Luca Pisapia, il Fatto Quotidiano 25/3/2013, 25 marzo 2013
DA OBAMA ALL’IRAN L’UNICA FEDE COMUNE
Tutti sono tifosi, per passione o per convenienza. Anche i potenti della terra, spesso per il secondo motivo, non disdegnano di farsi vedere nelle comode tribune autorità ad applaudire i loro beniamini o presunti tali. Alcuni invece sono appassionati fin da quando erano bambini, come Papa Francesco I del San Lorenzo, o viceversa, come nel caso più unico che raro di Andreotti che ama ripetere di essere tifoso della Roma fin dalla nascita... della squadra. E così se Bergoglio della squadra del barrio de Boedo è anche socio, la presidentessa argentina Cristina Kirchner, con cui non sono mancate frizioni, anche nel calcio guarda altrove e preferisce il Gimnasia La Plata. E, per questioni di business, è stata vicina ai rivali cittadini del Boca Juniors, la squadra dove esplose Diego Maradona: campione argentino di cui sono dichiarati estimatori, nonché intimi amici, diversi presidenti dell’America Latina, da Fidel Castro a Evo Morales al compianto Chavez. E il pibe de oro - oltre che le ingenti commesse petrolifere e una certa diffidenza verso gli Stati Uniti - è anche il trait d’union tra i suddetti presidenti bolivaristi e Ahmadinejad, che Diego a più riprese ha cercato di portarselo a Teheran come commissario tecnico della nazionale iraniana.
RESTANDO in quello che potrebbe essere definito l’asse del male calcistico, da rilevare come Hezbollah in Libano possegga addirittura una squadra, Al Ahed. Mentre la storia vuole che Osama bin Laden fosse un esigente supporter dell’Arsenal, la squadra di cui è tifoso Nick Hornby, che non è un politico ma lo scrittore inglese che ha sdoganato il tifo calcistico a livello planetario con i suoi libri facili e divertenti. E siccome negli Stati Uniti il soccer non è ancora diffuso, Obama il giorno in cui è stato eletto per la prima volta si è fatto riprendere mentre giocava a basket. Ed essendo di Chicago le sue simpatie non possono che andare ai Bulls del suo amico Micheal Jordan e, nel baseball, ai molto meno vincenti White Sox.
In Europa invece nel connubio tra tifo e potere la fa ovviamente da padrone il calcio. D’altronde, come ammoniva Luciano Bianciardi “lo studio attento delle tattiche calcistiche può giovare anche all’intellettuale, come giova al politico, al sacerdote, al dirigente, a chiunque insomma debba vivere in mezzo agli uomini e intenda prosperarvi”, non può quindi sorprendere l’attenzione che politici di tutte le risme dedicano allo sport più seguito. In Italia qualcuno ci ha costruito buona parte della sua immagine vincente, e il recente acquisto di un noto giocatore è stato da costui valutato non solo per i gol che avrebbe aggiunto all’attacco, ma anche per i voti che avrebbe portato in dote nelle urne. E se in Francia l’ex presidente Sarkozy ha consigliato al suo socio d’affari, l’emiro del Qatar Al Thani, l’acquisto del Paris Saint-German, in Russia Putin - esperto e appassionato judoka - si è speso perché Gazprom comprasse lo Zenit di San Pietroburgo, la sua città, che da allora ha cominciato a vincere. D’altronde, senza volere fare allusioni, è facile notare come sia il Bologna che lo Schalke 04 ben sei dei loro sette scudetti vinti li abbiano ottenuti negli anni in cui erano al potere Mussolini e Hitler, che di queste squadre erano grandi tifosi. E come durante gli anni di Franco nasce la leggenda del Real Madrid. Quasi un secolo dopo, se in Spagna il Real rimane la squadra preferita del premier Rajoy, in Italia il primo ministro in pectore Bersani (?) è della Juventus e in Germania la Merkel sostiene il misconosciuto Energie Cottbus, di cui è membro onorario. Oltre alle squadre di club, una vetrina notevole la offrono le nazionali. Lo sapevano bene i sanguinari dittatori del secolo breve, e anche oggi, nelle moderne democrazie, l’uso permane. Come dimenticare l’interessato e scalmanato tifo della cancelliera tedesca per la nazionale tedesca ai recenti Europei, soprattutto nelle sfide contro gli orridi Piigs. Sul campo hanno poi trionfato questi ultimi, ma in politica economica il dominio della Germania non è stato scalfito. Alla fine, anche i più potenti tra i tifosi la storia li giudica per il panem, piuttosto che per il circenses.