Mattia Feltri, 27/3/2013, 27 marzo 2013
NESSUNO SIEDE A DESTRA
Il problema, sempre che di problema si tratti, è che la destra non c’è più. Non c’è più neanche la sinistra.
E da un paio di legislature: qui sopravvivono Nichi Vendola e pochi vendoliani che coi rossi non c’entrano più nulla; e però stare (e sedersi) a sinistra è sempre stato chic, molto ma molto più che il viceversa, e non c’è chi abbia rifiutato la collocazione e una simbolica eredità.
Invece nessuno vuole avere a che fare coi banchi che furono di Giorgio Almirante, Pino Rauti e Pino Romualdi. Eh no, a questo giro sono tutti centristi. Certamente lo è Mario Monti. Tali si definiscono i grillini, se non altro per sintesi fra NoTav e CasaPound. E così pure Silvio Berlusconi, il più titolato della compagnia poiché il Pdl aderisce al Partito popolare europeo. Di farsi schiacciare laggiù, come un Msi qualsiasi, non se ne parla.
Alla fine qualcuno dovrà ben piegarsi alla matematica: in seicentotrenta sono e seicentotrenta sono le seggiole, ma la piccola querelle geografica dimostra che il ventennio berlusconiano ha fatto più male alla destra italiana - quella diretta discendente del fascismo - ben più di quanto gliene fece Benito Mussolini.
Allora riemerse un partitino sputazzato che si rinserrò e sopravvisse nell’orgoglio, persino di essere impresentabile ed escluso dai confini costituzionali. Stavolta tutto ciò che rimane è qualche sedia vuota che, prima o dopo, ospiterà un classico tafanario democristiano.