Roberto Giardina, ItaliaOggi 26/3/2013, 26 marzo 2013
DIFFICILE NON ESSERE PIÙ TEDESCO
Difficile diventare tedesco, comunque sempre meno che conquistare la cittadinanza italiana. Ma ancor più difficile è smettere di essere tedesco. Il fatto non è previsto; nella patria di Frau Merkel non si arriva neanche a sospettare che qualcuno possa rinunciare all’ambìto passaporto con l’aquila prussiana.
Ora un gelataio italiano ha messo in difficoltà la burocrazia tedesca: «Adesso basta!», ha esclamato André Rizzello, 42 anni, di Solingen, dopo aver ascoltato il leader socialdemocratico Peer Steinbrück affermare che alle ultime elezioni italiane avevano vinto due clown, Silvio e Beppe. Rizzello ha preso il passaporto ed è andato veloce al Bürgeramt, l’ufficio per i rapporti con i cittadini al municipio. E lo ha consegnato a un’impiegata esterrefatta: «Ecco qui, non lo voglio più». Mica così semplice.
Alla vicenda dedica un’intera pagina, più la pubblicità, la Welt am Sonntag, con il titolo «Der Mann, der kein Deutscher mehr sein will», l’uomo che non vuole più essere tedesco. All’onore italico ferito aveva già provveduto il presidente Giorgio Napolitano, in visita a Berlino, annullando l’incontro con l’arrogante Peer, criticato anche da buona parte dei suoi connazionali. Ma ad André questo non è bastato. Si è sentito offeso in prima persona. Eppure il gelataio della città famosa, un tempo, per le sue lame d’acciaio, tedesco lo è a pieno diritto: «C’è una differenza tra un pezzo di carta, un documento», spiega, «e le radici. Il mio cuore rimane tedesco per metà». Rizzello è nato nel 1970 quando cancelliere era Willy Brandt, il 9 di novembre, giorno fatidico per la storia tedesca, a Solingen. Padre italiano, madre tedesca. Come Giovanni Di Lorenzo, l’attuale direttore della Zeit, il settimanale più intellettuale di Germania, di padre ferrarese. Il nome André è un buon compromesso tra Andrea, che qui in Germania è un nome di donna, e Andreas, che non piaceva però a papà. A sette anni Rizzello è tornato a Lecce, a vent’anni eccolo di nuovo a Solingen dove rileva un Eiscafé, una gelateria italiana, che non manca in nessun paese, in nessun quartiere di grande città.
Alto un metro e novanta, solo gli occhi forse tradiscono le origini meridionali: «Trovo insopportabile che in Germania sopravvivano sempre gli stessi pregiudizi, Italia uguale mafia, cappuccino, pizza. Ognuno di noi ha il dovere di far qualcosa». Non è che chiuda gli occhi sui nostri problemi, aggiunge, e ha anche inviato una lunga e-mail al partito di Herr Silvio per spiegare in che condizione siano costretti a vivere gli italiani all’estero per colpa di qualche nostro politico. Credeva che il suo gran rifiuto potesse avvenire senza perdita di tempo. Invece l’impiegata, non sapendo che fare, l’ha rimandato a un altro ufficio, un po’ come avviene da noi. Qui un collega ha accettato malvolentieri il Pass numero 5830164582D e ha guidato il signor Rizzello in un terzo ufficio, dove già erano stati avvertiti e lo aspettavano. Infine gli hanno consegnato una guida di quattro pagine in cui si spiegavano la complessa procedura e tutti i documenti necessari.
Il punto essenziale è che si deve spiegare il motivo per cui si rinuncia. Quindi è dovuto tornare con la carta d’identità tedesca, il certificato di nascita, l’atto di richiesta della residenza, una copia della carta d’identità italiana, ma la funzionaria non ha accolto la richiesta. Mancava una dichiarazione del nostro consolato che autenticasse il passaporto italiano. Dopo un paio di settimane è stata avviata la procedura di, come dire, detedesticazione. Il giornale di Solingen ha raccontato la vicenda, e sono cominciati ad arrivare gli insulti per e-mail, per posta, per telefono: «Italiano, tornatene a casa». Andrè rischiava di perdere parte della clientela. Ma ha tenuto duro: «Casa mia è Solingen. E se al mio paese, a Taurisano, parlassero male della Germania, io restituirei il mio passaporto italiano».
Essere cittadino europeo, per il gelataio di Solingen, non è una frase retorica. Forse meriterebbe un’onorificenza, la Croce di Cavaliere, anzi due, anche la Ritterkreuz della Repubblica Federale. Ma non gli importa: basta che gli abitanti di Solingen vengano ancora da lui a gustare le sue coppe con la panna. I clienti lo hanno capito.