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 2013  marzo 27 Mercoledì calendario

Non ho alcuna competenza per giudicare il giornalismo italiano. Ho una mia idea sui vari giornalisti che seguo e leggo, ma nulla di oggettivo

Non ho alcuna competenza per giudicare il giornalismo italiano. Ho una mia idea sui vari giornalisti che seguo e leggo, ma nulla di oggettivo. Ho, invece, sufficienti conoscenze per giudicare il giornalismo giudiziario, almeno quanto ai contenuti, ed il giudizio è impietoso. In Italia sono davvero pochi coloro che scrivono di giudiziaria, con quel minimo bagaglio culturale necessario per evitare di fare disinformazione. L’ ultimo caso , in questi giorni. Leggevo un giornale online che mi piace molto, e mi ritrovo un pezzo sulla condanna di Dell’ Utri, che conteneva osservazioni, per usare un eufemismo, imprecise e del tutto fuorvianti circa il funzionamento del processo in Italia. La tesi di fondo, sostenuta dall’ autore, si basa sul contrasto ( diciamo sin da subito apparente, e poi vedremo perchè ) tra l’ annullamento della condanna, da parte della Cassazione di un anno fa, e la nuova sentenza che infligge la stessa pena della sentenza cassata. Per muovere la sua critica ci si basa sulle parole del P.G., che aveva effettivamente criticato la sentenza della Corte d’ Appello di Palermo, sia sotto il profilo motivazionale, che sotto quello sostanziale del reato contestato all’ ex senatore. Da questo contrasto il dubbio: ci si può fidare di una giustizia che in pochi mesi dà due versioni contrastanti della stessa vicenda? Partiamo dal profilo sostanziale. Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa ( artt. 110 e 416 bis c.p. ) è un reato di complessa individuazione, e parte della dottrina, in effetti, lo critica. Ma è una figura riconosciuta dalla giurisprudenza, ritenuta fondamentale per colpire la zona grigia che si crea attorno ad una consorteria mafiosa, nei casi in cui ad un soggetto non può essere contestata l’ associazione vera e propria, né il favoreggiamento. Vero è che raramente in Cassazione, almeno negli ultimi anni, questo reato è stato riconosciuto, ma anche in casi in cui gli ermellini hanno assolto l’imputato, hanno comunque precisato i contorni di questa figura delittuosa ( le più famose, tra le ultime, le sentenze Mannino ). Ma l’ annullamento deriva da profili processuali, e non sostanziali. I motivi, su cui si basa la sentenza della Cassazione, attengono al vuoto motivazionale circa le condotte che Dell’ Utri avrebbe mantenuto nell’ arco temporale post 78. In pratica, motivavano a Roma, se l’ accusa era che l’ ex Senatore avesse rafforzato la consorteria mafiosa, facendo da tramite per i pagamenti che Fininvest faceva a Cosa Nostra, in cosa sarebbe consisto il suo apporto causale, nel momento in cui Dell’ Utri si era allontanato da Berlusconi, per lavorare con un altro imprenditore? Secondo i supremi giudici, la Corte territoriale non aveva esplicato sufficientemente, in motivazione, circa questo passaggio. Da qui l’ annullamento, ed il rinvio ad una nuova Corte d’ Appello palermitana, affinchè rivedesse il materiale probatorio, e colmasse, ove possibile, la lacuna. E questo ha fatto qualche giorno fa la Corte del capoluogo siciliano. La condanna dimostra ( salvo un nuovo annullamento della Cassazione ) che le prove circa il rafforzamento della consorteria mafiosa, sono valide anche per quel periodo, e dovrà ora, la Corte d’ Appello, motivare circa questi comportamenti illegali; ove non vi riuscisse, o lo facesse in maniera lacunosa o contraddittoria, si avrà un nuovo annullamento. Ma questo non significa, in alcun modo, che vi sia stato un contrasto, per il semplice fatto che la Cassazione non entra nel merito delle accuse, non sovrappone una propria lettura degli atti a quella dei giudici di secondo grado, valuta solo l’ esistenza e la congruità della loro motivazione. Dunque nessun contrasto, tale da far gridare allo scandalo, e nessun motivo per perdere fiducia nella giustizia; anzi questa vicenda prova l’ opposto. Se una Corte condanna, ma non è in grado di motivare correttamente e logicamente una sentenza, vi è la Cassazione che interviene. Se poi al nuovo processo di appello, la condanna viene confermata, vi è da pensare che, evidentemente, le prove raccolte siano abbastanza robuste da passare ad un terzo vaglio giudiziale. Peraltro, proprio ieri, la Cassazione ha fatto l’ inverso, ha annullato una sentenza di assoluzione ( quella del processo di Perugia ), sempre per gli stessi motivi, ed ora una nuova Corte d’ Appello dovrà riesaminare il materiale probatorio. Per concludere, dunque, questa vicenda non solo non fa venire meno la fiducia nel funzionamento della giustizia, anzi la rafforza. Di contro, leggere certe interpretazioni, in un giornale autorevole, da parte di giuristi improvvisati, non fa alcun bene al giornalismo italiano.