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 2013  marzo 27 Mercoledì calendario

LA GIUSTIZIA-SCHETTINO NAUFRAGA SULLO SCOGLIO-AMANDA

Guardate con dolore l’isteria, la schizofrenia, la decadenza internazionale del nostro Paese, della sua diplomazia, del diritto, della forza e autorevolezza. C’è l’assassino e bestseller Cesare Battisti, panza al sole a Rio, e ci sono i marò che si credevano in servizio per il Paese imballati e rispediti in India, praticamente fucilati in Italia; però c’è di nuovo la storia infinita di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, che non sono diversi a ben vedere dalle Sabrina e dai Michele dell’omicidio di Sara Scazzi, pupazzi mediatici in balia del pregiudizio nazional popolare, dell’incapacità giudiziaria, dell’impunibilità di chi sbaglia a giudicare. La patria del diritto, che saremmo noi, fa ridere il mondo, perfino i brasiliani degli squadroni della morte, figurarsi gli americani che a noi fanno orrore per via della pena di morte quasi oscurata ma ancora contemplata. È così, siamo uno zimbello, per l’incapacità nelle indagini, per il casino tra accusatori e giudici, per i tempi, per i ricorsi infiniti, che noi fingiamo siano frutto di garantismo ma nessuno ci crede.
«La legge italiana non può forzare Knox a tornare dagli Stati Uniti per un nuovo processo», ha scritto in compagnia debordante il Seattle Times, quotidiano della città dello Stato di Washington in cui Amanda Knox è tornata dopo l’assoluzione in appello nel 2011. «Se Amanda non si presenterà in Italia potrà essere accusata di oltraggio alla Corte, ma questo non comporta ulteriori pene». Certo, l’Italia potrebbe chiedere l’estradizione della ragazza al governo americano, ma si beccherebbe un sonoro rifiuto, per ragioni di orgoglio nazionale, quello che noi non pratichiamo, ma soprattutto perché la giurisprudenza americana si fonda sulla double jeopardy, che impedisce alla magistratura di perseguire la stessa persona per lo stesso crimine due volte. E questo è garantismo, non l’isteria della Cassazione.
Guardate che non è pregiudizio yankee, non è prepotenza americana, è che la brutta storia del processo infinito contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito contiene molti degli elementi che concorrono a rendere la giustizia italiana una giustizia ingiusta per chiunque, qui e fuori confine, la osservi. Un imputato dovrebbe essere condannato, in Italia come in ogni Stato di diritto, solo se la sua responsabilità viene provata «al di là di ogni ragionevole dubbio». Invece da noi si arriva al «libero convincimento» del giudice non dopo un esame rigoroso dell’attendibilità delle prove, ma perché si consente all’accusa di accumulare indiscriminatamente indizi, una cortina fumogena che nasconde indagini frettolose, e debolezza di prove vere e proprie. A quel punto partono le pressioni mediatiche sollecitate dall’accusa, e la gente si scalda in forza di sensazioni, tricoteuses ai lati della ghigliottina, e pretende giustizia a ogni costo dal giudice o da una giuria; devono per forza essere angeli vendicatori o perlomeno creativi, inventori e giustizieri invece che garanti di regole e leggi, di attendibilità e congruenza delle prove. La verità?
Una ragazza è stata ammazzata più di cinque anni fa in Italia, una ragazza che era venuta in Italia a studiare, e la giustizia che doveva pareggiare il conto con la sua morte si è subito piegata alla parte di una brutta soap, la bella assassina dominatrice e puttana, il giovanotto carino e fesso, soggiogato e plagiato. Sono stati in galera millecinquecento giorni, ma le perizie erano tutte sbagliate, il Dna di lei era amido di patate, l’impronta della scarpa di lui sul tappetino del bagno era di un’altra misura, il barbone aveva visto lei non quella sera ma la sera precedente. Però erano perfetti come assassini, e si baciavano, poi si accusavano, lei si rilassava con la ginnastica durante una notte di interrogatorio in una lingua non sua, lei sparava il nome di un assassino a caso, sempre in una lingua non sua e senza l’assistenza di un difensore, sempre lei indossava maglietta provocatrice con su scritto «All you need is love». Il vero assassino, reo confesso e in galera, non è mai stato così interessante. Al cinema o in tv l’avrebbero scagionato e intrappolato la coppia diabolica. Ora ci stanno provando un’altra volta, e con che virulenza, perché l’assoluzione, si raccontano tra pubblici accusatori italiani, è stata un cedimento allo strapotere americano. In piazza, anzi in tribunale, contro l’imperialismo, pazienza se sarà un rito stanco e senza imputati. Resistere, resistere, questa è la parola d’ordine.