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 2013  marzo 26 Martedì calendario

IL PROCESSO INIZIATO NEL ’94 SENZA RISPOSTE DEFINITIVE"

Il duello di Piero Grasso con Marco Travaglio non s’è fatto e non si farà. Ma ieri il neopresidente del Senato, ospite di Piazzapulita, ha avuto modo di replicare: «Una cosa è la libertà di critica. Un’altra è quell’informazione che sporca soltanto». E s’aspetta «il killeraggio dei video ben montati. Giovedì mi crocifiggeranno». Ma c’ironizza: «Era un’occasione. Non dico storica come vedere i due Papi...». Piuttosto che della sua storia, però, il presidente Grasso cominciato dal processo Dell’Utri: «C’è da riflettere sul fatto che un processo iniziato nel 1994 ancora non abbia risposte definitive».

A Corrado Formigli, reduce da una vigilia incandescente con Travaglio, l’onere delle domande. La prima: non è irrituale che la seconda carica dello Stato chiami come un politico qualunque? «La mia nuova funzione istituzionale veniva a essere opacizzata da queste parole. Mi sono ribellato».

Grasso si sfoga. «Si prendono episodi della tua vita professionale, estrapolandoli, per rendere opaco tutto e fare a pezzi la tua storia. Non può essere consentito». «Infamante è dire che io faccio inciuci con il potere. È stato detto che ho ottenuto delle leggi; ma io non ho chiesto mai nulla. Questo mi brucia».

Quanto al ricorso in appello contro Andreotti che Grasso non volle controfirmare. «Io ero stato testimone in quel processo, sentito dal collega Scarpinato. La mia firma al ricorso avrebbe impedito di poter essere chiamato a testimoniare in appello. Ma non ho lasciato nessuno da solo. Ero a Palermo da pochi giorni, andai in Aula assieme ai pm Lo Forte e Scarpinato». Non è vero che li tagliò fuori? «Fu il Csm a tagliarli fuori, non io».

Perché la criticarono per la gestione del pentito Giuffré? «Per orgoglio ferito». E la gestione di Massimo Ciancimino, a cui non fu chiesto nulla della Trattativa? «Era un imputato. Alla contestazione di rapporti tra suo padre e Berlusconi, non diede nessuna collaborazione».

Lei ha indagato un solo politico importante? «Non è vero. Potrei fare esempi, ma non mi va». Il punto è che Grasso rivendica di non avere mai «voluto processi-gogna». Ed è evidente che ce l’ha con alcuni colleghi. Forse Gian Carlo Caselli, che fu estromesso dai concorsi per la Direzione nazionale antimafia con leggi solo contro di lui? Di quella storia dice: «Effettivamente furono fatte tre leggi per bloccarlo. Ma ci fu un momento in cui il Csm avrebbe avuto la possibilità di decidere». Sottinteso: non ne avevo bisogno.