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 2013  marzo 23 Sabato calendario

GERMANIA, I PASTORI SONO DONNE


Padre padrone, dei fratelli Taviani, ebbe grande successo in Germania, oltre trent’anni fa. La vita dei pastori sardi affascinò i tedeschi. Il pastore esercita uno dei mestieri più antichi al mondo, forse il più antico. Da 5 mila anni si conducono le pecore per i pascoli, attenti ai lupi e alle volpi, ed è ancora un mestiere con un futuro, scrive la Süddeutsche Zeitung. Si vive all’aria aperta, non si hanno padroni come in Sardegna, o sono lontani, e lasciano ognuno libero di organizzare le proprie giornate. Ed è ben pagato, almeno 1.500 euro al mese per chi inizia, fino a una media di 1.800-2.000 euro. Un operaio alla catena di montaggio guadagna poco di più e conduce una vita stressante.
In Germania, in circa 20 mila aziende agricole vengono allevate pecore, per un totale di 3,6 milioni di capi. Le offerte di lavoro non mancano, e i pastori con esperienza sono molto ricercati. In Baviera, i pastori professionisti sono appena 400, e l’età media è di cinquant’anni. Ogni giovane che chieda di imparare il mestiere è ben accolto. Dall’inizio della primavera a fine autunno si vaga di pascolo in pascolo e, dopo dieci mesi, si riporta il gregge nella stalla, ma il lavoro è molto più complesso di quanto si creda: bisogna avere conoscenze veterinarie, assistere alla nascita degli agnelli, saper tosare il vello, e anche macellare i capi e preparare la carne.
Il mestiere non è cambiato con il passare dei secoli, ma ora si sono aggiunti nuovi problemi. Non si vive solo con la lana e la carne. Un chilo si vende oggi per appena 1,90 euro, non abbastanza per coprire i costi. Ieri bastava un cane per tenere sotto controllo un gregge di centinaia di pecore, oggi ogni capo ha un chip elettronico che ne indica la posizione. Gli Schäfer, i pastori, sono dotati di navigatore e di computer per non perdere gli animali e sapere indicare sempre la propria posizione. Sono operatori a cui viene affidata anche la tutela dell’ambiente: vagando per mesi all’aria aperta, possono controllare lo stato di salute degli alberi o l’inquinamento delle acque, e segnalare in tempo le zone critiche alle guardie forestali. Senza i pastori, molti pascoli si trasformerebbero in terreno selvaggio, e impraticabile.
Ampi territori sono riservati alle pecore, e altri sono vietati. Non si vaga a proprio piacimento. E la pastorizia viene ricompensata dall’Unione europea e dalle regioni tedesche: in media si ricevono 270 euro per ogni ettaro utilizzato per il pascolo, e un gregge di un migliaio di capi ha a disposizione da 100 a 150 ettari. Un grande affare? Una sovvenzione che serve per andare alla pari. I costi sono elevati, e spesso i pascoli sono lontani e le pecore vanno trasportate in camion, e poi riportate alla stalla alla fine dell’autunno. Il nemico numero uno non sono più i lupi come nel Medioevo, ma la burocrazia. Ogni pastore deve riempire una quantità di documenti da inviare a Bruxelles, dettagliando l’attività svolta.
Un lavoro che spesso è svolto in famiglia, come in Padre padrone. Gli utili vengono divisi tra genitori e figli e, in media, una piccola azienda autonoma arriva a guadagnare intorno ai 30 mila euro all’anno. Non molto, ma non ci sono spese per l’alloggio e il vitto. L’apprendistato è regolato da leggi statali, e dura tre anni. E la metà degli allievi pastore sono ragazze. Sono le più brave come veterinarie, e le più brave nel tosare le pecore. Il lavoro non è fisicamente molto pesante, ma serve un particolare spirito di osservazione, e un sesto senso per intuire i problemi di un gregge. Doti femminili, al di là dei pregiudizi. Meglio le signore di un padre padrone.