Marco Zatterin, La Stampa 24/3/2013, 24 marzo 2013
SCADUTE LE DEROGHE DAL 2014 I LAVORATORI POTRANNO ESPATRIARE
Cambia l’interlocutore, non la risposta. Se si chiedono lumi nei palazzi comunitari sui «pericolosissimi» idraulici romeni e bulgari che starebbero per riuscire nella missione in cui tutti hanno fallito dal 1066 - e cioè conquistare l’Inghilterra - si registra sempre e solo la convinzione che sia «una questione di politica interna». «Il governo britannico ci ha informato sei mesi fa di voler riaprire il dibattito sui flussi migratori intracomunitari - racconta un funzionario che ha seguito il dossier -. Poi più nulla. Non c’è prova che stia aumentando il movimento, Londra non ha mandato cifre. È pura demagogia».
È preoccupato, il commissario per il Lavoro László Andor. Sostiene che il compito dell’Ue è «assicurare che la libera circolazione dei cittadini continui, per cui dobbiamo opporci con forza a ogni pulsione xenofoba che tenda a minare questo diritto fondamentale». L’ungherese subodora populismo nel modo in cui la stampa britannica cavalca quello che il governo Cameron chiama «turismo del Welfare». L’idea è che dai Paesi poveri si corra verso i più ricchi per ottenere benefici sociali a spese dei contribuenti. Il Regno Unito - con Germania, Austria e Olanda invoca aiuto per evitare il temuto esodo epocale. «Nessuno ha sinora presentato alcuna prova del fenomeno - concede un portavoce della Commissione Ue -. Non scriveremo una proposta per un non-problema. È una percezione senza fondamento nella realtà».
La facoltà di trovare lavoro in ogni Stato è un pilastro chiave dell’integrazione europea. Il principio consente a qualunque cittadino comunitario titolare di diritti civili, dunque di documenti validi per l’espatrio, di cercare un impiego oltre i confini nazionali. Le regole danno tre mesi, alla scadenza si deve tornare a casa, a meno di non dimostrare autosufficienza finanziaria, cioè di non gravare sui conti dello stato ospite. Gli irregolari possono essere espulsi.
Al momento dell’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Ue era il 2007 - alcune capitali hanno chiesto e ottenuto una deroga temporanea alla circolazione senza limiti di braccia e cervelli. Lo ha fatto anche l’Italia che, a inizio 2012, ha però alzato le barriere. Il regime di eccezione sancisce che, prima di essere assunti per lavorare, è necessario un permesso di impiego. Dunque se un bulgaro va a Londra con una offerta già in tasca, può essere assunto solo previa formale autorizzazione.
La fase transitoria scade a gennaio per numerosi Paesi, fra cui Regno Unito e Germania. La polemica sul rischio-esodo nasce da qui. Questo non ha nulla a che vedere col trattato di Schengen e la libera circolazione dei cittadini senza controlli alle frontiere, il testo non si occupa di lavoratori. Oltretutto, Londra è fuori da Schengen; controlla in ogni caso chi entra e chi esce, e può buttare fuori chi non è in regola. Se non bastasse, Romania e Bulgaria hanno temporaneamente rinunciato ad aderire ai Patti di Schengen, pertanto i confini restano.
La Commissione Ue smonta coi numeri l’argomento britannico (e non solo) del turismo del welfare. Anzitutto dice che metà dei tre milioni di cittadini che migrano in Europa vengono da Paesi terzi. È vero che il Regno Unito è il porto più gettonato, ma anche che il flusso in uscita è considerevole. Detto questo, si nota che l’85% dei disoccupati ha perso il posto in patria e che nel Regno Unito ci sono 1,4 milioni di persone che percepiscono il sussidio, di cui solo 38 mila stranieri. Infine, si sottolinea che il saldo immigrati/ emigrati inglese è stato nel 2011 di 82 mila unità e solo il 29% proveniva dall’Ue. I nazionalisti britannici di Ukip vaticinano che dal 2014 oltre 350 mila romeni potrebbero solcare la Manica. La Bbc ha diffuso un rapporto riservato del governo in cui si parla di 8 mila unità annue. I conti non tornano neanche a loro.