L. Off., Corriere della Sera 24/03/2013, 24 marzo 2013
I TIMORI DI FUGA DI CAPITALI E I 40 MILA RUSSI SULL’ISOLA —
All’inizio di tutto, dal 2010 in poi, ci fu la Grecia. Cioè il deragliamento delle banche greche che dovevano a quelle cipriote una montagna di soldi. Fallito o quasi il debitore, il creditore non seppe più a chi chiedere: e così, cominciò la disgrazia della piccola isola. Ma non soltanto così. Non solo Nicosia, ha peccato: questa tragicommedia ha avuto molti personaggi, molte trame, e molti fattori concomitanti.
La Grecia. È stata la gemella, lo specchio di Cipro. Al principio degli anni Duemila, l’euforia finanziaria di Atene alimenta raffiche di investimenti immobiliari a Nicosia: li attira un fisco di «ricotta», per esempio l’imposta sui redditi d’impresa al 10%. Le banche cipriote sono generose, i mutui sono sempre a disposizione, e così pure i fondi di investimento, magari ancorati al pianeta magico dei titoli derivati. Come garanzia collaterale dei finanziamenti, Atene offre suoi titoli: e Nicosia li prende per buoni. Dal 2010, la crisi esplode apertamente. In quel momento l’esposizione complessiva degli istituti ciprioti verso l’estero vale oltre 25 miliardi di euro, Atene ha sempre la fetta maggiore della torta. E qui, parte un’altra valanga: triplicano i greci in fuga dal disastro, che trovano ancora a Cipro rifugio e prestiti da favola. Ma l’Unione Europea impone l’«haircut», il «taglio di capelli», la ristrutturazione del debito ellenico che costerà ai creditori privati di Atene fino al 60% del loro investimento. Per Cipro, è un colpo devastante: quel credito che alla fine dovrà essere dimezzato sfiora il totale del suo Prodotto interno lordo, 17,4 miliardi di euro.
La Russia. Circa 40 mila suoi cittadini vivono a Cipro. E hanno depositato 26 miliardi nelle banche cipriote: ancora una volta, più del Pil nazionale. Ad attirarli, è stato il paradiso fiscale. Il russo è la seconda lingua dell’isola, vi sono scuole e giornali russi, l’altro giorno il patriarca Kiril è arrivato da Mosca per inaugurare la prima chiesa ortodossa russa. Insomma, una presenza importante, che però ha suscitato qualche timore: sull’origine di quei capitali, e sul ruolo strategico del Cremlino in questa parte del Mediterraneo.
La Germania. «Qui nell’eurozona abbiamo regole comuni — ha ammonito Angela Merkel — e non possono essercene di speciali per Cipro». Tutti d’accordo con la cancelliera tedesca. Però le stesse «regole comuni» valevano anche quando le banche tedesche investivano in Grecia, o prestavano alle banche e cittadini greci, 5,8 miliardi di euro. Con discreto profitto, si pensa. Berlino ha ora recuperato buon parte di quel credito. Ma a Bruxelles, l’altra sera, più d’uno ha avuto un dubbio. Perché la Ue ha chiesto alle banche cipriote di frugare nei depositi dei propri correntisti e di prelevare da loro una certa cifra, in cambio dell’aiuto europeo. E a quanto ammonta quella cifra? Proprio a 5,8 miliardi.
L’Unione Europea. Meno di un anno fa e al colmo della sua crisi, il primo luglio 2012, Cipro assumeva la presidenza di turno dell’Ue, per 6 mesi di fila. In quei 6 mesi, secondo stime ufficiose, ha speso circa 60 milioni di euro tra funzioni di rappresentanza e impegni vari connessi all’incarico: 10 milioni al mese. Mentre decine di persone sarebbero state assunte per gli uffici di Bruxelles. Tutto questo è successo quando il salvataggio da miliardi era già stato chiesto alla Ue. La presidenza di turno è una tradizione, una fonte di prestigio per tutti i governi: comprensibilmente lo era anche per la piccola Cipro. Ma adesso che tutto sembra crollare, stupisce che dai vertici Ue, proprio alla piccola Cipro, nessuno abbia ricordato che anche un poco di austerità può dare prestigio.
L. Off.