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 2013  marzo 24 Domenica calendario

LA GRANDE INVASIONE DALL’EST ULTIMA PAURA DEGLI INGLESI

Arrivano, non arrivano, e se arrivano quanti saranno?», Didi e Gogo s’interrogano in «Aspettando Godot Reloaded» a Southampton, il più grande centro della costa meridionale della Gran Bretagna dopo Plymouth. Viene voglia di guardare verso il mare, da dove un tempo spuntavano le navi corsare dei Grimaldi, e cercare sull’orizzonte gli invasori dell’Est, quelli che nell’immaginario popolare suggestionato dalla spietata campagna dei tabloid britannici, sono i nuovi pirati: i lavoratori romeni e bulgari.

Per conformarsi alle direttive Ue sulla libera circolazione delle persone e delle merci, dal primo gennaio 2014 Londra dovrà lasciar cadere le attuali restrizioni nei confronti degli immigrati dell’Europa orientale. In un paese che cerca di dissimulare le ferite della crisi economica e della feroce austerity di Cameron, i nuovi arrivati rischiano di diventare il capro espiatorio perfetto anche se sarebbe sbagliato sottovalutare il loro impatto sulla classe lavoratrice inglese. Una guerra tra poveri su cui lucra il populista e anti-europeo partito indipendentista (Ukip).

Southampton è il laboratorio per capire che cosa accadrà: otto mesi fa sono arrivati circa 15 mila polacchi, testa di ponte della presunta invasione orientale. La Shirley Road, che scende di sghembo verso la Manica, è diventata all’altezza del quartiere di Freemantle una piccola Polonia. «Malinka Delikatesi Polskie», «Sklep Miesny», «Fryzjer Unisex» c’è scritto sulle insegne: gastronomia, macelleria, parrucchiere. I polacchi si son dimostrati grandi lavoratori ma prima del loro arrivo la diaria di un muratore era di 140 sterline, adesso si è dimezzata a 70.

«La politica nazionale tende a nascondere la testa nella sabbia ma il problema è urgente - dice John Denham, parlamentare laburista eletto a Southampton - negli ultimi 8 mesi circa il 20% della mano d’opera è diventata straniera. Il tessuto urbano si è alterato, molte case familiari sono ora abitate da gruppi d’immigrati. Southampton non è Londra, mai visti a scuola ragazzi che non parlano inglese. I servizi pubblici, specialmente quelli di emergenza, sono sotto pressione. Serve una risposta politica prima che la destra populista venda le sue soluzioni facili». Il leader dell’Ukip, Nigel Farage, non si fa invitare a cavallo della tigre: ieri ha detto ai suoi che non basta rubare voti ai conservatori, bisogna andarli a prendere anche tra gli operai che votano Labour.

Il consigliere comunale laburista Dave Shields, 55 anni, casa a Freemantle, ci accompagna lungo Shirley Road. Little Polonia apparentemente rimane un posto molto inglese . File di casette ordinate, il lindo centro civico del quartiere dove si tengono corsi d’inglese. Ma qualcosa non va. «Guardi lì - dice Shields indicando una casa bassa sul ciglio di una strada interna, ampie finestre coperte da tende - quello era il pub Duchess of Wellington. Chiuso, diventato un dormitorio per immigrati». Il gioco si ripete. Quella era l’officina di un meccanico, tutte colombaie... Lì ci stava una famiglia, ci abitano quindici stranieri...

Un giardino con delle giostrine per bambini è protetto da un grande cancello di ferro sprangato. «Abbiamo dovuto metterlo - quasi si giustifica - perché la gente si lamentava che i giovani polacchi ci andavano la notte coi motorini a bere birra e fare casino. Hanno trovato delle siringhe. Chissà poi se sono proprio polacchi». Il calderone degli stranieri va certo ben oltre Varsavia. Poco più in là, dalla parte opposta della chiesa cattolica, c’è la moschea con il minareto che spunta timidamente dal tetto. Shields racconta: «Che liti qui il venerdì. Arrivano intere macchinate e parcheggiano ovunque. Gli abitanti non ne possono più».

Shirley Road è una delle zone cittadine con il più alto tasso di criminalità. Sopra al caffè «Retro Diner» rosso fiammante, abitava Hagim Hoxha, spacciatore albanese trovato bruciato nell’auto. Il caso scatenò i giornali locali l’altr’anno. Proprietario del bar per «Nerds» appassionati di Vespe è un omone gentile arrabbiato coi giornalisti. Neil Walker, 40 anni, racconta: «È venuto uno del Guardian. Hanno messo la mia foto di fianco alle dichiarazioni di un tizio che odiava gli immigrati. Sembrava che fossi io a dirlo». Lui non teme gli stranieri invece, ha sposato una ragazza thai che lo aiuta al caffè.

Dall’altra parte della strada c’è un Delikatessen polacco. Sulla merce neanche una scritta inglese: kabonosy peperoni, polednica lososiona. Ewa Czak, 29 anni, bionda, occhi azzurri è al bancone. «Sono arrivata da 7 anni - dice - all’inizio è difficile ma quando trovi un lavoro le cose si sistemano. Ovvio che cerchi aiuto nella tua comunità».

Uno dei pochi inglesi che resiste a Shirley Road, nel negozio di robivecchi come un giapponese sulla sua isola, è James Morris, 74 anni. Completo grigio senza cravatta, capelli bianchi svolazzanti, dice: «Vedrà quanti ne arriveranno. Non hanno niente da perdere quelli. Andrà tutto in rovina, diventeremo come Italia e Spagna. Speriamo che l’Ukip riesca ancora a fare qualcosa».

Dave Shields ovviamente non la pensa così: «Sta accadendo tutto troppo in fretta, la gente fatica ad adattarsi, ha paura di perdere l’identità. Ma è sbagliato dare tutta la colpa agli immigrati, ci sono altri fattori che stanno distruggendo il senso di comunità: i pub che spariscono, la grande distribuzione, i negozi tradizionali rimpiazzati da strozzini, take away, saloni di bellezza. La vera minaccia alla classe lavoratrice bianca viene dai palazzinari senza scrupoli, dalle paghe al ribasso, dalle banche».

In questo clima l’Ukip si sfrega le mani e prevede una valanga di voti già alle prossime amministrative di maggio. Ray Finch, 40 anni, responsabile stampa degli indipendentisti per l’Inghilterra del Sud, da giovane era laburista. «Poi ho capito che mi ingannavano - dice - Non creda che ce l’abbiamo con gli immigrati, fanno quello che per loro è meglio. Ma pensi a mio figlio, ha 22 anni, non lavora da tre, vive a casa: non ha futuro, non può avere una casa perché anche i posti più di base come cameriere o commesso sono occupati da gente dall’Europa orientale con titoli di studio. Non possiamo ospitare altri immigrati, questo governo che cede la sovranità all’Europa lo capirà al prossimo voto».

Uno studio dell’Università dell’Essex gli dà ragione: gli indipendentisti stanno crescendo non solo sui temi dell’immigrazione ma anche su quelli economici. Destra e sinistra così chiaramente distinguibili dai quartieri alti, si confondono nelle sterminate periferie multietniche.