Vincenzo Nigro, la Repubblica 23/3/2013, 23 marzo 2013
COLPI DI MANO, BUGIE E RIVALITÀ" COSÌ TERZI HA ACCELERATO LA CRISI
ROMA - Venerdì 15 marzo alle 15 Giorgio Napolitano convoca al Quirinale i tre "ministri del colpo di mano" (Esteri, Difesa, Giustizia). I tecnici che hanno deciso di sfidare l´India facendo saltare l´accordo per il rientro dei marò. Mai c´era stata una riunione col capo dello Stato prima dell´annuncio fatto da Terzi (l´11 marzo con un tweet) sul mancato rientro dei fucilieri. Napolitano, che non ha poteri di governo ma ha allargato la sua capacità di influenza sui ministri già negli ultimi mesi del gabinetto Berlusconi, nel pieno della impasse politica nata dai risultati elettorali era stato informato dai suoi consiglieri di un confuso programma per alzare la temperatura con l´India. «Ma i parametri, le indicazioni che ci avevano dato sulla situazione indiana erano differenti da quella che si è rivelata la realtà», dicevano già il 15 marzo a Repubblica fonti vicine al Quirinale. Al termine di quella riunione Terzi provò addirittura a rassicurare Napolitano: «Presidente, ne usciremo alla grande!». Si è visto.
Ieri da Dublino il ministro degli Esteri che ha guidato la Farnesina in questa Caporetto della diplomazia italiana non ha fatto che occuparsi di India. Per provare a limitare i danni, soprattutto a rintuzzare le richieste di dimissioni che gli sono arrivate dal centrodestra e da metà della stampa italiana. «Ma il ministro degli Esteri continua a comportarsi in maniera scorretta, a dire bugie belle e buone, disegnando una realtà che é soltanto sua», dice amareggiato un ministro che nelle ultime settimane non ha saltato una riunione del Consiglio dei Ministri. Terzi ancora ieri, per allargare le responsabilità della retromarcia sull´India agli altri colleghi, ha detto che «le decisioni sul caso India sono state sempre collegiali». «Non è vero», dice il ministro che abbiamo sentito, «da sempre di India si è parlato in riunioni in formato ristretto, e soprattutto nell´ultima fase Terzi aveva escluso da ogni comunicazione non solo il sottosegretario con la delega per le organizzazioni multilaterali (Onu, Ue) Marta Dassù, ma lo stesso Staffan De Mistura, delegato all´Asia e in particolare proprio del negoziato con l´India». «Terzi voleva fare della questione dei marò la sua medaglia per entrare in politica, arrivando a chiedere di cancellare qualsiasi presenza mediatica per i due sottosegretari», dice un diplomatico che lavora alla Farnesina. Un esempio: a una radio nazionale ha fatto chiedere di non invitare più Dassù e De Mistura in trasmissione, altrimenti lui non avrebbe garantito più interviste. Ma il vero problema è che negli ultimi mesi sull´India De Mistura era stato estromesso da ogni decisione, perché visto come un rivale pericoloso dal punta di vista mediatico e anche politico.
Il messaggio sulla "collegialità" è quindi il tentativo di Terzi di trovare dei corresponsabili nella decisione di bloccare e poi di rimandare i marò in India. Un tentativo mal tollerato a Palazzo Chigi: la presidenza del Consiglio nel primo pomeriggio fa girare un comunicato in cui sostiene che «nella seduta del Comitato interministeriale per la sicurezza non ci sono stati nessuna accusa e nessun «processo» al ministro degli Esteri». E infatti l´irritazione del premier Mario Monti è stata tutta bilaterale: nel Comitato si è solo cancellata la decisione di bloccare il ritorno dei marò in India, dando mandato al sottosegretario De Mistura di trattare con l´India una resa onorevole, che prevedesse una dichiarazione sulla pena di morte e sugli arresti "domiciliari" in ambasciata, cosa di cui i marò già godevano. Una resa che di fatto ha messo da parte argomenti centrali, che gli esperti del Ministero di Grazia e Giustizia avevano segnalato da settimane nelle riunioni di coordinamento: i marò subiranno un processo in un Tribunale speciale costituito ad hoc, cosa contraria alla legge italiana e internazionale. E tra l´altro - si chiede un altro diplomatico - «abbiamo venduto il successo di aver evitato la pena di morte: ma se li condannano all´ergastolo? Oppure a 30 anni? Siamo pronti ad accettarlo?» Terzi ieri mattina ribadiva ai suoi collaboratori quel che aveva dichiarato in un´intervista a Repubblica: «Non servono le mie dimissioni, siamo un governo dimissionario». E su questo forse non ha tutti i torti. Il problema è quanto tempo ci vorrà ad avere nuovi ministri degli Esteri e della Difesa, e in quanto tempo si impadroniranno del "dossier India" per capire cosa fare con l´affare dei marò della Enrica Lexie.