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 2013  marzo 29 Venerdì calendario

UN VIETCONG TRICOLORE CHE IMBRACCIA UN PC

Pierluigi Bersani non ha ancora capito che il Pd è come un’America potente di mezzi ma affaticato dalla ripetizione onanistica di schemi di gioco politico superati. Purtroppo un Bersani così impacciato ha di fronte a sé un Beppe Grillo che, invece, non ha minuetti da rispettare, né falangi da tenere in conto. Grillo quindi, nel suo duello con Bersani, è imprevedibile perché opera da vietcong, cambiando continuamente il terreno di scontro, modificando le armi usate, mutando gli abbigliamenti e scompaginando le regole codificate dalla nomenclatura.

Anche ieri, mentre dopo l’incontro della delegazione dell’M5S con Bersani tutto doveva rimanere calmo, non essendoci altro da dibattere, Grillo, da vero vietcong, ha preso l’iniziativa dicendo, via pc, che il Parlamento può legiferare anche se non c’è il governo e che lui l’agenda sulla quale garantire in blocco il voto dei grillini ce l’ha e ha elencato i temi che sarebbe disposto a votare subito. Davanti a un Grillo movimentista fino al punto di diventare immateriale (non a caso parlava col pc mentre potrebbe essere anche in Mesopotamia), c’è un Bersani che, purtroppo, si è autoirrigidito come un totem, tagliandosi da solo ogni via di fuga. Bersani, comportandosi come una Lucia Annunziata qualsiasi (questa però mira all’audience, non al governo del Paese), ancor prima di scendere in campo, ha scomunicato il 30% dell’elettorato italiano, definendolo, anche lui, come «impresentabile».

Bersani quindi si è azzoppato da solo contro il parere di Massimo d’Alema (che è stato fragorosamente esplicito su questo punto, dato che ha reso noto la sua posizione in una intervista al Corriere della Sera, non dietro un separé dell’Ambra Jovinelli). D’Alema avrà tutti i difetti e le presunzioni del mondo, ma è sicuramente uno che di politica se ne intende. Non la politica delle osterie della Bassa (dove «si fa girare la ruota» e si scolano placidamente scodellini di rosso rievocando con nostalgia l’epoca delle grandi ubriacature ideologiche) ma la politica di D’Alema è quella degli scontri fra le grandi forze politiche. D’Alema infatti, la carta del Pdl, non l’avrebbe gettata via con disprezzo ma l’avrebbe gestita con la sua tradizionale spregiudicatezza. Da vero player.