Alberto Ronchetti, il Sole 24 Ore 25/3/2013, 25 marzo 2013
IL CAMPANELLO DELL’ORO ALLARMA I LISTINI
Le Borse globali nell’ultima settimana hanno tenuto tutto sommato bene, malgrado i potenziali effetti dirompenti della crisi cipriota sull’euro – vedremo cosa accadrà da oggi in poi – e i dati macroeconomici contrastati e poco entusiasmanti che vengono da tutte le principali economie del mondo. Segno che l’enorme liquidità circolante sui mercati vede ancora, almeno per il momento, i listini come l’unico approccio possibile per ottenere un po’ di rendimento, sia pure fra molti rischi.
L’S&P 500 e il Dax, per esempio, sono assai vicini ai loro massimi assoluti, rispettivamente a 1.576 (ottobre 2007) e 8.151 (luglio 2007). Ma l’incertezza globale induce gli operatori alla prudenza e al rinvio degli acquisti, frenando un possibile allungo oltre i top storici.
D’altra parte c’è da chiedersi fino a quando potrà proseguire il decoupling fra listini azionari (positivi) e fondamentali economici (deboli). Non è una domanda da poco, perchè – anche se quasi tutti gli analisti di Borsa giudicano inevitabile, a breve, una correzione anche violenta – c’è da capire se il prossimo ribasso sarà una occasione di acquisto o l’inizio di una fase Orso di più lunga durata. Nelle ultime sedute anche l’oro, il bene rifugio per eccellenza, è stato comprato dai gestori in funzione di copertura dal rischio ed è tornato sopra i 1.600 dollari per oncia. E questo, come vedremo fra poco, è un segnale da guardare con attenzione.
Ma andiamo con ordine. «Le ultime due settimane – ha osservato Neil Dwane, Cio Europe di Allianz Global Investors partecipando all’ultima tavola rotonda virtuale organizzata da www.ricercaefinanza.it – hanno dimostrato che il mercato è abbastanza resistente, nonostante le incertezze politiche. La liquidità a buon mercato, che è in attesa di opportunità di investimento, e le valutazioni favorevoli stanno portando a un aumento delle attività di fusione e acquisizione che sosterranno il mercato».
In Europa, alla luce delle prossime decisioni (formazione di un Governo in Italia, sostenibilità del debito a Cipro) e dei top raggiunti sui mercati azionari internazionali, «sarà comunque possibile qualche presa di profitto. In ogni caso restiamo positivi sui titoli azionari ad alto rendimento e sulle small». Inoltre, aggiunge Thomas Bichler di Raiffeisen Cm, «attualmente troviamo più valore in Europa che in altri mercati sviluppati: alcune aziende europee hanno una valutazione del 40% in meno rispetto alle omologhe statunitensi, Quindi, in assenza di un collasso, l’equity europeo può guadagnare».
Già, il collasso. Dell’economia o dell’euro, non importa. Comunque sarebbe drammatico. Tutti speriamo di evitarlo, ma la certezza che non accada nessuno può darla. E per questo il ragionamento torna, giocoforza, alle strategie di difesa e all’oro. «Lo terrei – pensa Monica Defend, responsabile Global asset allocation research di Pioneer Investment – più per correlazioni (bene rifugio e copertura da fiammate inflazionistiche/depressione) che non per i rendimenti attesi. Può anche rappresentare – assieme a Cina, valute e Nikkei – una "strategia satellite" per arricchire i contributi alla performance di un portafoglio».
Francesco Caruso, analista tecnico indipendente e animatore del sito www.cicliemercati.it, sottolinea che «l’elettroencefalogramma dell’economia globale è piatto, ma le Borse restano l’unico asset con qualche potenzialità di rendimento».
La cosa interessante, sottolinea ancora Caruso, «è però che il rapporto fra S&P 500 (espresso in punti e in dollari) e oro (espresso in dollari per oncia), da molti mesi sfavorevole all’indice azionario, si sta avvicinando alla parità».
Se questa verrà superata, se cioè l’indice arriverà a valere più dell’oro, può essere un segnale di un nuovo "risk on" con conseguenti nuovi acquisti sul mercato azionario». Invece, conclude Caruso, «se il rapporto dovesse scendere sotto 0,90-0,89, allora potrebbero aprirsi problemi di non poco conto nel futuro dei listini».