mattina afosa del gennaio 1929. La famiglia di Giovanni Bergoglio arriva a Buenos Aires dopo una lunga traversata. La nonna del Papa, Rosa Margherita Vasallo, un’elegante signore, nonostante l’aria calda e carica d’umidità, porta un cappotto col collo di volpe, totalmente fuori luogo per quelle temperature. Ma nella fodera ci sono i proventi della vendita dei beni di famiglia. I Bergoglio erano partiti da Portacomaro (Portacomé in piemontese), un piccolo comune della provincia di Asti, in Piemonte. Lì erano arrivati da Castelnuovo, sempre nell’astigiano, agli inizi dell’Ottocento. Le trattative per completare la transazione avevano trattenuto la famiglia più del tempo previsto, e così i Bergoglio non si erano imbarcati sulla nave «Principessa Mafalda», che sarebbe naufragata a nord del Brasile, provocando un centinaio di morti. Sarebbero partiti con alcuni giorni di ritardo, salendo a bordo del «Giulio Cesare».
Padre antifascista
I Bergoglio avevano scelto l’Argentina innanzitutto per ricongiungersi con i parenti: c’erano già tre fratelli del nonno del futuro Papa che avevano fatto fortuna in Sudamerica. Ma non va escluso anche un movente politico, come ha spiegato la sorella del Papa, Maria Elena Bergoglio: «La situazione era difficile, però le cose che servivano alla nostra famiglia non ci mancavano. Io ricordo mio padre ripetere spesso che l’avvento del fascismo era la ragione che lo aveva davvero spinto ad andare via dall’Italia», ha raccontato.
Un’enorme cucina
Mario Bergoglio, il padre del futuro Papa, si sposa con Regina Sivori, argentina di origini genovesi e piemontesi, il 12 dicembre 1935. Un anno dopo, il 17 dicembre 1936 nasce il primo figlio, Jorge Mario. La famiglia vive nel quartiere Flores di Buenos Aires, in una villetta foderata di piastrelle bordeaux. «Credo che i miei genitori l’abbiano comprata», ha raccontato la sorella del Papa, «perché aveva una cucina enorme. È che dopo averla comprata non sapevano più dove mettere i loro cinque figli».
Piemontese e ricordi
«Quando avevo 13 mesi», ricordava il futuro Papa, «mia mamma ebbe il mio secondo fratello, siamo in tutto cinque. I nonni vivevano molto vicino e per aiutare mia madre, la nonna veniva a prendermi alla mattina, mi portava a casa con lei e mi riportava a casa la sera. I miei nonni tra di loro parlavano piemontese, è così che l’ho imparato. Amavano molto tutti i miei fratelli, ma io ho avuto il privilegio di comprendere la lingua dei loro ricordi». «In mio papà», racconta Bergoglio nel libro-intervista "El Jesuita" «Non vidi mai un segno di nostalgia, guardava avanti. Ad esempio con me non parlava mai in piemontese. Ricordo che una volta stavo rispondendo a una lettera di una professoressa del papà che mi aveva scritto in seminario e lo facevo nel mio italiano abbastanza incerto. Domandai a lui come si scriveva una certa parola e notai la sua impazienza, mi rispondeva rapidamente, come per voler chiudere la conversazione e andarsene».
Studente lavoratore
«Ringrazio tanto mio padre perché mi ha mandato a lavorare», ha detto Jorge Bergoglio. «Il lavoro è stata una delle cose che meglio mi hanno fatto nella mia vita e, in particolare, nel laboratorio dove lavoravo ho imparato il bene e il male di ogni attività umana».
La chiamata
Jorge Mario ha 17 anni. Quel 21 settembre anche lui si prepara a festeggiare il giorno dello studente con i suoi compagni. Hanno in programma una scampagnata. Ma la giornata avrebbe preso una piega completamente diversa. Jorge va infatti nella sua parrocchia, nella chiesa di San José de Flores. Non c’è un motivo particolare per quella visita. Eppure accade un incontro decisivo. Vi trova un sacerdote che non aveva mai conosciuto prima e che gli trasmette una profonda spiritualità. Il giovane decide di confessarsi da lui. E durante quella confessione «scopre» la sua vocazione religiosa. Si accorge di essere stato chiamato. Accade qualcosa che gli cambia la vita. A tal punto che decide di non ritrovarsi con gli amici che lo attendono alla stazione ferroviaria. Torna invece a casa, perché in cuor suo ha deciso di farsi prete. «Questa è l’esperienza religiosa: lo stupore di incontrarsi con qualcuno che ti sta aspettando. Da quel momento per me Dio divenne colui che ti precede. Uno lo sta cercando, Lui ti cerca per primo. Uno vuole incontrarlo, ma Lui ci viene incontro per primo».
I gesuiti arrestati
«Ho fatto quello che potevo - ha dichiarato Bergoglio - quello che era nelle mie possibilità per l’età che avevo (meno di quarant’anni, ndr) e i pochi rapporti che mantenevo, al fine di intercedere per far liberare persone sequestrate». Una ricostruzione confermata dagli esiti delle inchieste, che mai lo hanno visto indagato, a differenza di altri sacerdoti inquisiti e poi sottoposti a dure condanne dalla magistratura argentina. Le accuse contro l’attuale Papa Francesco «sono state da noi esaminate attentamente», ha spiegato il giudice German Castelli, uno degli autori della sentenza al processo contro i militari. «Abbiamo verificato tutti i dati e siamo giunti alla conclusione che il comportamento di Bergoglio non aveva alcun rilievo giudiziario».
Preferisco l’autobus
Bergoglio da arcivescovo e poi da cardinale continua a pernottare nelle parrocchia, assiste personalmente i sacerdoti ammalati, trascorre le ore in ospedale al loro capezzale. Inizialmente rifiuta di andare a vivere nella elegante residenza arcivescovile di Olivos, rimanendo in un appartamento più piccolo. Poi ricava per sé nel palazzo soltanto una stanza da letto modesta. Ama ancora cucinare per i suoi ospiti. Non si fa problemi a lavare i piatti. Accoglie in casa con sé e accudisce un anziano vescovo ausiliare che ha bisogno di assistenza. Continua a rispondere personalmente alle telefonate, a tener conto personalmente dell’agenda delle udienze. Non ha un segretario particolare, ma si avvale di vari collaboratori e di alcune suore. Continua a viaggiare in autobus - che preferisce perché dall’autobus si può vedere la gente per strada - o in metropolitana. Gli abitanti della capitale argentina imparano a conoscerlo e riconoscerlo. Veste con semplicità.
Il testamento della nonna
Nel Breviario, il testo con le preghiere quotidiane, Bergoglio tiene un vecchio foglio, un testamento scritto dalla nonna Rosa Vasallo per i nipoti: «Che questi miei nipoti, ai quali ho dato il meglio del mio cuore, abbiano una vita lunga e felice, ma se in qualche giorno il dolore, la malattia, o la perdita di una persona amata li riempia di sconforto, ricordino che un sospiro al Tabernacolo, dove c’è il martire più grande e augusto, e uno sguardo a Maria ai piedi della croce, possono far cadere una goccia di balsamo sopra le ferite più profonde e dolorose».
Preti, uscite!
«Ai miei sacerdoti ho detto: “Fate tutto quello che dovete, i vostri doveri ministeriali li sapete, prendetevi le vostre responsabilità e poi lasciate aperta la porta”. I nostri sociologi religiosi ci dicono che l’influsso di una parrocchia è di seicento metri intorno a questa. A Buenos Aires ci sono circa duemila metri tra una parrocchia e l’altra. Ho detto allora ai sacerdoti: “Se potete, affittate un garage e, se trovate qualche laico disposto, che vada! Stia un po’ con quella gente, faccia un po’ di catechesi e dia pure la comunione se glielo chiedono”. Un parroco mi ha detto: “Ma padre, se facciamo questo la gente poi non viene più in chiesa”. “Ma perché?” gli ho chiesto: “Adesso vengono a messa?”. “No”, ha risposto. E allora! Uscire da sé stessi è uscire anche dal recinto dell’orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è di Dio. Questo vale anche per i laici…».