Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 26/03/2013, 26 marzo 2013
TANGENTI AL COMUNE DI ROMA. ARRESTATO L’EX MANAGER DI EUR SPA — È
accusato di aver incassato una tangente da 500 mila euro nel 2009 per pilotare l’appalto sui filobus di Roma per assegnarlo alla Breda Menarini spa. E di aver gestito una «provvista» pari a un milione e 200 mila euro destinata «alla corruzione dei pubblici ufficiali nell’ambito dei rapporti sulle opere di trasporto o mobilità del Comune di Roma». Ma anche di aver minacciato una ditta concorrente affinché ritirasse il ricorso al Tar contro la designazione del vincitore della gara. Per questo è stato arrestato Riccardo Mancini, 55 anni, l’ex amministratore delegato di Eur spa, fedelissimo del sindaco Gianni Alemanno. Subito dopo il trasferimento in carcere, i carabinieri del Ros e gli ufficiali della Guardia di Finanza sono entrati negli uffici della fondazione Nuova Italia presieduta dallo stesso Alemanno per acquisire documenti e scritture contabili. La reazione di quest’ultimo è secca: «Non so nulla di questa storia, ho fiducia nella magistratura».
Gli uomini
di Finmeccanica
L’ordinanza del giudice che ha accolto la richiesta presentata dal pubblico ministero Paolo Ielo, ricostruisce ogni passaggio dell’inchiesta ed evidenzia le dichiarazioni dei «mediatori» che hanno confessato di aver emesso le fatture false necessarie a creare i fondi neri per le «mazzette». Uomo chiave della vicenda è Lorenzo Cola, l’ex consulente di Finmeccanica che avrebbe gestito le fasi preliminari dell’affare e le dazioni di denaro. Ma il primo a svelare quanto sarebbe accaduto è Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni istituzionali del colosso di difesa, che in un interrogatorio del 12 dicembre 2011 ricorda come «il sindaco mi indicò come suo referente Mancini e della vicenda si occupò poi Cola perché disse che ai rapporti con il sindaco ci avrebbe pensato lui visto che con quegli ambienti coltivava rapporti storici». Il consulente entra effettivamente in gioco. Scrive il giudice: «Cola afferma che fu studiato il modo per creare la provvista necessaria a pagare una tangente per l’appalto e in particolare per retribuire Mancini, uomo forte della nuova amministrazione comunale». Ad emettere le fatture false sono le società del commercialista Marco Iannilli e dell’imprenditore Edoardo D’Inca Levis: entrambi indagati, hanno ammesso di aver contraffatto i documenti e il secondo ha specificato di aver saputo proprio dall’amministratore delegato di Breda Menarini, Roberto Ceraudo, che «i soldi erano per la segreteria di Alemanno».
Il quadro di Hitler
in camera
La ricostruzione è in parte confermata da Mancini che il primo febbraio 2013 si presenta davanti al pm e dopo aver chiarito di essere stato al fianco del sindaco durante le sue ultime campagne elettorali, dichiara: «Nella primavera del 2009 Cola mi chiamò, mi invitò a casa sua che evocava simboli del ventennio fascista, da un busto di Mussolini a un quadro di Hitler in camera da letto, dove pure era collocata una riproduzione di una divisione SS in miniatura, e in quella sede mi presentò Iannilli. Con entrambi discutemmo di una presenza di Finmeccanica in ambito comunale. Poi mi chiamarono e mi dissero che sarebbe venuta una persona. La incontrai in un bar. Mi diede una busta con 50 mila euro che mi tenni. Dopo qualche settimana accadde una cosa simile e in tale situazione mi venne recapitata una busta che conteneva 30 mila euro in contanti circa». Ma i soldi evidentemente non bastano. Afferma Cola: «Incontrai Mancini, mi disse che aveva incassato solo 50 mila euro e che, per la stipula del contratto con la concessionaria, occorreva il saldo. La somma complessiva avrebbe dovuta essere di 650/700 mila euro, di cui 500 mila a Mancini. Mi disse che la realizzazione dell’accordo era la precondizione per parlare dell’ingresso di Finmeccanica nei lavori della metropolitana. Verso settembre del 2009 incontro Mancini in Ernst & Young, mi conferma di aver ricevuto le somme pattuite». Le richieste insistenti di soldi vengono confermate da D’Inca Levis quando afferma: «Nel giugno 2009 nel corso di una conversazione via Skype con Ceraudo, questi mi disse che la politica "voleva ancora soldi"».
Pericolo
per le prove
All’ordinanza sono allegate alcune intercettazioni telefoniche tra Mancini e il sindaco. Il giudice precisa che «sono certamente irrilevanti per dimostrare una diretta partecipazione di Alemanno all’illecita azione; sono tuttavia idonee a dimostrare l’esistenza di un rapporto che va ben oltre quello personale. Mancini è uomo di Alemanno al quale risponde direttamente e nei confronti del quale è in totale soggezione. Si tratta di un fidatissimo collaboratore che il sindaco ha portato con sé dalla politica attiva, per passare direttamente all’amministrazione attiva affidandogli non solo ufficiali incarichi in enti pubblici, ma anche importanti ruoli nell’ambito del Comune di Roma». Poi evidenzia il pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento delle prove sottolineando come «i suoi interlocutori, le persone dalle quali è circondato e da cui è più spesso contattato, appartengono a una realtà istituzionale che ha un peso a prescindere dai ruoli formali».
«Fiorito
ha fatto cene?»
La prima telefonata, captata dal Ros, risale al 20 settembre scorso. Scrive il giudice: «Alemanno telefona a Mancini per informarlo che Fiorito aveva fatto dichiarazioni su versamenti di somme di denaro alla "nostra fondazione, alla Nuova Italia. Ti risulta che ha fatto dei tavoli, le cene, ti risulta qualcosa?". Quindi chiedeva di verificare entro la serata se ciò rispondesse al vero. Mancini gli rispondeva che avrebbe verificato l’indomani, in realtà le successive intercettazioni dimostrano che mandò subito gli impiegati a controllare i conti. Il secondo colloquio è del 29 settembre. Mancini viene nominato amministratore delegato della nuova società Roma Convention Group dal cda di Eur spa. Scrive il giudice: «Il sindaco stigmatizzava proprio i tempi dell’operazione, così vicini alle perquisizioni che Mancini aveva subito». Poi riporta il sunto del colloquio: «Alemanno chiedeva se la cosa si sarebbe potuta evitare. Mancini rispondeva che aveva insistito Borghini per l’assemblea. Alemanno si alterava in maniera forte nei confronti di Riccardo Mancini: "Il giorno dopo quel casino vi mettete in questo casotto. Ma che siete scemi, non si poteva evitare? Perché non m’hai chiamato?". Riccardo Mancini diceva più volte che aveva ragione, poi Alemanno riprendeva: "che siete cretini tutti. Veramente io non ho parole capito ma che c... c’avete nel cervello, me lo spieghi che c... c’avete nel cervello? Non c’è un c... da fare, uno vi aiuta, non c’è niente da fa’, capito siete scemi". Riccardo Mancini ripeteva ancora che aveva ragione. Alemanno continuava ad arrabbiarsi dicendo che cosa ovvia era rimandare l’assemblea. "Me la prendo in c... capito"».
Fiorenza Sarzanini