Armando Torno, Corriere della Sera 25/03/2013, 25 marzo 2013
«CUORE SENZA ETA’». I PONTEFICI OTTANTENNI CHE FECERO LA STORIA
Nell’omelia della messa per la Domenica della Palme, papa Francesco ha forse voluto rispondere a coloro che prima o dopo il Conclave auspicavano un’età di pensionamento del pontefice: «Dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, anche a 70 e 80 anni. Con Cristo il cuore non invecchia mai». Del resto, eminenti figure della Chiesa e protagonisti del dibattito teologico contemporaneo si sono ultimamente pronunciati — ci limitiamo a ricordare tra i molti Timothy Dolan, arcivescovo di New York, e Hans Küng — sulla possibilità di introdurre nell’ordinamento ecclesiastico un papato a termine (regola che vale per i vescovi e i cardinali elettori); comunque, si è detto e ripetuto plaudendo il gesto di Benedetto XVI, che un successore di Pietro non dovrebbe più mantenere la sua carica sino a un’età molto avanzata.
Che dire in proposito? In un tempo nel quale la vecchiaia si sta trasformando in problema — le età pensionabili si posticipano con disinvoltura e l’esperienza non è più gradita ai mercati — anche il mandato del Papa rischia di essere vincolato a questa o quella ragione temporale. Ma un pontefice come Francesco offre la variante del cuore che «non invecchia con Cristo». Del resto, da oltre mezzo millennio Fernando de Rojas ne La celestina ripete una locuzione magistrale da tenere presente: «Nessuno è così vecchio che non possa vivere un altro anno, né così giovane che non possa morire oggi». Certo, l’opera era oscena e scabrosa, ma l’autore conosceva meglio di altri gli scherzi della sorte e le ironie del destino.
D’altra parte, proprio le vicende del papato insegnano che l’età conta poco o nulla per dirigere uno dei più grandi poteri religiosi della storia. Vi sono stati numerosi pontefici giovani e altrettanti anziani: l’operato che ne ha cadenzato i giorni non fu positivo o negativo a seconda degli anni ma, direbbe papa Francesco, dipendeva dal loro cuore. Si prenda per esempio Bonifacio VI, Papa per una quindicina di giorni nell’896. Salì sul trono di Pietro — secondo alcune fonti — in tarda età, pare addirittura dopo aver compiuto i novanta. La sua elezione, ricorda l’Oxford Dictionary of Popes, «fu imposta dalla plebe in tumulto». La condotta poco esemplare gli causò ben due degradazioni da parte di Giovanni VIII: una prima volta dal suddiaconato e, dopo la riabilitazione, dal sacerdozio. E anche la fine è alquanto misteriosa: taluni parlano di gotta, altri suppongono che sia stato messo a morte da papa Stefano VII, suo successore. Di contro, ecco un pontefice come Leone XIII, eletto nel 1878 a 68 anni con una salute particolarmente cagionevole, che riuscì a governare la Chiesa per altri 25; anzi, le cose migliori le fece dopo gli 80, come la Rerum novarum (1891) e la censura all’«americanismo» (1899). E quest’ultima, sia concesso aggiungere, non ha perso nulla della sua attualità.
L’età, in altre parole, non fa un Papa. Il pontefice più malato dell’epoca moderna fu quasi sicuramente Innocenzo XIII, eletto nel 1721 a 66 anni. Non ancora vegliardo, era afflitto da calcolosi cronica, che gli causava dolori fortissimi. Una testimonianza del portoghese De Novaes (ripreso da Ludwig von Pastor nella sua monumentale Storia dei Papi) ne ricorda le catastrofiche condizioni di salute: «Essendo il suo corpo estremamente grasso e non volendosi egli confidare, dopo la morte di un suo cameriere, a un altro, per aiutarlo a raccogliere le viscere, che spesso gli cadevano da una rottura, che egli procurò sempre di occultare, la grassezza gli causò un’idropsia, e la rottura un’infiammazione interna, per cui gli venne un’ardente febbre...». E che dire di Innocenzo X? Sarebbe passato alla storia soltanto per il magistrale ritratto che gli dedicò il sommo Velázquez, ma questo pontefice eletto nel 1644 a 70 anni, regnante fino a 81, diede il meglio di sé prima di morire intervenendo e condannando il giansenismo. Al di là della posizione presa, non va dimenticato che la sfida lo impegnò contro una dottrina difesa da filosofi quali Antoine Arnauld o Blaise Pascal. Ma lui, come si disse, aveva i gesuiti. Che in quel tempo erano al loro apogeo.
Infine, è il caso di aggiungere che tra i giovanissimi vi sono Papi che è meglio dimenticare. Due esempi. Il primo è Giovanni XII, salito al trono nel 955 non ancora ventenne, «nato intorno al 937» riporta l’Oxford Dictionary of Popes. Si ricorda per una «condotta scandalosa» — un sinodo del 962 lo ammonì, invitandolo a migliorare lo stile di vita — e perché venne deposto nel 963, dopo essere fuggito a Tivoli portando con sé i tesori della Chiesa. Si elesse Leone VIII che, per alcuni mesi, subì la guerra del precedessore; anzi questi lo depose nel febbraio del 964 e lui dovette fuggire. La morte colse Giovanni XII nel maggio di quel 964, sembra per un attacco di apoplessia, causato da un’avventura licenziosa: Leone ritornerà Papa sino al 965. C’è poi Benedetto IX, del quale Voltaire nel Dizionario filosofico scrive che «comprò e rivendette il pontificato». Eletto per la prima volta nel 1032 — sarà, poi, per altri due periodi successore di Pietro — si avvicinava forse ai trent’anni, ma è passato alla storia come «il Papa fanciullo». Ricordato dalle cronache medievali con qualche esagerazione, è certo che condusse vita dissoluta. Meno comunque di quella di Alessandro VI, papa Borgia, pontefice a 61 anni.
Armando Torno