Maria Serena Natale, Corriere della Sera 25/03/2013, 25 marzo 2013
IL CASO DI PIETRO VENEZIA E IL «NO» ALL’ESTRADIZIONE
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone come Pietro Venezia, il cittadino italiano al centro di una battaglia giurisdizionale con gli Stati Uniti che fece scuola? Il «caso Venezia» può essere citato tra i precedenti che rendono superflue, dal punto di vista del diritto internazionale, le garanzie offerte da New Delhi sulla non applicabilità della pena di morte nella vicenda dei due fucilieri di Marina accusati di aver ucciso nel febbraio 2012 i pescatori indiani Ajesh Binki e Valentine Jalestine.
Vigilia di Natale del 1993. Pietro Venezia, 40 anni, proprietario di un noto ristorante italiano di Miami, spara cinque colpi di pistola contro l’agente del Fisco dello Stato della Florida Donald Bonham, 61 anni. Accusato di omicidio di primo grado, Venezia rischia la pena capitale e si dà alla fuga. Il 30 dicembre viene spiccato il mandato di cattura e scatta la caccia all’uomo internazionale che si conclude con l’arresto, nel 1994 a Laterza in provincia di Taranto. Comincia il braccio di ferro sull’estradizione.
Dall’America arriva la garanzia che all’italiano non sarà inflitta la pena capitale, «non ammessa» dall’Italia come stabilisce l’articolo 27 della nostra Costituzione. Il caso diventa oggetto di dibattito giuridico e parlamentare. Secondo la Convenzione europea di estradizione del 1957 «se il reato per il quale è richiesta l’estradizione è punibile con la pena di morte secondo le leggi del Paese richiedente (...) l’estradizione potrà essere rifiutata a meno che la parte richiedente non dia assicurazioni, ritenute sufficienti dalla parte richiesta, che la pena di morte non verrà eseguita». In particolare, l’«assicurazione sufficiente» è prevista anche dal Codice penale italiano, articolo 698 su reati politici e tutela dei diritti fondamentali della persona. Alla fine del 1995 il ritorno in Florida pare inevitabile. Nel giugno ’96, la svolta. Con una sentenza destinata a fare giurisprudenza, la Consulta dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 698 negando definitivamente l’estradizione: Pietro Venezia resta in carcere in Italia. La Corte Costituzionale decide in sostanza che nessuna garanzia può essere la base giuridica dell’estradizione di un cittadino italiano verso uno Stato che applichi la pena capitale. Un principio, entrato nella prassi istituzionale e ben presente ai militari impegnati in missioni internazionali, contro il quale s’infrangono anche le garanzie fornite dal governo indiano e che poteva valere come scudo nel caso dei due marò.
Maria Serena Natale