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 2013  marzo 24 Domenica calendario

NON E’ PIU’ IL TEMPO DELLA FAME IN INDIA

Molti politici italiani devono essere rimasti impressionati, da bambini, quando la mamma diceva «Mangia tutto quel che hai nel piatto, ché gli indiani muoiono di fame». Non è più così. L’India resta povera e piena di ingiustizie ma la fame è debellata dagli Anni Settanta e oggi il Paese è proiettato verso un futuro che potrebbe essere straordinario. La vicenda dei due marò italiani, fatti viaggiare come pacchetti postali tra Roma e Delhi, testimonia che però pochi politici in Italia se ne sono accorti. E dunque il governo ha ritenuto di potere maltrattare il secondo Paese più popoloso al mondo e disprezzare quella che è forse la sua istituzione più rispettata, la Corte Suprema. Errore grave.
Tra il 2011 e il 2020, l’India aggiungerà alla sua economia un Prodotto interno lordo (Pil) pari quasi a quello dell’Italia: più di duemila miliardi di dollari (secondo calcoli della banca Goldman Sachs). In media, crescerà ogni anno del 7,5%, più o meno quanto la Cina (anche se parte da un Pil molto più modesto). Su tempi un po’ più lunghi, l’Ocse prevede che nel 2030 l’economia indiana arrivi a pesare per circa l’11% del Pil mondiale, quasi quanto l’intera area euro, e nel 2060 arrivi al 19%, da confrontare con il 18% degli Stati Uniti e il 10% dell’eurozona. Questo non per dire che Roma deve porsi in stato di inferiorità rispetto a un Paese emergente: per dire che non è una buona idea disprezzare uno dei Paesi protagonisti della crescita economica del futuro, senza il vento dei quali l’Italia non uscirà mai dalla stagnazione economica e culturale nella quale è finita. Invece, da domani, a Durban, dove si riuniscono i cinque Brics — Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica —, il primo ministro indiano Manmohan Singh potrà ahinoi dettagliare ai colleghi la performance diplomatica italiana.
L’India ha potenzialità di crescita straordinarie. La sua curva demografica è considerata tra le più «sexy» del mondo: nel 2020, l’età media del Paese sarà di 29 anni, contro i 37 della Cina e degli Stati Uniti, i 45 medi dell’Europa, i 48 del Giappone. Il 47,5% degli indiani (cioè quasi 600 milioni di persone) non supera i 24 anni: significa che una enorme massa di giovani sta per entrare nel mercato del lavoro. La povertà, il basso livello di educazione, la troppa burocrazia, la corruzione e le pessime infrastrutture sono limiti che, se non affrontati, possono rallentare la crescita. Ma già oggi c’è una classe media che molti calcolano pari a 300 milioni di persone. Il 70% degli indiani vive ancora in campagna, quindi di agricoltura: ma la migrazione verso le città continuerà e l’industria e soprattutto i servizi (hi-tech) daranno un impulso ulteriore all’economia (l’agricoltura è già scesa dal 25,7 al 17% del Pil tra il 1998 e il 2009). L’India resta diversa, per cultura, costumi e religione. Ma è soprattutto una grande speranza per il pianeta, in fatto di democrazia e di creazione di ricchezza. Anche per l’Italia dei marò.
Danilo Taino