Arianna Finos, la Repubblica 23/3/2013, 23 marzo 2013
RAOUL BOVA "IL MESTIERE DI PADRE? L´HO IMPARATO DAI MIEI FIGLI"
Sono cresciuto in una famiglia che ha avuto tutto quel che serviva grazie ai sacrifici di mio padre. Il minimo indispensabile e non di più. Mia madre era casalinga, mio padre ha iniziato scaricando valige, poi ha fatto carriera. Era un calabrese autoritario, duro e severo. C´erano regole precise da seguire in casa, se sgarravi s´arrabbiava molto». Qualche schiaffo? «Pochi, ma quei pochi mi sono serviti. Era una figura forte, incombente, un omone. Ma anche pieno di valori e passione. Mi accompagnava a scuola, mi portava a tutti gli allenamenti, si alzava anche alle cinque».
Bova è stato un campione di nuoto riluttante. «All´inizio mi divertivo e avevo ottimi risultati. Poi ho iniziato a farmi domande: sono un campione e mi vogliono bene, la domenica le paste per festeggiare le vittorie. Ma se non dovessi vincere? I dolcetti, l´attenzione, ci sarebbero? Ho iniziato a perdere le gare in modo rovinoso, ero pieno di ansia. Non si trattava solo di mio padre, in gioco c´era l´essere riconosciuti all´interno del gruppo sociale, le aspettative degli amici, dell´allenatore. Pesante». E così «ho iniziato a perdere. Gli amici si sono dileguati, l´allenatore è passato ad altri. Mio padre mi è rimasto vicino». I fallimenti cementano l´amore, quando c´è. «È stata una bellissima sorpresa. Ho capito che erano le mie ansie a parlare, non le sue aspettative. "Qualunque cosa tu faccia anche la più umile mettici passione", mi ha detto».
Ha appena interpretato un genitore per caso nella commedia Buongiorno papà (in sala). Un quarantenne che si ritrova padre di una sedicenne e pensa di non essere in grado: «Ma non si è mai davvero in grado». Spiega Bova: «Da figlio vuoi essere perfetto e anche da genitore. Senti la responsabilità. Non puoi sbagliare le cose importanti, scuola, sport, educazione, medicine, crescita. Ti ritrovi in un ruolo che ti fa dimenticare di te stesso e perdere quell´ironia e spensieratezza di cui i figli hanno bisogno. Non dobbiamo privarli di questo: saremo più veri ai loro occhi. Spesso i genitori si impossessano delle vite dei figli. Ho fatto fare nuoto ai miei, ma hanno preferito altri sport. Ho rispettato la loro autonomia. Bisogna metterli nella condizione di scegliere e restare un passo indietro».
Il parto è stato il momento più felice della vita di Raoul. «Quando Chiara è rimasta incinta ho smesso di lavorare per passare tutta la gravidanza con lei. Ho letto tutti i libri possibili, comprato l´ultima ninna nanna giapponese. Il parto che noi abbiamo fatto....», s´interrompe, «.... parlo al plurale perché mi sono sentito partecipe. Lo abbiamo fatto in casa nella vasca da bagno. Ho preparato l´atmosfera, la musica, le candele. Eravamo io e lei. L´ho fatta partorire io. Ho tagliato il cordone ombelicale. C´era il ginecologo a controllare e quando ha visto che non c´erano problemi ci ha lasciato fare».
I primi anni sono perfetti, poi le cose si complicano. «Ho fatto tutti gli sbagli possibili. Avevo paura che la mia figura fosse ingombrante e ho cercato di distruggerla, amplificando fin troppo le mie debolezze». Pesava l´impossibilità di garantire la quotidianità: «Se fai l´attore, stai a casa per tre mesi e ci sei troppo, poi manchi per quattro. Non sai come rapportarti nel nucleo familiare». Il dialogo è la strada: «Ora sto iniziando ad avere più confidenza con i miei figli. Ci siamo trovati da soli, io e Alessandro, e per la prima volta abbiamo parlato veramente. Lui mi guardava negli occhi e mi raccontava delle volte in cui gli ero mancato, in cui aveva sofferto. "Ma ora capisco e sono tranquillo, mi manchi ma non soffro", mi ha detto». La gestione dei compiti a scuola è stato un altro capitolo complesso. «Sono negato. Ma penso anche che i ragazzi devono imparare a gestire i compiti da soli». La sorpresa più bella fu «quando per il mio compleanno i ragazzi mi organizzarono una notte di campeggio in un isolotto in mezzo al lago». Quella fatta a loro è stata «affittare una limousine, il sogno di Francesco, e portare i ragazzi a vedere i Los Angeles Lakers allo stadio, in mano un hot dog gigantesco». Padri si nasce? «Secondo me sì. Quando siamo noi, tre uomini di casa è fichissimo. Ci confidiamo le nostre storie, giuriamo di non dirlo a nessuno, nemmeno alla mamma. Abbiamo i nostri segreti».