Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 24 Domenica calendario

MACCHIE SUI MURI E STERPAGLIE. RIAPRE LA VILLETTA DI COGNE —

Abbandonata e decadente, la villetta di Cogne sembra essere rimasta ferma a quel 30 gennaio del 2002, quando i carabinieri del Ris congelarono la scena del crimine perché lì, quella mattina, era stato ucciso un bambino: Samuele, tre anni non ancora compiuti, figlio di due giovani emiliani con la passione della montagna.
Ieri i carabinieri hanno tolto i sigilli e riconsegnato le chiavi di casa a papà Stefano Lorenzi, che ha dunque potuto riaprire la porta a distanza di quasi 9 anni dall’ultimo sequestro. Oggi fuori è tutto fango, neve e sterpaglie. La porta del garage arrugginita, la scala in legno cigolante e instabile. Dentro, fra polvere e ragnatele, si notano i segni ingialliti dei mille sopralluoghi fatti dagli investigatori nella stanze dell’orrore, quasi un luogo simbolo della cronaca nera italiana. «Almeno ora potrò sistemarla», ha sospirato Lorenzi che vive in Emilia con gli altri due figli e che vorrebbe scomparire quando si parla di Cogne e di quelle mura, dove di certo non tornerà più ad abitare. Da una finestra dove c’è ancora il nastro isolante si intravede il divano verde di casa con un lenzuolo bianco sopra, una decina di vecchie cassette Vhs, qualche libro, il battipanni, due seghe da falegname appese alla parete e la scala che scende alle camere da letto. È lì, sul lettone dei genitori, che il piccolo Samuele fu massacrato, delitto per il quale è stata giudicata colpevole la madre, Annamaria Franzoni, condannata nel maggio del 2008 in via definitiva alla pena di 16 anni. «È in carcere da allora, fra un po’ avrà scontato un terzo della pena e potremmo chiedere i permessi premio», ha preannunciato il suo avvocato, Paola Savio. Contro di lei, che continua a protestarsi innocente, la pesante sentenza per l’omicidio del figlio e quella a un anno e 4 mesi (in primo grado) per calunnia dovuta al tentativo di scaricare la responsabilità del delitto su altri, i vicini di casa. Una vicenda che ha segnato molto la gente di Cogne, come ricorda il sindaco, Franco Allera: «Ci ha toccato tutti e molto profondamente. Lei ha provato a tirare in ballo alcuni miei compaesani innocenti e non ha lasciato un buon ricordo. I Lorenzi non li vedo dal 2002, non so nemmeno se la Franzoni è ancora in carcere. Quanto alla casa, che mi risulti, è sempre rimasta chiusa. Avranno fatto degli accessi periodici per verificare gli impianti di acqua e riscaldamento. Ora immagino che dovranno rimetterla a posto». C’è qualcuno che potrebbe essere interessato all’acquisto? «Certo non è una casa che evoca ricordi piacevoli ma, comunque, l’abitazione non c’entra nulla con quel che è successo. Qualcuno si troverà».
Prima del sequestro del 2004, avvenuto nell’ambito del procedimento per calunnia, eravamo entrati nelle villetta dell’orrore. Ad accompagnarci era stato il padre di Stefano, Mario, che oggi non c’è più. Era rimasto solo lui, il nonno di Samuele, a fare la guardia alla casa cercando di tenerla viva. «Questo era il giaciglio di Samuele — diceva — il mio grande nipotino, sempre sorridente e sempre a chiedermi se ero arrabbiato quando mi vedeva in silenzio. E io a rispondergli: no, Sammy, sto solo pensando». Nella camera da letto di mamma e papà era tutto scuro e freddo. C’era uno sciame di macchie sul soffitto. Ce n’erano anche dietro il letto, sulla testiera, sulle pareti, sulla porta, sul comò. Era il sangue del piccolo. Diciotto bigliettini appesi dagli inquirenti con diciotto numeri. Quel che rimaneva della tragedia del piccolo Sammy.
Andrea Pasqualetto