Marco Belpoliti, La Stampa 25/3/2013, 25 marzo 2013
PIATTAFORMA VIRTUALE
Per Primo Levi la piattaforma è una parte della struttura del derrick, la torre di perforazione dei pozzi di petrolio che un suo personaggio, Faussone, deve montare in Alaska in uno dei capitoli de La chiave a stella intitolato Off-Shore . Si tratta di uno dei più bei testi sulla tecnica di costruzione della letteratura italiana, avventura alla Jack London narrata nel piemontese-italiano con spruzzatina di termini del gergo tecnico dalla voce di Faussone. Era il 1978 e a Levi le piattaforme piacevano parecchio, visto che ne parla in altri punti della sua opera. Se il chimico torinese fosse ancora con noi, non potrebbe fare a meno di constatare che di piattaforma se ne parla ancora molto, ma in tutt’altro significato. Manuel Castell la usa in un suo recente libro, Reti di indignazione e di speranza (Università Bocconi Editore), per indicare le reti orizzontali (piattaforma tecnologica).
La parola è senza dubbio oggi una delle più usate nel web.2 per riferirsi a luoghi virtuali dove si possono acquistare merci (piattaforme commerciali), effettuare discussioni sociali o politiche (Meetup, la piattaforma resa celebre in Italia dal Movimento 5 Stelle), o per gestire servizi di comunicazione o d’informazione (Facebook, Twitter, Flickr, ecc.). A Levi, appassionato di gerghi e linguaggi, sarebbe di certo piaciuto questo scivolamento dalla solida superficie metallica del derrick a quella immateriale del Web. Il termine «piattaforma» ha una storia davvero curiosa. A utilizzarlo per la prima volta nella lingua italiana è il matematico Nicolò Tartaglia nel 1546: «forma piatta». Da Tartaglia prende nome il triangolo che si studia a scuola e che, con il suo sviluppo numerico, ricorda molto una rete.
La definizione più giusta di «piattaforma» ora non è più: «superficie piana, di varia estensione, formata da terreno spianato e battuto, o da un tavolato elevato da terra»; bensì: «struttura digitale di vario uso». Ma c’è anche un altro significato indicato da Castells: «programma politico». A sua volta deriva da una piattaforma reale, e non virtuale, quella da cui nell’Ottocento parlavano gli oratori politici (1844). In effetti, precisa uno studioso, A. L. Messeri, il termine platform fu usato in inglese nel 1844-48 per definire il programma di un partito nato negli Stati Uniti. Le parole non stanno mai ferme, e come sapeva Levi, corrono via e per afferrarle al volo bisogna essere agili e veloci, come il web.