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 2013  marzo 29 Venerdì calendario

IL TESORO ANGIOLILLO ERA A MONTECARLO SI COMPLICA LA POSIZIONE DEL FIGLIO

CAMPOBASSO — Cento milioni di euro di gioielli che facevano parte dell’eredità di Renato Angiolillo, fondatore del quotidiano “Il Tempo” e deceduto nel 1973, erano scomparsi nel nulla. Zaffiri, diamanti, smeraldi e rubini: un tesoro dal valore stratosferico. Si erano misteriosamente volatilizzati quattro anni fa, il giorno della morte della sua seconda moglie, Maria Girani (regina dei salotti romani), che era diventata la tenutaria di quei beni.
Ieri però, i carabinieri di Campobasso durante una perquisizione in un appartamento di Montecarlo, hanno ritrovato parte di quel tesoro. E secondo gli inquirenti l’abitazione dove sono spuntati fuori i gioielli è riconducibile a Marco Oreste Bianchi Milella, figlio di primo letto di Maria Girani, vedova di Angiolillo, scomparsa nel 2009.
Milella, oggi manager di 40 anni e residente a Montecarlo, aveva sempre negato ogni responsabilità rispetto alla sparizione dei preziosi. «Non so dove siano quei gioielli» aveva risposto alle pressanti richieste degli eredi Angiolillo. Ma a farlo finire sul registro degli indagati della procura
di Campobasso con l’accusa di appropriazione inedita, sono state alcune intercettazioni captate casualmente dalla procura di Firenze nel corso di un’altra
indagine (l’inchiesta sull’azienda farmaceutica Menarini). Conversazioni telefoniche dove Milella discuteva dei gioielli con i domestici che lavorano nell’appartamento
della madre.
Ascoltate quelle intercettazioni il sostituto procuratore Fabio Papa ha disposto la perquisizione. Ma non è tutto, la procura di Campobasso ha convocato per un interrogatorio — che si svolgerà presso gli uffici della procura di Roma — anche Gianni Letta, che verrà ascoltato come “persona informata dei fatti”.
Il pm Papa vuole sapere da Letta (che all’epoca era uno dei coadiuvanti dell’esecutore testamentario) se Angiolillo quando nell’estate del 1973, pochi giorni prima di morire, sottoscrisse le sue volontà (due testamenti), era capace di intendere e di volere.
Infatti, secondo una perizia medico-legale degli eredi, all’epoca Renato Angiolillo «non era assolutamente nelle sue piene facoltà mentali», in quanto affetto da neoplasia celebrale e reduce da un grave intervento. E fu proprio in quello stato di salute — secondo l’accusa — che sottoscrisse davanti agli esecutori testamentari atti fondamentali per la spartizione di quel tesoro (gioielli, immobili e altri beni). Quote dello storico quotidiano romano comprese.