VARIE 25/3/2013, 25 marzo 2013
APPUNTI PER GAZZETTA
MILANO - L’accordo per il salvataggio di Cipro raggiunto nella notte a Bruxelles non è bastato a rassicurare i mercati. Anzi, nel corso della giornata di contrattazioni i meccanismi che costituiscono il piano concordato da Nicosia e dalle autorità internazionali hanno spaventato gli investitori. Il risultato è stato un calo generalizzato, dopo gli iniziali fuochi d’artificio, con Milano che ha registrato una delle performance peggiori insieme a Madrid.
L’intesa sul Paese mediterraneo, che non deve essere ratificata dal Parlamento di Nicosia, non prevede più un’imposta (o il ventilato prelievo forzoso sui conti correnti), ma la ristrutturazione e chiusura di alcune banche che hanno portato oltre il limite l’esposizione finanziaria della piccola isola. Tanto per cominciare pagherà di più chi ha sbagliato maggiormente come la Popular Bank of Cyprus (Laiki) che verrà scissa in una bad bank e in una good bank: gli asset buoni e la liquidità d’emergenza fornita dalla Bce finiranno nella Bank of Cyprus (queste due banche riapriranno giovedì, gli altri istituti martedì). Saranno garantiti i depositi sotto i 100mila euro della Laiki, mentri gli altri (insieme ad azionisti e obbligazionisti) subiranno perdite quantificate in una cifra vicina al 30%. Di fatto l’Europa più che salvare dalla bancarotta Cipro (che rappresenta appena lo 0,2% del Pil della Ue) ha provato a risolvere in maniera definitiva l’anomalia di un sistema bancario abnorme e con poche regole.
Dopo una mattinata scoppiettante, come accennato le Borse europee hanno invertito la rotta: Londra ha chiuso in rosso dello 0,22%, Francoforte dello 0,51%, Parigi dell’1,12% e Madrid del 2,27%. Sui listini del Vecchio continente ha pesato Piazza Affari, che ha perso due punti e mezzo, dopo un rialzo iniziale di oltre un punto. Giù le banche e Mediaset alla vigilia dell’approvazione del primo esercizio in rosso della sua storia. Su Milano hanno impattato anche i timori legati ad un possibile nuovo taglio di Moody’s sull’Italia, a seguito dell’incertezza politica legata alla nascita del nuovo governo. L’agenzia ha risposto con un "no comment", ma ha detto che la soluzione trovata per Cipro mette a rischio tutti i rating sovrani Ue. D’altra parte il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha parlato della soluzione per Nicosia come di un "modello" per l’Eurozona e ciò non ha contribuito a distendere i nervi. Lo spread, che ha inizialmente infranto al ribasso la soglia di 305 punti, si è poi riallargato oltre quota 325 punti; i titoli italiani rendono il 4,6% sul mercato secondario. La differenza di rendimento tra Bonos spagnoli e Bund tedeschi ha superato quota 360 punti base.
Il comparto bancario, inizialmente favorito dal calo del differenziale, si è via via appesantito con sospensioni a raffica dopo l’asta di Ctz, che ha dimostrato quanto l’Italia resti osservata speciale. Il Tesoro ha infatti portato a termine il collocamento di titoli con scadenza nel gennaio 2014 all’interno del range atteso tra 2 e 3 miliardi di titoli: ne sono stati piazzati 2,83 miliardi, per una domanda in calo e pari a 1,65 volte l’offerta. Il rendimento medio è salito all’1,746%, dall’1,682% dell’asta di febbraio: si tratta del livello più alto dalla fine dell’anno scorso.
Anche Wall Street - dopo l’apertura positiva - è passata in rosso: alla chiusura dei mercati europei il Dow Jones cede lo 0,5%, lo S&P lo 0,2% e il Nasdaq lo 0,4%. Spunti positivi arrivano però dall’economia reale, con l’indice Fed di Chicago sull’attività manifatturiera nel Midwest Usa che sale a 97 punti a gennaio dai 96,8 punti di dicembre. L’euro chiude in forte calo a 1,2889 dollari e 121,71 yen, dopo un picco di seduta a 1,3048 dollari. Lo yen, bene rifugio, avanza anche sul biglietto verde a 94,41.
In mattinata, le Borse dell’Estremo Oriente avevano chiuso in terreno positivo (Tokio +1,69%): sui listini si è sentito anche l’effetto positivo di China Petroleum&Chemical che ha annunciato risultati oltre le previsioni. Seul ha guadagnato lo 0,6 per cento. Sul fronte delle materie prime, il petrolio è in rialzo dello 0,5% in chiusura di giornata: è scambiato a 94,15 dollari al barile. Flessione, invece, per l’oro: il metallo prezioso è scambiato a 1.603,40 dollari l’oncia (-0,3%).
(25 marzo 2013)
LA PROPOSTA DI BERLUSCONI
ROMA -"Siamo pronti a un governo Bersani, con Alfano vicepremier e un presidente della Repubblica moderato". Silvio Berlusconi lancia l’ennesima sfida al premier incaricato. Davanti ai gruppi parlamentari, riuniti a Montecitorio, afferma: "Diremo a questi signori della sinistra che ci sediamo a un tavolo solo se si parla di un governo insieme". A quanto pare, il Cavaliere poi è tornato a ribadire che al Quirinale serve un moderato "non un presidente della Repubblica di sinistra. Non ci staremo a sentire anche per il Quirinale la loro indicazione, dopo che hanno preso le due presidenze delle Camere e vogliono la presidenza del Consiglio". Un Berlusconi battagliero, insomma, che prova a mobilitare le sue "truppe": "Almeno nei primi due mesi, facciamo le riunioni dei gruppi una volta a settimana". Una proposta, quella di Alfano vicepremier, respinta al mittente da Bersani: "Siamo al dunque e bisogna fare discorsi seri - ha detto il segretario Pd a chiusura del terzo giorno di consultazioni -. Non si può al mattino annunciare la guerra mondiale e il pomeriggio abbracci".
Berlusconi non andrà da Bersani. Ma che il centrodestra, provocazioni a parte, non intenda concedere nulla a Bersani è confermato da quanto affermato da Alfano nel corso di Porta a Porta. Pdl e Lega, annuncia,
andranno alle consultazioni "insieme alla Lega". "Non ci sarà Silvio Berlusconi: abbiamo fatto una riunione - spiega - e abbiamo valutato insieme che lui non ci sarà". In giornata il segretario del Carroccio, Roberto Maroni era stato invece più possibilista, spiegando che "dobbiamo decidere se riproporre lo schema delle consultazioni che abbiamo seguito al Quirinale, cioé Lega e Pdl in un’unica delegazione, o se sarà opportuno procedere in due delegazioni separate". "Anche se saranno due delegazioni separate nei tempi - aveva però assicurato - la posizione sarà concordata" tra Pdl e Lega.
Alfano, ospite di Vespa, ha ripetuto: "Berlusconi lo ha detto chiaramente: siamo disponibili a fare in modo che nasca un governo, anche capitanato da Bersani, per il bene dell’Italia, perché in questo momento o si fa così o non c’è un governo, ma meritiamo una nostra rappresentanza al Quirinale". Poi, quanto all’ipotesi di una sua vicepresidenza del Consiglio lanciata da Berlusconi, ha ironizzato: "Non è che fare il vice di uno che viene dal Pci sia stato un mio sogno da bambino, ho avuto altre ambizioni".
Le minacce del Cavaliere. Già in mattinata, ospite della Telefonata di Maurizio Belpietro, Berlusconi aveva lanciato la linea chiedendo un governissimo Pd-Pdl e aveva annunciato lotta dura se il centrosinistra dovesse eleggere un esponente di parte al Quirinale: "Noi, come ho detto a piazza del Popolo, chiediamo due cose: o il Pd cambia linea a 180 gradi e apre alle uniche cose da fare, cioè disponibilità a un governo con il Pdl e le altre forze responsabili per fare ripartire l’economia e contemporaneamente dichiara il proprio impegno per eleggere un moderato e liberale alla presidenza della Repubblica, visto che occupano tutte le cariche, oppure andare al voto per non fare perdere al Paese un solo giorno di più".
A Canale 5 il Cavaliere ha ribadito: "Noi siamo pronti al voto e sabato credo si possa dire che sia stata la prima manifestazione pubblica". E dice che sarebbe meglio evitare un nuovo incarico esplorativo dopo questo di Bersani, se dovesse fallire. "Non vedo la possibilità di un altro giro, anche perché Bersani che è persona responsabile, dovrebbe capire che come si è sempre fatto si faccia un governo insieme con tutte le forze responsabili di centro".
Sull’elezione del capo dello Stato: "La sinistra ha occupato tutte le cariche e se farà lo stesso per il Quirinale noi con i nostri senatori bloccheremo il Senato e quindi il Parlamento e porteremo la protesta in piazza perché questo sarebbe un golpe in Italia". Il Cavaliere peraltro non ha chiarito se andrà personalmente all’incontro con Bersani per le consultazioni: "Non abbiamo ancora deciso", aveva detto a Canale 5. Ma più tardi, parlando al gruppo Pdl riunito alla Camera, ha lasciato intendere di aver sciolto la riserva: "Ciò che spiegherò alle consultazioni...". Qualche ora dopo il Pd è parso aprire all’elezione di un presidente della Repubblica che sia espressione di un largo schieramento parlamentare: "L’elezione del presidente della Repubblica deve, ripeto deve, avvenire con un coinvolgimento molto largo e non per qualche voto in più", ha detto il vicesegretario del Pd Enrico Letta ai gruppi parlamentari.
Gelmini vicecapogruppo vicario alla Camera. Maria Stella Gelmini è stata nominata vicecapogruppo vicario del Pdl alla Camera, mentre Mara Carfagna sarà portavoce del gruppo. La decisione è stata presa dall’assemblea dei deputati del Pdl. Un commissariamento, di fatto, del capogruppo voluto da Berlusconi, Renato Brunetta che, nella prima settimana di incarico - con i suoi diktat - aveva scatenato malumori e mugugni. E perfino la minaccia di una raccolta firme per ottenerne le dimissioni. Un clamore che il leader Pdl, Angelino Alfano, parlando ai gruppi riuniti alla Camera, ha provato a minimizzare derubricando a "veleni" gli articoli di stampa che parlavano di divisioni. "Il suo lavoro di riorganizzazione - ha aggiunto Alfano - è svolto in totale accordo con il partito".
(25 marzo 2013)
INCONTRI CON LE PARTI SOCIALI
ROMA - Alla fine di una lunga giornata di consultazioni con le parti sociali, il premier incaricato Pier Luigi Bersani avverte che adesso non è il momento di parlare del Colle. Rispedisce al mittente l’offerta di Berlusconi su Alfano come vice: "Facciamo discorsi seri". Poi, nella direzione Pd, chiarisce la sua linea: chiede a Monti un appoggio esplicito e alle altre forze politiche di non ostacolare il suo tentativo. Giovedì salirà al Quirinale per riferire a Giorgio Napolitano l’esito degli incontri. Domani è previsto il colloquio con il Pdl, e mercoledì, alle 10 quello con il Movimento Cinque Stelle.
No a trattative sul Quirinale. "L’elezione del Capo dello Stato deve, ripeto deve, avvenire con un coinvolgimento molto largo e non per qualche voto in più", ha detto il vicesegretario del Pd Enrico Letta ai gruppi parlamentari. Il Pd "lavora alla legittimazione reciproca di tutte le forze in parlamento per la riforma della politica", ha aggiunto Letta a proposito del dialogo con il centrodestra in questa legislatura. Ma Bersani esclude qualsiasi legame tra la trattativa per il Quirinale e quella per la formazione del governo: "Ci manca solo che parliamo di
questo - ha detto al termine delle consultazioni avute oggi con sindacati e associazioni - se ne tratterà a tempo debito e non è il caso di mescolare i temi".
La terza giornata di consultazioni. I sindacati. Come ieri Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, oggi a rilanciare un grido d’allarme sull’emergenza sociale ed economica del Paese sono i sindacati, incontrati da Pier Luigi Bersani nel terzo giorno di consultazioni nelle vesti di presidente del Consiglio incaricato. I leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono apertamente contrari a un ritorno alle urne e auspicano la formazione di un governo "a tutti costi" e in tempi brevi, come ha sottolineato il leader Cisl, Raffaele Bonanni, onde evitare "il rischio che l’Italia somigli alla Germania di Weimar". I problemi dell’Italia non possono aspettare: sul tappeto l’abbassamento della pressione fiscale e delle tasse sul lavoro e la riduzione dei costi della politica, proposte dal leader della Uil, Luigi Angeletti, l’abolizione dell’Imu sulla prima casa fino a un valore di 1000 euro chiesta da Susanna Camusso, segretario della Cgil.
Pmi. Anche le piccole e medie imprese manifestano la propria preoccupazione sulla situazione economica italiana. Carlo Sangalli, rappresentante di Rete imprese Italia, parla di "aziende al collasso" e invoca la necessità di "ridurre la pressione fiscale, evitare l’aumento dell’Iva e ridurre progressivamente l’Irap".
Gli ambientalisti. Un cambio di passo radicale è quanto chiedono al prossimo governo le associazioni ambientaliste, al termine dell’incontro con Bersani. Sono sette in tutto le organizzazioni che hanno partecipato alla riunione (Wwf, Legambiente, Greenpeace, Touring club italiano, Fai, Cai e Federazione Pro natura) e tutte concordano nell’evidenziare la necessità di politiche a difesa della natura e del paesaggio nonché di maggiori risorse. Tra le priorità, sempre secondo le associazioni, anche quella di misure a favore della difesa della legalità, a partire dalla lotta all’abusivismo.
Don Ciotti. Il fondatore dell’associazione antimafia "Libera" ha smentito l’ipotesi che possa diventare ministro in un eventuale governo Bersani. "E’ da 42 anni che lo sono nella chiesa ministro di Dio, ma non è il mio compito quello", ha spiegato dopo avere incontrato il leader del Pd alla Camera. "Faccio altro e volentieri collaboro a percorsi comuni, lo faccio con Libera". Don Ciotti ha poi chiesto al premier incaricato l’equiparazione tra vittime del terrorismo e delle mafie e la revisione del regime della 416 bis alla luce dei tempi attuali.
Forum giovani. Il forum dei giovani non chiede un ministero per le Politiche giovanili ma una "delega specifica nel governo, trasversale, e un coordinamento di tutti i soggetti che si occupano di politiche giovanili". Dopo la consultazione con Bersani, Giuseppe Failla, portavoce del forum riferisce di aver segnalato "tre priorità". La prima è "l’accesso ai diritti" con "precedenza al lavoro con la diminuzione della forme contrattuali, stage remunerati, detassazione lavoro per under 30, accesso al credito", poi "il diritto alla partecipazione con voto a 16 anni nelle amministrative e servizio civile per tutti". Il forum infine chiede una "nuova legge elettorale". Da parte del Consiglio nazionale degli studenti arriva invece la sollecitazione per una maggiore attenzione nei confronti dell’istruzione pubblica e in particolare dell’Università statale.
(25 marzo 2013)
DIREZIONE DEL PD
ROMA - "Noi non chiediamo a nessuno l’impossibile". Lo ha chiarito Pierluigi Bersani, parlando alla direzione del Pd del tentativo di costruire una maggioranza di governo. "Noi - ha osservato - chiediamo a Scelta civica una intesa e agli altri di non impedire una soluzione". "Gli incontri con le parti sociali ci portano davvero a dire che questo Paese è veramente nei guai - ha proseguito - E tutte le leggerezze sono destituite di ogni fondamento: non ci sono dividendi dell’austerità. Nei prossimi mesi la situazione vede a giugno e luglio arrivare Imu, Iva e Tares e non ci sono gli ammortizzatori. Per non parlare dei Comuni e dei problemi del Mezzogiorno". "Il Pd si mette al servizio del Paese per dare un governo. E lo facciamo con tutta la buona volontà", ha insistito il segretario democratico.
Appello agli altri partiti. "Chiediamo a Pdl-Lega di uscire da ambiti che sono un cascame della campagna elettorale - ha detto ancora Bersani - e chiediamo al Movimento 5 Stelle, in un momento decisivo per il Paese, se vogliono essere una comunità segregata o una forza politica che si prende qualche responsabilità, nei limiti in cui può prenderserla. Per il Paese".
Nessuno scambio. Quanto alle pressioni arrivate in queste ore dal centrodestra sul tema della scelta per il Quirinale, con
la promessa di un via libera al governo in cambio di un candidato moderato ribadita anche oggi da Alfano, Bersani ha chiarito: "Non mescoliamo temi ultronei, non portiamo le nostre istituzioni a questo livello. Non mi si parli di scambi, siamo disponibili a ragionare, con assunzione comune di responsabilità". Il leader del Pd ha confermato quindi il suo no ad uno scambio ma il suo sì a un ragionamento comune, a una comune assunzione di responsabilità: "dipenderà anche dal fatto che ci possa essere un percorso, che non si fermi come è successo invece per le presidenze delle Camere. Lì poi abbiamo fatto una scelta di novità, ma il cambiamento può avvenire anche in una chiave più aperta", ha assicurato.
Eslcuse elezioni anticipate. La riunione, durata meno di un’ora in tutto, era iniziata con l’intervento del vicesegretario Enrico Letta. Il risultato elettorale, ha spiegato Letta, ha dato un esito che "non è risolvibile come in Grecia", con un nuovo voto vista la legge elettorale. "Sappiamo che applicata a un sistema con tre forze politiche non darebbe la maggioranza a nessuno", ha aggiunto. "Se non c’è iniziativa politica - ha concluso - il sistema è in un cul de sac dal quale non si esce. Una soluzione dinamica è l’unica che può muovere un quadro bloccato, nuove elezioni non darebbero una soluzione".
Responsabilità, ma per cambiare. "Non c’è responsabilità senza cambiamento", ha avvertito ancora il vicesegretario. "Sappiamo che non possiamo essere incastrati in una logica di sola responsabilità senza cambiamento mentre intorno a noi c’è una irresponsabilità diffusa. L’iniziativa politica del governo Bersani ci ha fatto fare dei passi importanti perché si è detto che il Pd offre questa proposta. Giorgio Napolitano, nel dare il preicarico, lo ha motivato spiegando che il Pd è la forza maggioritaria nel Parlamento e Bersani, suo segretario, ha maggiori chance di allargare questa forza".
La sfida a Grillo. Se il Pd prende l’iniziativa e il Movimento 5 Stelle è costretto a inseguire allora Beppe Grillo commette errori, ha sottolineato Letta. Il vicesegretario ha ricordato quindi l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. "Solo il mettere in campo una nostra iniziativa e agire all’attacco è in grado di muovere il quadro e creare situazioni che si modifichino, altrimenti siamo nella situazione più scomoda", ha sottolineato.
Serve un partito unito. "Qualsiasi tentativo dopo questo (di Bersani, ndr) è peggiore per il Paese ed è peggiore per il Pd", ha avvisato ancora Letta. "Per questo - ha spiegato - chiederemo a tutti di assumersi le proprie responsabilità, anche con tecniche parlamentari che sappiamo poter essere anche molto fantasiose". Quello del segretario, ha proseguito, "è un "tentativo difficile, ma possibile. Diventa impossibile però senza unità del Pd".
La direzione si è conclusa quindi dopo meno di un’ora perché, come ha spiegato Franco Marini, "c’è un’impostazione politica di fondo che dobbiamo confermare: aprire un dibattito stasera sui contenuti è sbagliato, non lo possiamo fare oggi".
L’assenza di Renzi. Alla riunione non era presente Matteo Renzi. Nel corso di un’intervista all’emittente fiorentina Radio Toscana, il sindaco di Firenze aveva anticipato la sua decisione: "No, per un motivo molto semplice: è stata convocata all’ultimo momento, e io sto a Firenze a fare il sindaco". Ha auspicato però che il segretario del Pd ce la faccia, ribadendo la sua lealtà: "Bersani sta provando a formare un governo e io spero che, per il bene dell’Italia, ce la faccia - aveva detto - La mia serietà e la mia lealtà sono fuori discussione".
(25 marzo 2013)