Francesco De Dominicis, Libero 27/3/2013, 27 marzo 2013
ESODATI, TASSATI, LICENZIATI È IL GOVERNO PEGGIORE
Fosse stato il primo «incidente», quello sui marò, la valutazione sarebbe stata diversa. Tuttavia, la questione dei due militari italiani rispediti in India per essere processati con modalità ancora da verificare, è solo l’ultimo di una sfilza di pasticci messi in fila dal governo guidato da Mario Monti. Dagli esodati ai debiti della pubblica amministrazione, dal fisco al rigore sui conti pubblici, qualsiasi decisione o misura varata dai cosiddetti tecnici è stata oggetto di pesanti critiche. Di fatto, l’Esecutivo di super esperti chiamati a novembre 2011 a salvare l’Italia dal presunto baratro non ne ha «azzeccata » una. Ecco, qui di seguito, una rassegna degli svarioni più clamorosi.
ESODATI E PENSIONI
Con il primo atto ufficiale, cioè il decreto «Salva Italia» approvato in emergenza a dicembre 2011, si è capito subito di che pasta era fatta la squadra messa insieme da Monti. Stiamo parlando della riforma della previdenza: l’allungamento dell’età pensionabile creò un vuoto normativo lasciando in un limbo centinaia di migliaia di cosiddetti esodati, cioè persone che avevano concordato con i “datori” il prepensionamento e che, all’improvviso, si sono trovati davanti uno scenario drammatico: niente stipendio e niente assegno pensionistico. L’errore non è ancora stato risolto definitivamente.
LAVORO
La questione dell’articolo 18 è paradossale. La sostanziale abolizione delle tutele per i lavoratori licenziati era stata sbandierata come una svolta per il mercato dell’occupazione. Ma la misura non ha prodotto gli effetti sperati ed è stata bollata come «inutile» financo dalla Confindustria.
DEBITI PA
È il caso più fresco. Si tratta dei debiti della pubblica amministrazione: 90-100 miliardi di euro che Stato centrale ed enti locali non pagano alle imprese fornitrici da anni. Il piano approvato nel 2012 - che prevedeva il coinvolgimento delle banche con finanziamenti mascherati da anticipi - è naufragato. E l’operazione messa in piedi la scorsa settimana - 20 miliardi rimborsati nel 2013 e altri 20 miliardi nel 2014 - è stata bocciata dall’Unione europea: le casse di Roma sono state bloccate da Bruxelles.
FISCO
Quello del fisco è il capitolo più ampio. Imu, Tares, agevolazioni Irpef, Iva, bollo sui conti correnti bancari e depositi titoli. L’elenco, forse, è anche più lungo. L’introduzione dell’imposta municipale unica sulla casa ha messo in ginocchio le famiglie e l’inasprimento delle aliquote (sia sulla prima sia sulla seconda abitazione) ha fermato il mercato immobiliare. Nelle prossime settimane, poi, dovrebbero arrivare i primi bollettini della Tares, la nuova tariffa sui rifiuti che potrebbe equivalere anche il doppio rispetto alla vecchia Tarsu. E come se non bastasse il primo luglio scatta il secondo aumento Iva: dal 21% al 22%. Una stangata che potrebbe dare il colpo di grazia ai consumi,già drammaticamente fiaccati dalla recessione. Altra figuraccia sull’Irpef: dopo aver annunciato la riduzione delle aliquote più basse, la marcia indietro, compensata solo in parte dall’allargamento delle agevolazioni tributarie per le famiglie. Allargamento, in ogni caso, tutto da verificare con le prossime dichiarazioni fiscali. Già ampiamente testata la mazzata di tasse in banca: grazie all’aumento dell’imposta di bollo che ha interessato sia i conti correnti sia i dossier titoli (che ha colpito pure i piccoli risparmiatori, quelli che comprano i Bot e i Btp).
FINANZA PUBBLICA
Nonostante il rigore sui conti pubblici, il debito dello Stato è cresciuto di 110 miliardi di euro con i tecnici al Governo. Che poco ha fatto, invece, per ridurre la spesa pubblica. La spending review è stata un flop, a cominciare dal taglio delle province abbandonato nelle secche dei lavori parlamentari. La linea dell’austerity, insomma, si è rivelata controproducente. Non c’è un indicatore economico che dimostri il contrario. Il Pil è in caduta libera, i consumi sono crollati, la disoccupazione è alle stelle, falliscono migliaia di imprese e chiudono ogni giorno centinaia di negozi. Il tutto è legato al fiscal compact, cioè quel pacchetto di regole dell’Unione europea che impone ai governi il rispetto di vincoli di bilancio che strozzano l’economia.
POLITICA INDUSTRIALE
Ci sono poi i capitoli Ilva e Fiat: due faccende assai diversi,ma gestite con la medesima improvvisazione. L’acciaieria di Taranto è tuttora appesa alle decisioni della procura e l’Esecutivo non è mai riuscito a trovare una soluzione in grado di sterilizzare le decisioni dei magistrati. Risultato: sito industriale a rischio e migliaia di posti di lavoro in bilico. Nessuna presa di posizione netta nemmeno nei confronti della casa automobilistica torinese. Con il numero uno del Lingotto, Sergio Marchionne, che non è mai stato messo nell’angolo in relazione alle prospettive delle fabbriche italiane della Fiat.
E GLI ERRORI DI MONTI?
Il quadro, insomma, è davvero sconfortante. Oltre ai dossier squisitamente economici, peraltro, c’è la questione delle carceri: i provvedimenti «svuota celle» hanno fatto un buco nell’acqua e i detenuti sono aumentati. Vale la pena ricordare che il professore della Bocconi era stato chiamato dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per mettere insieme una squadra di super eroi capace di mettere una pezza dopo le fallimentari gestioni dei predecessori. Resta un dubbio: ora chi riparerà gli errori di Monti?