Jacopo Iacoboni, La Stampa 24/3/2013, 24 marzo 2013
NESSUNA FIDUCIA AL GOVERNO IN CAMBIO DELLO STOP ALL’OPERA"
«La Tav non sarà mai un oggetto di scambio col Pd, per noi». Il ragionamento del senatore del Movimento, sul pullman appena partito da Bussoleno, è una lama, come la strada che scende giù, aprendo la Valle.
È un’idea di fondo che, al cantiere nella gola di Chiomonte, confermano anche i giovani dello staff di Grillo. Scordatevi che questa battaglia diventi il cavallo di Troia per avvicinare Pd e M5s, magari attraverso Sel. «Tanto più dopo l’incarico a Bersani». Certo in Val di Susa è un giorno strano, si celebrano incroci che altrove parrebbero incredibili. Nella marcia vedi giovani rasta e camion sound system che mandano i 99 Posse, bandiere Arci e lo striscione di un «Movimento degli uomini casalinghi», banchi di panini vegani (hummus e zucchine, roba molto cinque stelle) e tantissime insegne rosse di Sel, o sindacati di base - una fetta cospicua di questa sinistra di fatto ora sta con Bersani, e non è che ami Grillo, anzi; eppure il grosso di chi sfila ha votato Grillo (a Susa il 42%!). La vecchia sinistra radical fa la scena, Beppe si prende i voti. Come sempre, il Movimento non ha bandiere, al massimo adesivi; e dire che senza questa novità, qui saremmo nel trionfo dello sconfittismo.
Non è il solo paradosso, ora che i contestatori accedono al cantiere dove ancora otto mesi fa beccavano i lacrimogeni. Poliziotti cortesi, severi nei controlli ma molto inclini a risolvere i problemi. Giulia Sarti, deputata emiliana, lo mostra, il sentimento di riscossa, «io agli scontri di luglio c’ero, ci investirono di lacrimogeni, eccoli, vedi?, ce ne sono ancora in giro. Ci trattarono come criminali e adesso devono farci entrare dalla porta. E ti assicuro: noi non siamo cambiati».
Quando, proprio davanti al Buco - l’odiatissimo tunnel Tav - lungo ancora 40, forse 50 metri, un piccolo popolo di contestatori rimasti fuori grida slogan, gli eletti del M5s vanno lì sotto e li applaudono un po’ come i campioni della squadra vanno sotto la curva a fine partita, e in effetti in questa squadra è previsto che giocatori e tifosi siano lo stesso. Il che presenterà aspri inconvenienti, ma ora fa «comunità», fa anti-sistema.
A Bussoleno, la mattina, scene identiche a quando venivano da gente normale. Una mamma valsusina dava tè caldo e certe girelle caserecce al cioccolato. Vito Crimi, trascinando un trolley azzurro stile Porta Portese, spiegava «visita, ispezione, non importa, fa lo stesso. Noi siamo orgogliosi se la politica sta un po’ cambiando, non dobbiamo aver paura di prenderci questo merito». L’opera? «Inutile» - dopo averla vista dirà: «Una devastazione». La prima cosa che faranno? «Lunedì chiederemo una commissione d’inchiesta». Poi, santa ingenuità, si apre con Sortino.
Fico arriva con una mora sveglia, ha scarpe Cap Toe, non adatte alla fanghiglia che troveremo sotto la pioggia dietro le transenne. Marco Scibona organizza i due pullman - per logo un orsacchiotto - e diverse macchine da Bussoleno. Salvo Mandarà, il folletto che ha ripreso tutto lo Tsunami tour, neanche è sulla lista e a momenti resta fuori. In pullman Alberto Airola, senatore, dà questa lettura, «noi siamo qui contro la Tav, ma non contro i poliziotti, siamo qui anche per loro». Enrico Cappelletti, imprenditore, veneto, neosenatore, osserva che «la Tav è anche un simbolo dell’inciucio Pd-Pdl». Massimo Artini, deputato, fiorentino, che era nella stessa scuola di Matteo Renzi (non pare amarlo molto, però), sostiene che «in Toscana se il Pd non voterà assieme a noi su un’eventuale richiesta di arresto di Berlusconi, la prossima volta non lo vota più nessuno». Eppure il momento è ora. In tanti, in valle, oggi hanno votato M5s, domani chissà. Il proprietario del bar Zizi di Susa: «Avevo la tessera radicale, votai il primo Berlusconi, provai Prodi... Ora tento Grillo. Ma vorrei che non fosse solo protesta».
Al cantiere Giorgio Airaudo si divincola da Perino e osserva «sarebbe un errore, per il M5s, non cogliere che la sinistra si sta muovendo, anche il Pd». Vero. Ma tra i 77 parlamentari entrati qui il mood non è questo. Una decina di assistenti resta fuori ma ce la fa Lele Rizzo di Askatasuna, che vede Esposito del Pd e sospira «evito di fargli una scenata, va’». La cosa viene apprezzata. Per i neoeletti, ma soprattutto per Grillo e Casaleggio, il gruppettismo non è il mal minore.