Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 25/3/2013, 25 marzo 2013
SETTANT’ANNI DI SCOUTING DAI TEMPI DI DE GASPERI
Morire di fiducia (parlamentare). Il boom del Movimento 5 Stelle è stato paragonato fino alla nausea a quello dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, commediografo e giornalista anziché comico come Beppe Grillo, ma dalla stessa carica oratoria infarcita di battute e insulti contro i professionisti della politica (categoria che inventò lo stesso Giannini). Nell’aprile di un anno fa, il giorno della Liberazione, fu il capo dello Stato a fare il parallelo e ad augurare a Grillo lo stesso destino del napoletano Giannini. Giorgio Napolitano difese il sistema dei partiti, “nulla può sostituirli”, e avvisò “il demagogo di turno”, cioè Grillo: “L’Uomo Qualunque sparì senza lasciare alcuna traccia positiva per la politica e per il Paese”. Ma come sparì il primo movimento italiano dell’antipolitica? Per la contrapposizione letale tra il gruppo parlamentare e il loro leader. Lo stesso rischio che corrono oggi Grillo e il suo guru Casaleggio, peraltro né deputati o senatori. Il primo segnale c’è stato con la “sporca dozzina” di dissidenti che a Palazzo Madama ha votato Piero Grasso alla presidenza. Adesso c’è la trappola della fiducia all’eventuale governo di Pier Luigi Bersani. che include anche le presunte operazioni di scouting del Pd. L’Uomo qualunque morì così, rivoltandosi contro Giannini per la fiducia al quarto governo di Alcide De Gasperi, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1947. Alla voce “qualunquismo” del dizionario di politica di Bobbio, Matteucci e Pasquino, si indica proprio nello “sfaldamento dei gruppi parlamentari” la fine dei partiti occidentali di protesta. Non solo quello di Giannini, ma anche per esempio il movimento francese di Pierre Poujade nel periodo 1953-1956.
La parabola dei qualunquisti italiani, dunque, fu brevissima. Appena un anno. Si consumò all’alba della Repubblica, nell’assemblea costituente eletta il 2 giugno del 1946, quando si votò anche per il referendum istituzionale sulla monarchia sabauda. L’UQ fece boom con un milione 211mila e 956 voti. Quinta forza dopo Dc, Psiup, Pci e Unione democratica nazionale. Trenta seggi, diventati 32 con il riconteggio dei resti, infine 37 con l’adesione di altri parlamentari. Se per Grillo tutto è nato da un blog, per Giannini fu propizio il settimanale che mandò in edicola nel Natale del 1944, in un Paese devastato dalla guerra, con macerie materiali e morali. Il commediografo aveva 53 anni anni e la testata era “L’Uomo Qualunque”, evoluzione della originaria “L’uomo della strada”, bocciata dalla censura di Alleati e antifascisti. Arrivò a vendere ben 850mila copie. Un successo strepitoso. Per Giannini, l’Uomo Qualunque italiano era stritolato dal potere, fascista o comunista che fosse, simboleggiato da un torchio incastrato nella “U” della testata. A segnare il destino del fondatore dell’UQ era stata soprattutto la tragedia del figlio Mario, morto in guerra. Morto per chi e per cosa, si chiese con tormento? La guerra, “benché fatta dalla Folla, non interessa la Folla. È un affare tra Capi”, ossia gli Upp, gli uomini politici professionali che vogliono il potere solo per ambizioni personali e per arricchirsi. E “La Folla”, appunto, è il titolo del libro che il commediografo pubblicò.
Le analogie con il M5S sono varie. Grillo chiama il partito di Bersani come “Pdmenoelle”, Giannini coniò il neologismo di “cameragni”, camerati più compagni. Se Grillo prima di andare alle elezioni ha bussato al Pd (respinto alle primarie del 2009) e poi sostenuto candidati dell’Italia dei valori (Luigi de Magistris in testa), Giannini fu cacciato ovunque. Anche per questo, un anno dopo l’uscita del settimanale, Giannini si trova “costretto” a dare vita alla forza politica qualunquista. Un Fronte, non un partito, così come oggi Grillo usa il termine Movimento. L’UQ si rivolge alla borghesia, alla maggioranza incazzata e silenziosa. Pur anarchico conservatore di suo, con propensione al liberalismo, il commediografo fa del qualunquismo l’anti-ideologia per eccellenza. Contro il fascismo e l’antifascismo, contro i democristiani già battezzati “demofradici”. Il qualunquismo vuole uno stato Stato ragioniere, con amministratori che ruotano (come oggi i capigruppo grillini). Una volta in Parlamento, Giannini si pone il problema di entrare nella “stanza dei bottoni”. Qui la differenza è decisiva. Se Grillo è inseguito a vuoto da Bersani, Giannini insegue invano sia i comunisti di Palmiro Togliatti sia i democristiani di De Gasperi. Quando nell’ottobre del ‘47 si pone il problema della fiducia all’esecutivo dello statista dc, l’UQ è reduce da uno straordinario risultato alle amministrative. Quasi il venti per cento nelle maggiori città italiane, a partire da Roma. Con questi numeri, alle storiche elezioni politiche del 1948 potrebbe portare un centinaio di deputati a Montecitorio. Ma il leader del Fronte rimane prigioniero del suo gruppo parlamentare, in cui prevale un’anima di destra, già fascista e di simpatie monarchiche.
Il 1947 è fondamentale per il lungo monopolio democristiano del potere. A marzo la dottrina Truman, dal nome dell’allora presidente americano, divide il mondo in due blocchi, occidentale e sovietico, e il conseguente Piano Marshall, gli aiuti degli Stati Uniti all’Italia, impongono a De Gasperi la fine dei governi di unità con il Pci. La svolta di maggio porta in Parlamento il quarto governo De Gasperi, tutti ministri democristiani tranne il liberale Einaudi all’Economia. L’UQ rifiuta una poltrona all’Agricoltura, ma vota lo stesso la fiducia. Allo stesso tempo dialoga con il Pci di Togliatti. Per questo Giannini punta a scardinare la Dc e il suo elettorato. A ottobre si prepara la caduta di De Gasperi e Giannini dovrebbe fare blocco con le sinistre. L’apertura ai comunisti già ha causato espulsioni dall’UQ, fatte con grande trasparenza, lavando i panni sporchi in pubblico. Il 2 ottobre il leader qualunquista annuncia la sfiducia ma nel gruppo parlamentare c’è la rivolta dei pretoriani, come viene chiamata. De Gasperi si salva grazie ai 30 voti dell’UQ. Giannini si astiene per “decenza”. Per lui è la fine. Un anno dopo, nel ‘48, i suoi deputati sono appena cinque. Dieci anni dopo verrà a sapere che la rivolta dei pretoriani era un complotto di Dc e Confindustria, preparato dall’armatore napoletano Achille Lauro. I grillini hanno sempre respinto il paragone con il qualunquismo, ma di fiducia si può morire. È già capitato.