Simone Filippetti, Marigia Mangano, il Sole 24 Ore 27/3/2013, 27 marzo 2013
MEDIASET, CONTI IN ROSSO PER 287 MILIONI
MILANO. Per la prima volta nella sua storia Mediaset finisce in perdita. Ed è un passivo pesante. Il colosso tv della famiglia Berlusconi nel 2012 accusa un rosso da 287 milioni di euro. Non era mai accaduto. Dal 1996, anno della nascita (come spin-off dalla Fininvest) e quotazione in Borsa, la Tv commerciale del Biscione aveva sempre chiuso ogni anno con utili, staccando anche un assegno a favore del mercato. Quest’anno, invece, non ci sarà nessun dividendo.
Mediaset, paradigma dell’Italia. Il bilancio del gruppo presieduto da Fedele Confalonieri e guidato dal vicepresidente PierSilvio Berlusconi e dall’ad Giuliano Adreani è anche la fotografia della recessione economica del Paese. E soprattutto della profonda crisi dell’industria editoriale (e non solo in Italia). La tv è storicamente sempre stato un business più florido della carta stampata. E Mediaset aveva sempre battuto il mercato. Ora il mercato pubblicitario, in Italia e Spagna ha bruciato 1,6 miliardi l’anno scorso. Con pesanti ripercussioni sul bilancio dell’emittente. Il giro d’affari ha perso 530 milioni, scendendo a 3,72 miliardi. A cascata sono scesi la gestione industriale (una perdita di 235 milioni per l’Ebit contro un utile di 537 milioni del 2011) e il risultato netto. Ma il vero motivo della perdita è un altro: su quei 290 milioni di rosso pesa una maxi-svalutazione (di diritti sportivi e artistici) da 308 milioni. Una spesa una-tantum con cui a Cologno Monzese hanno deciso di fare una pesante pulizia di bilancio. Non ci fossero stati quei costi straordinari, Mediaset avrebbe sì chiuso in rosso, ma limitato a 47 milioni. Il mercato se ne aspettava 40, di perdite. Si vedrà oggi la reazione di Piazza Affari (ieri i dati sono usciti a mercati chiusi con il titolo rimasto invariato in attesa dei conti) ai numeri. Le Borse vivono di aspettative future, ma al momento, notava ieri l’analista di una prestigiosa banca d’affari, «per il 2013 non si intravedono segnali di cambio di rotta dello scenario». Allargando lo sguardo, al di là dell’anno nero 2012, gli utili di Mediaset hanno da tempo imboccato una strada discendente. Dopo l’anno dei record 2006, quando gli utili sfondarono quota 600 milioni, è iniziata una parabola calante. Nel 2011 i profitti si erano contratti a 225 milioni. E poi sono finiti addirittura in rosso. Il "malato grave" è l’Italia dove la pubblicità è scesa del 14% l’anno scorso e Publitalia, la concessionaria di Mediaset, ha accusato un -16% a 2,32 miliardi. Resiste invece la pay-tv (l’altra fonte di ricavi del gruppo): Mediaset Premium ha mosso più o meno lo stesso giro d’affari del 2012, a 518 milioni, mostrando quindi di resistere alla crisi dei consumi voluttuari. Anche la Spagna, dove Mediaset controlla Telecinco (che era anche proprietaria della casa tv di reality show Endemol, ceduta nel corso dell’anno schiacciata dai debiti), paga la crisi, ma c’è comunque un utile (50 milioni), anche se dimezzato che ha permesso di stemperare il rosso dell’Italia.
Quanto al futuro, l’azienda non si è sbilanciata in previsioni sul 2013, ma i primi due mesi, si è appreso ieri dalla conference call, sono partiti in salita: gennaio avrebbe accusato un calo della pubblicità del 15% sul 2012, che già era stato assai negativo. Per questo dal primo trimestre gli analisti non si attendono segnali di ripresa. Con il mercato pubblicitario in caduta, la leva su cui Mediaset può operare è quella del taglio dei costi: l’anno scorso sono stati risparmiati 307 milioni (sopra la soglia di 250 inizialmente fissati). Da qui al 2014 l’obiettivo è di arrivare a 450 milioni.
Ci sono anche segnali incoraggianti positivi, però, dal bilancio: la generazione di cassa è stata nettamente superiore al 2011 (245 milioni contro 144) e ha permesso di abbattere un il debito sceso da quasi 1,9 miliardi sotto la soglia di 1,7 miliardi. Oltre al buon risultato della pay-tv, si è rivelata fortunata l’acquisizione di Ei Towers (che si è confermata una mossa azzeccata), unico asset italiano in crescita.
Simone Filippetti
I FIGLI DI BERLUSCONI A CACCIA DI AFFARI –
MILANO Mediaset per la prima volta dalla sua quotazione in Borsa, che risale al 1996, ha chiuso quest’anno il bilancio in profondo rosso. Naturale non distribuire alcuna cedola. Ma ai piani alti del Biscione, nelle holding della famiglia Berlusconi, il 2012 rappresenta già il terzo anno consecutivo senza dividendi. Non a caso solo Marina, tra i figli del Cavaliere, ha deciso quest’anno di attingere alle riserve straordinarie della Holding italiana quarta per incassare un assegno di 6 milioni di euro. Silvio Berlusconi, il primogenito Piersilvio e Luigi, Barbara ed Eleonora, hanno invece deciso di accantonare il «magro» utile generato dal sistema holding. In attesa di tempi migliori, però, almeno i più giovani della famiglia di Arcore hanno iniziato ad attrezzarsi per cercare fuori dalla galassia Fininvest altri proventi. Tanto che sono pronti, come spiega la relazione del bilancio 2012, a bussare per la prima volta alla porta delle banche: «In epoca successiva alla chiusura dell’esercizio – spiega il documento – si segnala il ricorso a finanziamenti esterni al fine di incrementare le risorse finanziarie disponibili concedendo garanzie sui titoli frutto del loro investimento». Insomma, sembra che la squadra guidata da Luigi, da sempre appassionato di finanza, sia intenzionata a proseguire in quella strategia di diversificazione attuata dalla Holding italiana quattordicesima negli ultimi anni. Anche a costo di indebitarsi, ma di certo facendo anche affidamento su quei 200 milioni di euro «distribuibili» delle riserve straordinarie.
Basta scorrere il bilancio della società per capire quanto le attività «esterne» su cui hanno investito i figli di Berlusconi siano cresciute in termine di peso sugli asset totali della società. Se infatti la quota detenuta nella Fininvest, pari al 21,4%, è contabilizzata per 39 milioni, il totale delle immobilizzazioni finanziarie arriva a 51,3 milioni. Questo significa che il portafoglio partecipazioni diverso dai titoli Fininvest iscritto in bilancio pesa per il 24%. Quasi un terzo.
Ne fanno parte diverse società che spaziano dall’immobiliare a start up Internet, passando per il private equity. Per esempio, figura la partecipazione nella Bel Immobiliare Srl (acronimo di Barbara Eleonora e Luigi), il cui valore è cresciuto a bilancio da 446.240 a 463.401 euro a causa del ripianamento della perdita della controllata al 100% attiva nel real estate. Negli ultimi dodici mesi i figli di Veronica Lario hanno poi aumentato la presa su Facile.it, società che offre servizi di comparazione di polizze assicurative, raggiungendo il 20 per cento del capitale. In bilancio questa partecipazione è iscritta per 6,3 milioni. Tra le new entry del 2012, compare la società Belfin Uno, partecipata al 79,6%, che a sua volta controlla il 27% di Happyprice. Si tratta di una società proprietaria del sito www.prezzofelice.it la cui attività si concentra nel couponing e retailing online a prezzi vantaggiosi. Belfin ha in tasca delle opzioni fino al 40%. E ancora: dopo la chiusura del bilancio è stata costituita la società B Cinque Srl, partecipata al 66,7% dalla holding quattrordicesima e per il resto dagli altri due figli del Cavaliere Marina e Piersilvio. Questo veicolo ha già chiuso la prima operazione: con un finanziamento erogato dalla holding di 2 milioni di euro ha acquistato il 7,69% di Payleven Holding Gmbh, una società tedesca specializzata nel settore dei pagamenti con carte di debito e di credito tramite smartphones. Completano il portafoglio dei Berlusconi Junior la quota investita in Sator, il fondo di private equity di Matteo Arpe, ExpoBee Incorporated, attiva nel business delle fiere e la partecipazione (quasi storica) nella società biomedicale MolMed.
Marigia Mangano