Dario Di Vico, Corriere della Sera 29/3/2013, 29 marzo 2013
RITROVIAMO FIDUCIA NELLE BANCHE UE: IL PRESIDENTE DELL’EUROGRUPPO SI DIMETTA
L’Eurogruppo dovrebbe valutare l’ipotesi che il suo neopresidente, il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem, si dimetta. Non è mai successo prima che i ministri economici dell’area euro fossero anche solo sfiorati da un’idea del genere e lo stesso vale per il Consiglio europeo, che riunisce i capi di Stato e di governo. Il solo precedente di rilievo sono le dimissioni nel 1999 della Commissione europea allora guidata da Jacques Santer. All’epoca Santer lasciò per anticipare il voto di sfiducia dell’Europarlamento, vista la sua gestione maldestra dello scandalo personale attorno a uno dei suoi commissari. Anche questa volta la questione va affrontata prima che si trasformi da personale in istituzionale e sistemica. Se Jeroen Dijsselbloem dovrebbe dimettersi da presidente dell’Eurogruppo, non è tanto per la gestione pasticciata del piano per Cipro: questa ha molti responsabili, in una situazione oggettivamente complessa. Il problema non è neppure la tendenza del presidente dell’Eurogruppo a lanciarsi in affermazioni per le quali non ha mandato: oltre a quella secondo cui il piano per Cipro sarebbe «un modello» per altri futuri interventi, anche la pretesa - di fronte al parlamento olandese - che l’Europa avrà diritto a incassare i proventi eventuali dei giacimenti di gas dell’isola. Paradossalmente, il motivo per cui sarebbe giusto che Dijsselbloem lasciasse non è neppure il fatto che quasi tutti lo hanno contraddetto. Il presidente francese, il premier spagnolo, vari esponenti di vertice della Bce e il governo tedesco hanno tutti spiegato che Cipro, con il prelievo forzoso sui depositi e i controlli sui capitali, non è un «modello», ma un caso unico (solo l’Italia per ora è rimasta in silenzio). Il motivo perché l’Eurogruppo si trovi un altro presidente è diverso: le dimissioni di Dijsselbloem sono il modo migliore, forse il solo, per dimostrare che ciò che lui ha detto sulle banche non è vero. Sono il modo per riportare fiducia, oggi incrinata dalle sue parole, nelle banche di quella che Dijsselbloem definisce la «periferia» dell’area euro. In questa «periferia» decine di milioni di famiglie affrontano sacrifici dolorosi per stabilizzare i propri Paesi. Rischiare di vanificarli con una frase rivolta ai propri elettori nazionali è del tutto fuori luogo.] L’Eurogruppo dovrebbe valutare l’ipotesi che il suo neopresidente, il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem, si dimetta. Non è mai successo prima che i ministri economici dell’area euro fossero anche solo sfiorati da un’idea del genere e lo stesso vale per il Consiglio europeo, che riunisce i capi di Stato e di governo. Il solo precedente di rilievo sono le dimissioni nel 1999 della Commissione europea allora guidata da Jacques Santer.
All’epoca Santer lasciò per anticipare il voto di sfiducia dell’Europarlamento, vista la sua gestione maldestra dello scandalo personale attorno a uno dei suoi commissari. Anche questa volta la questione va affrontata prima che si trasformi da personale in istituzionale e sistemica. Se Jeroen Dijsselbloem dovrebbe dimettersi da presidente dell’Eurogruppo, non è tanto per la gestione pasticciata del piano per Cipro: questa ha molti responsabili, in una situazione oggettivamente complessa. Il problema non è neppure la tendenza del presidente dell’Eurogruppo a lanciarsi in affermazioni per le quali non ha mandato: oltre a quella secondo cui il piano per Cipro sarebbe «un modello» per altri futuri interventi, anche la pretesa - di fronte al parlamento olandese - che l’Europa avrà diritto a incassare i proventi eventuali dei giacimenti di gas dell’isola. Paradossalmente, il motivo per cui sarebbe giusto che Dijsselbloem lasciasse non è neppure il fatto che quasi tutti lo hanno contraddetto. Il presidente francese, il premier spagnolo, vari esponenti di vertice della Bce e il governo tedesco hanno tutti spiegato che Cipro, con il prelievo forzoso sui depositi e i controlli sui capitali, non è un «modello», ma un caso unico (solo l’Italia per ora è rimasta in silenzio).
Il motivo perché l’Eurogruppo si trovi un altro presidente è diverso: le dimissioni di Dijsselbloem sono il modo migliore, forse il solo, per dimostrare che ciò che lui ha detto sulle banche non è vero. Sono il modo per riportare fiducia, oggi incrinata dalle sue parole, nelle banche di quella che Dijsselbloem definisce la «periferia» dell’area euro. In questa «periferia» decine di milioni di famiglie affrontano sacrifici dolorosi per stabilizzare i propri Paesi. Rischiare di vanificarli con una frase rivolta ai propri elettori nazionali è del tutto fuori luogo.