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 2013  marzo 26 Martedì calendario

QUARANTENNI, RINNOVATORI MA DIVISI SUL FUTURO LA CARICA DEI “GIOVANI TURCHI” ANTI-SILVIO

ROMA — Diffidati dalla comunità armena - in nome del rispetto delle vittime del genocidio - e dalla presidente dell’Associazione Italia-Armenia (la collega di partito Sandra Zampa), i “giovani turchi” del Pd non sanno al momento come ribattezzarsi. Tra le ipotesi: la “gauche” democratica; i “rinnovatori”; quelli di “Rifare l’Italia”; i T/ q, ovvero i Trenta/quarantenni (e qui si sono lamentati un gruppo di scrittori omonimi). Avvertono: «O Bersani o voto». Nessuna subordinata, né piano B, e soprattutto nessun accordo con il Pdl né presente né futuro. Lo ribadiscono in ogni occasione. Matteo Orfini, Andrea Orlando, Stefano Fassina sono le figure-traino, ma da un anno a questa parte, da quando cioè sono nati come corrente filo Bersani (e contro la nomenklatura) con Francesco Verducci, la vicentina Alessandra Moretti, il torinese Stefano Esposito, la toscana Silvia Velo, si sono persi un po’ di pezzi. E ormai è in atto una mini- diaspora. Ci sono infatti quelli che pensano già al “dopo Bersani” (Orfini) e quelli che non ne vogliono sentire parlare (Moretti). Ma hanno acquistato sempre maggiore peso politico, in virtù
del ricambio generazionale.
Il nome, affibbiatogli dai media, ma a loro molto gradito, doveva essere quello del movimento politico d’inizio Novecento nell’impero ottomano e ricordare il travaglio di rinnovamento che portò Kemal Ataturk al potere. Non i primi né gli ultimi a evocare quei giovani turchi: anche la nouvelle vague cinematografica di Truffaut, Godard, Chabrol si chiamò a un certo punto «les jeunes turcs». Orfini dice che, se Bersani
fallisse, si va al voto ma con un candidato premier nuovo: «Non si può avere due volte una chance come quella della premiership, non può essere Bersani ». Orlando nega si possa parlare del “dopo” nel momento di massimo sforzo del segretario. Orfini è l’unico dalemiano della squadra, 39 anni, casa al Tufello, 3.300 euro di stipendio del partito come responsabile del Dipartimento Cultura fino all’altroieri. Oggi i “giovani turchi”sono tutti parlamentari.
Stefano Fassina nasce bersaniano, economista: a testa bassa ha attaccato Monti nei tredici mesi di governo del Professore. Ha smantellato punto per punto l’Agenda montiana. È stato la testa d’ariete della battaglia contro il sindaco “rottamatore” Renzi, che definì “il portaborse di Lapo Pistelli”. Se n’è uscito avvertendo che non bisogna sabotare Bersani. Su Twitter Antonello Giacomelli, ex capo della segreteria di Franceschini, gli ha risposto:
«Ma cos’è un’autocritica?».
Sono stati comunque loro a suggerire a Bersani i nomi di Laura Boldrini e di Pietro Grasso alle presidenze delle Camere. Lo rivendicano. In una riunione volante nell’aula di Montecitorio, durante una pausa dei lavori, reclutando anche Daniele Marantelli, hanno parlato con Bersani della strategia del cambiamento. Teorizzano un confronto possibile con la Lega (e non con il Pdl). Lo ha detto Fassina. Anche qui, scatenando un putiferio di tweet.
Hanno comunque giurato, come tutti nel Pd, che nelle 72 ore dell’arrampicata di Bersani in queste consultazioni, saranno prudenti. «Fiducia fino all’ultimo al segretario - vanno ripetendo -. Poi però, ci chiariamo: e c’è soltanto il ritorno alle urne».