Andrea Bonanni, la Repubblica 26/3/2013, 26 marzo 2013
SALASSO DEL 30% PER I “SUPERDEPOSITI”
BRUXELLES — L’accordo della notte scorsa, che ha permesso in extremis di evitare la bancarotta di Cipro e la sua uscita dall’unione monetaria, ha costretto l’eurozona a comportarsi come se l’unione bancaria fosse di fatto già in vigore. La principale caratteristica della soluzione individuata dai ministri europei, dietro pressione del Fmi e della stessa Bce, è infatti quella di spezzare il circolo vizioso tra crisi bancarie e debiti pubblici. Il piano adottato una settimana fa e respinto dal Parlamento cipriota prevedeva infatti un prelievo fiscale forzoso sui depositi bancari e l’intervento dello Stato che con quei soldi avrebbe dovuto ripianare i conti delle banche. Il «piano B» adottato nella notte tra domenica e lunedì, invece, scarica la maggior parte dell’onere del salvataggio sulle due principali banche del Paese, sui loro azionisti e sui maggiori clienti con depositi superiori ai centomila euro. Un salasso durissimo per chi viene colpito, ma che non va ad incidere sui conti pubblici di Cipro: l’isola potrà così utilizzare il prestito europeo per finanziare la ristrutturazione
del proprio sistema economico e per aiutare le banche più piccole e meno compromesse.
I dettagli dell’intesa prevedono il fallimento della seconda banca cipriota, la Laiki Bank, che diventerà la «bad bank» su cui scaricare tutti i passivi e i titoli tossici. I depositi sotto la soglia garantita di centomila euro verranno trasferiti alla Cyprus Bank. Quelli al di sopra vengono invece congelati e subiranno una pesante decurtazione il cui ammontare è ancora da decidere. Anche la Cyprus Bank pagherà un prezzo pesante. Con gli attivi ricevuti dalla Laiki bank dovrà farsi garante del debito che questa ha contratto con la Bce per nove miliardi di euro. Inoltre i depositi sopra i centomila euro saranno
trasformati in titoli di Stato ciprioti con una decurtazione che, secondo il portavoce del governo, dovrebbe essere di circa il trenta per cento. Nel suo complesso, l’operazione, secondo il presidente dell’eurogruppo Dijsselbloem, dovrebbe fruttare almeno 4,2 miliardi di euro, alleggerendo così l’onere che andrà a scaricarsi sulle finanze pubbliche cipriote.
Il governo di Cipro è finito così sotto tutela, come gli altri che hanno dovuto chiedere gli aiuti europei, ed è stato costretto ad accettare di alzare dal 10 al 12,5 per cento l’imposta sulle società. Inoltre dovrà aprire le porte ad una ispezione che indagherà sul riciclaggio del denaro sporco: una attività che aveva gonfiato a dismisura il settore bancario dell’isola. La troika, composta da Commissione Ue, Fmi e Bce, si installerà a Nicosia e seguirà da vicino l’operato del governo, con resoconti trimestrali a Bruxelles. Si può star certi che anche la gestione della ristrutturazione bancaria sarà monitorata e diretta da Bruxelles e Francoforte.
Di fatto, dunque, l’Europa ha assunto la gestione di una crisi bancaria prima ancora di averne i poteri, imponendo scadenze precise
con l’ultimatum della Bce, e poi dettando le modalità della ristrutturazione e imponendo di fatto lo smembramento delle due principali banche del Paese. «Se ci sono rischi in una banca la nostra prima questione è: cosa farete voi della banca per risolvere il problema? Cosa potete fare per ricapitalizzarvi da soli? Se la banca non può farlo, allora parleremo con gli azionisti e gli obbligazionisti e chiederemo loro di contribuire a ricapitalizzare la banca e, se necessario, ci rivolgeremo ai titolari di depositi non assicurati », ha spiegato il presidente dell’eurogruppo lasciando intendere che la strategia usata per Cipro sarà uno dei criteri della nascente unione bancaria europea. Anche la Merkel esprime soddisfazione perché la soluzione adottata «piazza coloro che hanno contribuito a creare il problema di fronte alle proprie responsabilità: è quello che ci vuole». La Russia fa buon viso a cattivo gioco e ha deciso di prolungare il prestito di 2,5 miliardi già concesso a Cipro. Il governo ora imporrà restrizioni temporanee al movimento dei capitali per evitare una fuga degli investitori verso altri paradisi finanziari.