Tonia Mastrobuoni, La Stampa 27/3/2013, 27 marzo 2013
LA SOLUZIONE "ALLA TEDESCA" CHE STA SPACCANDO L’EUROPA
La sera che il Parlamento di Nicosia ha bocciato il primo accordo europeo, quello che prevedeva il prelievo anche sotto i conti da 100mila euro, Wolfgang Schäuble si è lasciato andare a un duro sfogo contro il presidente cipriota Anastasiades. «Gli avevamo chiesto se era sicuro che sarebbe passato un accordo così pesante. Ci ha risposto di non preoccuparci per il prelievo sui conti sotto i 100 mila euro: l’importante era non tassare quelli superiori a due cifre», ha rivelato il ministro delle Finanze tedesco durante una cena. Il prelievo per i “ricchi” è stato dunque fissato al 9,9%, ma il piano è fallito miseramente. Tuttavia, la cosa più interessante di quella cena non è la tirata contro Nicosia. È la conclusione del ragionamento di Schäuble.
«Comunque - ha detto il tedesco, secondo una fonte presente alla cena non sono affatto preoccupato. I mercati non si muovono, non hanno reagito all’Italia, non stanno reagendo a Cipro. La Bce è un buon paracadute. E noi possiamo occuparci dei nostri interessi nazionali». Un ragionamento che gioca col fuoco, che scommette sul fatto che i mercati non andranno a verificare la solidità della promessa di Draghi sul «faremo di tutto per preservare l’euro» né la possibilità reale che lo scudo anti-spread possa essere attivato senza ostacoli, se necessario. Ma tant’è. Il messaggio è che il ministro tedesco guarda anzitutto alle elezioni tedesche e all’insofferenza crescente in Germania e nel Nordeuropa nei confronti dei Paesi periferici, percepiti come inaffidabili, quasi irrimedibili. L’impasse post-elettorale dell’Italia, fra l’altro, non contribuisce a migliorare il clima.
Ma è un pensiero, quello di Schãuble, che segnala un cambio di paradigma pericoloso, per l’Europa, e che è stato già calato nell’accordo di Cipro. E nell’ormai famosa intervista al Financial Times del presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem - poi smentita - in cui si parlava di un “Modello Cipro” e del fatto che ci dobbiamo scordare le ricapitalizzazioni dirette delle banche. «Djisselbloem ha sbagliato a dire quello che ha detto» si è affrettato a dire ieri il membro del comitato esecutivo della Bce Coeurè, per il quale «l’esperienza di Cipro non è un modello per il resto della zona euro». È evidente, però, che l’intesa risponde al principio dell’”ognun per sé”, e stabilisce un precedente.
È altrettanto chiaro che nella ridda di voci di questi giorni si sente la mancanza della voce più autorevole: Mario Draghi. Il presidente della Bce, che per approvare lo scudo anti-spread a settembre ha avuto bisogno della copertura politica del governo tedesco, in questi giorni tace. Un silenzio pesante, tanto più alla luce del risultato di un umore nel Nordeuropa che rischia di minare i progetti sulla convergenza finanziaria, in nome della nazionalistica weltanschauung germanica. Non a caso il ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn ha attaccato pesantemente il paese di Angela Merkel, accusandolo di «battersi per l’egemonia» dell’Eurozona, attraverso l’imposizione a Cipro di un esempio da seguire.
È legittimo pensare insomma, alla luce del caso Cipro e dello sdoganamento del “bail-in”, del principio che a pagare debbano essere anche gli azionisti e obbligazionisti, che la strada per l’unione bancaria potrebbe essere in salita. Non tanto per la supervisione, che è in cammino, ma per gli altri due pilastri: il fondo di risoluzione e quello di garanzia, che implicano l’interesse a mettere in comune i rischi - idea che al momento sembra sempre meno condivisa, soprattutto nel Nordeuropa. Non a caso il presidente francese Hollande ha tuonato ieri che la garanzia dei depositi bancari deve essere «un principio assoluto e irrevocabile» all’interno dell’Ue. Speriamo mantenga la stessa verve per il prossimo vertice europeo.